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Alla Tattoo Expo di Bologna i sogni si tingono d’inchiostro

Abbiamo incontrato 5 tra gli artisti più cazzuti della convention bolognese, per farci un’idea di com’è cambiata l’arte del tatuaggio negli ultimi decenni
Le mani di Monique Peres, Tattoo Expo Bologna - Foto di Michele Lapini

Le mani di Monique Peres, Tattoo Expo Bologna - Foto di Michele Lapini

Il rumore incessante di macchinette che sfrigolano non basta ad interrompere saluti, presentazioni, accordi su quale disegno trasferire definitivamente sulla pelle. Anche quest’anno il Tattoo Expo di Bologna (dal 31 marzo al 2 aprile) è uno degli appuntamenti più attesi dagli amanti dell’inchiostro sottopelle, e all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno non mancano i grandi maestri.

C’è tempo fino a domenica sera per farsi lasciare un marchio indelebile dal giapponese Kikupunk, dai thailandesi Jimmy e Jay Wong, dal polacco Max Pniewski, oppure per conoscere i grandi maestri italiani del tatuaggio, quest’anno riuniti in una sezione apposita detta “Old School District”, dov’è possibile scambiare due chiacchiere con personaggi del calibro di Gippi Rondinella, Gian Maurizio Fercioni, Mao o Giorgio Marini.

Nel frattempo, al Museo Civico Medievale poco lontano, è in corso fino al 30 aprile STIGMĂTA – La tradizione del tatuaggio in Italia, prima mostra locale dedicata alla storia del tatuaggio italiano. Insomma, quest’anno gli organizzatori della convention, Marco Leoni e Genziana Cocco, non si sono fatti mancare nulla: hanno chiamato a raccolta artisti da tutto il mondo, e noi abbiamo individuato cinque personaggi che ci sembravano particolarmente rappresentativi e li abbiamo intervistati per voi.

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Marco Leoni è uno di quei protagonisti che hanno segnato indelebilmente la storia del tatuaggio nel mondo. La sua personale storia d’amore con la macchinetta è cominciata quarant’anni fa, ha girato il mondo insieme a lui ed ora torna di tanto in tanto nella sua città natale, Bologna, per organizzare la convention.

Marco, da quanto tempo organizzi la Tattoo Expo di Bologna?
La prima a cui ho partecipato come tatuatore ed organizzatore è stata quella del 1993, poi ho continuato fino al 1999 e infine mi sono trasferito in Madagascar dove ho vissuto per molti anni. Quella che si sta svolgendo in questi giorni è la seconda edizione di una nuova epoca.

Quando hai cominciato a tatuare?
Ho iniziato nel 1976, esattamente quarant’anni fa. Ho cominciato in Italia, ma dopo pochissimo tempo mi sono trasferito in Brasile, a San Paolo, e ho aperto lì uno studio. Anche per questo alla convention sono presenti tanti artisti brasiliani, perché li ho conosciuti negli anni e sono amici.

Com’è cambiata la percezione del tatuaggio in questi quarant’anni?
Beh, quando cominciai, in Italia negli anni Settanta, il tatuaggio era davvero underground: la maggior parte della gente considerava i disegni sulla pelle come segni di riconoscimento riservati a marinai o delinquenti. Così mi sono trasferito in Brasile, dove, negli anni Ottanta il tattoo ha avuto un boom straordinario.

Credi che il business del tatuaggio sia destinato a durare o si evolverà in qualche modo?
Il settore ha avuto negli anni alti e bassi, ora sicuramente sta avendo un picco positivo, ma non credo si estinguerà mai.

Marco Leoni e Genziana Cocco, gli organizzatori della Tattoo Expo di Bologna – Foto di Michele Lapini

Gippi Rondinella
Gippi Rondinella, 68 anni, è considerato un vero e proprio artigiano del tatuaggio. Artista della macchinetta fin dagli anni Settanta, ha aperto uno studio nel 1985, ma poi si è trasferito per molti anni in Thailandia e ora vive tra Italia e Grecia e sud-est asiatico.

Gippi, a quante convention partecipi ogni anno?
Pochissime. E questa è l’ultima. Sono venuto solo perché Marco Leoni è un amico, e io stesso gli avevo chiesto di creare all’interno del Tattoo Expo un reparto con bombole d’ossigeno e pannoloni per noi anziani.

Ci sono tatuatori che ti piacciono a questa convention?
La maggior parte di quelli che sono qui dentro sono eccezionali pittori, straordinari disegnatori e ottimi grafici, ma non sono tatuatori. I ragazzini che si fanno tatuare oggi, tra qualche anno avranno sulle braccia delle macchie immonde: lo dico sempre e mi danno del vecchio rincoglionito, e sarò anche vecchio ma non sono per nulla rincoglionito, soprattutto credo nell’etica di questo lavoro.

Qual è il problema? La tecnica?
È un problema di macchine: un tempo si utilizzavano soltanto le macchine a bobina, che sono decisamente molto migliori anche se non si possono utilizzare per fare tutte quelle sfumature o dettagli che fanno invece quelle a rotativa che si usano oggi.

