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Arthur Arbesser e la voglia di rompere le regole


Cresciuto in una Vienna “old school”, è riuscito a scappare ed è atterrato a Milano. Per fare lo stilista

«Piacere, Arthur», dice, aprendo il suo studio, Arthur Arbesser. È caldissimo a metà giugno, ma per un gioco di correnti si sta benissimo anche in centro a Milano. La storia di Arbesser è quasi un unicum nel campo della moda contemporanea. Cresciuto a Vienna in una famiglia “old school”, come la definisce lui, tra collegi maschili e opere classiche, scappa verso la Central St. Martin di Londra e finisce a Milano, per scrivere una storia tutta sua.

Che poi è quella del suo spirito, un po’ ribelle e un po’ razionale. «Sono cresciuto in una famiglia conservatrice, un po’ “old school”, che non c’entra niente con la moda. Avevo solo dei nonni pittori, ma anche loro molto classici. Ma grazie all’opera, al teatro dove mi portavano i miei genitori, ho capito la forza dei costumi, dell’abito. Cosa può dare un look a una persona. Sono molto curioso riguardo a come la gente si veste».

E questo background conservatore è servito a qualcosa (oltre che a spingerlo ad accettare l’invito di disegnare i costumi per il Balletto viennese). «Volevo rompere le regole e Vienna era il posto ideale per farlo: se mettevi un fiocco da qualche parte, ti tingevi i capelli, subito ti notavano tutti! La passione per il teatro è rimasta, anche adesso ci vado spesso, anche il fatto che i miei fossero concentrati sulla cultura vecchia ha creato una mix di influenze diverse che mi ha fatto crescere, diventare quello che sono ora». Per questo è finito a fare lo stilista. «Hai dentro di te una sorta di diavolo che purtroppo o per fortuna non riesci a fermare. È una spinta creativa. Non ho mai avuto un piano B, è sempre stata la spinta, la voglia di rompere con le imposizioni della famiglia a farmi percorrere questa strada».

Anche se, un paio di idee “alternative”, ci sono. «Costruire un oggetto di design mi piace molto, penso che sia vicino alla realizzazione di un cartamodello», dice, parlando della sua passione per l’architettura. Ma la musica resta uno dei centri della sua esistenza: «Ascolto tantissima classica, influenzato da mia madre. L’anno scorso sono andato a divertirmi al Sonar. E sono orgoglioso di aver disegnato i vestiti per il tour delle Austra: mi hanno scritto loro su Instagram. Poi le ho seguite e sono andato a sentirle quando sono venute a Milano. Sono state molto simpatiche!»

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