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I fantastici quattro cuochi del rock

Cracco, Berton, Knam, Oldani: Giovanni Gastel ha scattato i quattro chef, insieme per un’iniziativa benefica promossa da Mastercard per il World Food Programme.

Com’è trovarci tutti e quattro insieme? Dopo 30 anni siamo ancora qua!». «Certo, sarebbe meglio ritrovarsi con qualcun altro, magari del sesso opposto, ma ci accontentiamo». È sabato mattina e Carlo Cracco e Davide Oldani scherzano tra loro, come vecchi amici. «La più grande qualità di Andrea Berton?», dice ridendo Ernst Knam: «È sicuramente il più alto di tutti!».
Le loro strade si sono incrociate per la prima volta verso la fine degli anni Ottanta nel ristorante di Gualtiero Marchesi in via Bonvesin De La Riva a Milano, e da allora – tutti allievi dello stesso Maestro – sono diventati vere e proprie star: della cucina italiana, e non solo.

«Io non mi vedo come una star, se lo fossi farei i film a Hollywood!», risponde Knam: «Sono un pasticcere che ha avuto la fortuna o la sfortuna di andare in tv. E ho resistito 11 mesi prima di accettare. Mi hanno detto: “La tua vita cambierà!”. Ma siete scemi? Non cambierà nulla!».

«Non è cambiato niente», conferma Cracco: «Non siamo lontani dalla realtà: tutti i giorni siamo in contatto con il pubblico che viene a mangiare nei nostri ristoranti». Eppure, è costretto ad ammettere che la domanda più frequente che gli rivolgono per strada è: «Facciamo un selfie?».
Ora Berton, Oldani, Knam e Cracco posano insieme, come una all-star band. Quattro fuoriclasse, quattro amici che uniscono le loro forze per un’iniziativa di beneficenza: una cena charity stellata promossa da Mastercard in favore del World Food Programme, ossia il Programma Alimentare Mondiale dell’Onu. E l’obiettivo dell’evento, in programma il 12 giugno a Milano, con la regia di Martino Crespi, è sostenere la lotta contro la povertà e la fame nel mondo.

«Dobbiamo pensare a chi non può mangiare e, se nel nostro piccolo possiamo aiutare chi ha bisogno di cibo, dobbiamo farlo. L’etica del nostro lavoro ci impone di non sprecare». E in queste parole di Andrea Berton si ritrovano tutti e quattro, a dimostrazione di un’appartenenza alla stessa vecchia scuola. «Cerco di fare la mia parte tutti i giorni insegnando il rispetto per la materia prima, per gli ingredienti, per tutto quello che rappresenta il nostro lavoro», dice Cracco: «Non sprecare, non buttare». «In laboratorio guardo nel bidone dei rifiuti e mi incazzo», racconta Knam: «Dall’altra parte del mondo non hanno da mangiare e tu butti via la roba? Non esiste».

Una forte, profonda etica del lavoro. Parlando delle loro rispettive carriere, emergono due parole: impegno e serietà. «Knam, Andrea, Carlo…» ricorda Oldani: «Non è un caso che quando lavoravamo insieme eravamo tutti concentrati sull’imparare il mestiere, applicarci, avere obiettivi, rispettare i rapporti. E non è un caso se dopo 30 anni siamo qui a divertirci e lavorare insieme per una buona causa». E non è davvero un caso che il Maestro sia stato lo stesso per tutti, Marchesi: «È stato come un secondo padre», dice Oldani: «Lui, Ducasse, Pierre Hermé… Hanno costruito le loro vite su una passione. Ed è così che arrivi al top, con serietà e costanza».

Andrea Berton, Davide Oldani, Carlo Cracco, Ernst Knam, Davide Oldani
– Foto di Giovanni Gastel, style Francesca Piovano

Sliding doors. «Facevo il calciatore», racconta sempre Oldani: «A 16 anni ero in C2: un brutto incidente e cadi, vai giù, non ti puoi rialzare. E allora passi al secondo sogno nel cassetto, quello di scorta. Nella mia professione di cuoco ci metto la stessa passione di quando giocavo a pallone: ora ho in mano la mia vita, e ho quella libertà che puoi conquistarti solo seminando e raccogliendo piano piano».

