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Ali Smith, potere alla parola

Per la scrittrice solo il linguaggio ci può salvare da questa politica tribale. Per tenere viva la speranza nell’autunno in cui ci troviamo

«Modernista? Faccio fatica a definirmi in qualunque modo, persino scrittrice. Perché nel momento in cui cambi, e smetti di essere quello che credevi di essere, non sei più niente». Questa è Ali Smith, la più importante scrittrice britannica e per molti futuro Nobel. Una signora minuta, gentile e un po’ dimessa, come un certo tipo di turista inglese in vacanza: stona un po’ dentro il pacchiano hotel milanese in cui la incontro.

Scrittrice politica come pochi altri, il suo quartetto di romanzi iniziato con Autunno (Sur), e che proseguirà con Inverno l’anno prossimo, è – anche – il tentativo di capire il mondo attraverso il linguaggio. È capitata qui in un momento particolare, in cui l’Italia appare sempre più lacerata e nel caos: «Viviamo un momento di passaggio, la politica sta diventando isolata e tribale. Ne so qualcosa: in Scozia ai tempi del referendum sull’Indipendenza, le persone si sono divise fin dentro le famiglie. Poi è successo lo stesso con la Brexit. Quando la conversazione tra le persone si interrompe, è il momento in cui smettiamo di essere umani». Per Smith è almeno in parte dovuto «al fatto di vivere in un presente istantaneo, in cui è richiesto di prendere posizione senza il tempo di riflettere».

Nel suo ultimo libro, racconta un’amicizia tra due persone molto diverse tra loro, sullo sfondo di un’Inghilterra traumatizzata dalla Brexit. Il romanzo nasce dalla crisi e dall’incertezza, ma è così pervaso di umanità e di fiducia nel potere creativo del linguaggio che, anche senza fornire alcuna risposta, è una lettura molto confortante di questi tempi: «Noi che usiamo il linguaggio ogni giorno, sappiamo quanto sia difficile essere esatti, rispecchiare con le parole le nostre emozioni e i nostri pensieri. Per questo ridurre il pensiero politico a un tweet è pericoloso».

Il contrario di quello che oggi avviene online: «Internet è uno strumento che dà infinite possibilità. Ma lo schermo è qualcosa che si pone tra te e il resto. Si chiama Net (Rete, ndr) per quale motivo? Per catturare qualcosa? Dietro alle parole si nasconde la verità, e noi dobbiamo cercarla».

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