E le richieste? Come sono cambiate le richieste della gente negli anni?
Un tempo le persone si tatuavano qualcosa che avesse un significato particolare e personale, oggi lo fanno solo per moda. Io ormai tatuo solo amici e vecchi clienti, ma mi capita che qualcuno venga da me e mi chieda: “Mi fai un braccio old school?”. Ma che cazzo significa un braccio old school? Oppure si fanno tutti questi disegni detti “neo traditional”, hanno tutti una zingara sul braccio, poi però se la vedono per strada la scacciano a calci.

Yushi Horikichi
Yushi Horikichi è nato in Giappone 41 anni fa, ma lavora a Rotterdam da Inkstitution. È un artista del tatuaggio tradizionale giapponese, che effettua sia a macchina che con la tecnica tebori, ovvero a mano.

Yushi, quando hai cominciato a tatuare?
Ho iniziato nel 1998. Mi sono trasferito prima negli Stati Uniti, poi in Olanda dal 2009.

Com’è cambiato il mondo del tatuaggio in vent’anni?
Beh, si è espanso tantissimo ed ora è diventato tutto commerciale. Ad esempio gli strumenti un tempo dovevamo procurarceli in negozi appositi ed era difficile, oggi invece qualsiasi cosa è a disposizione senza alcun problema. La scelta, poi, è ampissima, perché ci sono moltissimi tatuatori con moltissime specializzazioni.

Combini l’uso della macchina con l’antica tecnica giapponese tebori, come funziona?
Sì, faccio prima le linee di contorno con la macchinetta e poi riempio il disegno e faccio tutte le sfumature con una fila di aghi d’acciaio legati ad una bacchetta di bambù.

Perché secondo te il tatuaggio tradizionale giapponese sta vivendo questo momento di grande gloria?
Ah, non sapevo neppure che fosse di moda. In realtà penso che sia semplicemente perché la gente lo sta scoprendo, sta scoprendo quanto è bello. Forse anche perché è associato ai gangster, ai mafiosi, ad un immaginario che la gente solitamente ama.

Chi è il tuo tatuatore preferito?
Io mi faccio tatuare soltanto da Horiyoshi III, che per me è il migliore.

Le mani di Yushi Horikichi – Foto di Michele Lapini

Arjan Pi Bangkrating
Arjan Pi Bangkrating, 36 anni, è un monaco buddista thailandese, specializzato in uno dei principali stili di tatuaggi legati alla spiritualità e alla magia chiamato “Sak Yant”.

Quando hai cominciato a fare tatuaggi sacri?
Ho iniziato 15 anni fa, quando ne avevo soltanto 21. In Thailandia si apprende questo genere di arte in un tempio in cui ci si ritira insieme ad altri monaci. Non bevo, non fumo, non faccio nulla che possa danneggiare il mio corpo dall’esterno.

Come funziona il tatuaggio Sak Yant?
Si impara da un maestro più anziano. In realtà non è una foto o un disegno specifico, ma il sentore di qualcosa di cui la persona potrebbe avere bisogno in una determinata parte del corpo. Lo spirito di Dio parla dentro di me.

Fai solo tatuaggi sacri?
Sì, e solo ed esclusivamente a bacchetta.

Ho notato che una volta finito il tatuaggio lo copri con una foglia d’oro e preghi. Cosa significa?
Metto una foglia d’oro e soffio, perché Buddha passa attraverso di me ed entra nel tatuaggio.

Monique Peres
Monique Peres, detta Miss Ink, è una tatuatrice brasiliana di 31 anni, specializzata in disegno neo traditional.

Monique, quando ha cominciato a tatuare?
Ho iniziato 12 anni fa, quando ne avevo 19, e ho aperto quasi subito il mio studio a San Paolo, Puros Cabrones, dove lavoro tutt’ora quando non sono in giro per il mondo.

Viaggi molto per convention?
Sì, in Europa e nel mondo, e spesso sono ospite in negozi di altri tatuatori. Mi piace molto viaggiare, ma quando sono in giro lavoro soltanto. Lavoro tantissimo!

Sei specializzata in neo traditional. Ma tatui qualsiasi soggetto?
No, tatuo solo ed esclusivamente disegni miei, fatti con il mio stile. Se una persona mi sottopone un’idea, quel che posso fare è ridisegnarla nel mio stile particolare.

Pensi che l’essere donna dia qualche vantaggio in questo settore?
Vantaggi non direi. Diciamo che forse a volte è più uno svantaggio, perché gli uomini sono molti di più, ma negli ultimi cinque anni le quote rosa sono aumentate parecchio. Per me le cose sono sempre andate bene: non ho mai avuto problemi perché sono una ragazza, ho sempre fatto i miei lavori e mi sono data da fare per arrivare dove sono arrivata.

Credi che ci sia differenza nello stile tra uomini e donne?
No, credo ci sia differenza tra persone, il genere non conta.

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