E lo sport ha tanto da insegnare in cucina. «Ero uno sciatore», ricorda Berton: «Facevo le gare e il mio modello era Gustav Thöni. Se vuoi arrivare e vincere devi essere serio e impegnato, due parole che mi hanno sempre colpito e che ho applicato in cucina». E come ci è arrivato in cucina, Berton? «Quando da bambino i miei mi portavano al ristorante, io mi piazzavo davanti alla cucina e guardavo cosa facevano i cuochi. La curiosità per il cibo, per la trasformazione degli ingredienti, ha innescato in me l’interesse per questo mestiere e mi ha spinto a farlo seriamente: la scuola, gli stage e il mio primo posto da Gualtiero Marchesi a Milano, in via Bonvesin de la Riva, nell’89: era il posto migliore in Italia. O la va o la spacca». È andata e ha spaccato.

Padre ferroviere e madre casalinga. Due genitori che non gli permettevano di dormire a Recoaro Terme, dove frequentava l’istituto alberghiero: dunque, Carlo Cracco si faceva ogni giorno oltre 100 km tra andata e ritorno, casa-scuola-casa. «Speravo di dormire su e invece i miei mi han detto: “No, torni giù, altrimenti ti perdiamo”. Ma mi è sempre piaciuto viaggiare».
E una volta all’anno Cracco vola lontano da ristoranti stellati e talent show: «Faccio un viaggio con l’Ifad, l’agenzia dell’ONU che cerca di portare avanti politiche soft contro il cambiamento climatico a causa del quale tante popolazioni migrano, provocando un altro problema: l’abbandono della terra, che favorisce la desertificazione. Siamo stati in Cambogia, in Marocco, portando la nostra testimonianza affinché queste popolazioni rimangano lì e attraverso i loro prodotti locali riescano ad avere un’economia auto-sufficiente».

«Ci sono poco più di 500 metri tra il ristorante di Marchesi dove ho lavorato con Carlo, Andrea e Davide e via Anfossi. 26 anni fa era pazzesca, molto diversa da ora, ogni tanto cascava un morto dal balcone», ricorda Knam, spiegando così l’apertura di negozio e laboratorio lontano dal centro: «In Duomo non ho mai visto nessuno camminare con una torta in mano! Ci vai per comprare i jeans di D&G, ma una pasticceria deve essere in un posto dove puoi parcheggiare in seconda fila, prendere la torta, andare a casa e metterla in frigo».

Knam ha deciso di dedicarsi al cioccolato sedotto dal profumo dei biscotti della madre, ma prima dei dolci aveva un’altra grande passione: «Se non avessi fatto il pasticcere, avrei fatto l’ornitologo. Mio padre mi regalò una voliera, avevo più di 200 uccellini. Era il mio hobby, altro che studiare! Ma se ami gli animali non puoi viaggiare, così…». Così è diventato un maître pâtissier, con le idee molto chiare: «Mi piacevano e mi piacciono Schumacher, Gerd Müller, Franz Beckenbauer. I numeri uno. Io voglio vincere, arrivare primo. Il secondo è il primo degli ultimi, e nessuno parla mai del secondo o del terzo classificato». È arrivato in cima anche e soprattutto grazie agli insegnamenti di Marchesi: «Ho citofonato, è stato lui ad aprirmi la porta e mi ha fatto il colloquio in tedesco. Era lungimirante: non un cuoco, ma un genio. Riusciva a mettere insieme cose a cui gli altri neanche pensavano, pazzesco».

Ecco, Marchesi ha messo insieme Andrea Berton, Davide Oldani, Carlo Cracco ed Ernst Knam. Ma in occasioni come questa cena benefica preparata da quattro star, chi fa cosa, come si spartiscono il lavoro gli chef? «Pensate ai Beatles», dice Oldani: «Non è che uno fosse migliore dell’altro. Come una band, insieme suoneremo un buon menù: antipasti, primo, secondo e dolce». «E a volte capita di improvvisare», aggiunge Berton: «È divertente ed è il valore aggiunto della serata». «Il primo che arriva decide il piatto che gli piace di più, gli altri a seguire», scherza Cracco: «Ma il pasticcere non ha scampo». Già, il dessert. Parola a Knam: «Il dolce è l’ultimo piatto, quello che ti ricordi di più. Con un ottimo dolce posso salvare una cena pessima o rovinarne una ottima». Da un grande potere, derivano grandi responsabilità. Da un grande potere, derivano grandi responsabilità. E questi quattro vecchi amici, insieme sembrano veramente I Fab 4, anzi: I Fantastici 4.

Mastercard e WFP per un mondo senza fame. 
Il 12 giugno a Milano, Cracco, Berton, Oldani e Knam, cucineranno per supportare 100 Million Meals, iniziativa di Mastercard a sostegno del programma dei pasti scolastici del WFP nel mondo. Per info su charity dinner basta scrivere a italy@priceless.com. 
Per info su WFP sul sito ufficiale.

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