Nel suo nuovo libro, Milan Kundera profetizza «l’insostenibile leggerezza dell’Occidente» | Rolling Stone Italia
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Nel suo nuovo libro, Milan Kundera profetizza «l’insostenibile leggerezza dell’Occidente»

Esce il 12 maggio – ma verrà presentato oggi in anteprima a Milano – il volume che raccoglie due discorsi politici che sembrano descrivere i problemi dell’Europa di oggi, ma sono del ‘67 e dell’83

Nel suo nuovo libro, Milan Kundera profetizza «l’insostenibile leggerezza dell’Occidente»

Milan Kundera negli anni ’80

Foto: Micheline Pelletier/Gamma-Rapho via Getty Images

È uno degli autori più citati e troppo spesso meno letti fino in fondo. Complice, probabilmente, la scelta di sparire mediaticamente proprio mentre si faceva largo l’informazione di massa fra tv, radio, giornali e poi web e social. Già nel 1985 Milan Kundera deciderà di eclissarsi, di lasciare soltanto la sua opera al centro, sgravandola dell’opinione che lo scrittore ha di essa. «Sono in overdose di me stesso», disse per giustificare la scelta radicale. Attraversava il periodo di maggior successo dopo l’uscita, l’anno prima, del suo capolavoro “L’insostenibile leggerezza dell’essere” (1984). Questa “assenza”, però, non ha influito sulla ricca produzione letteraria dello scrittore ceco naturalizzato francese, fra romanzi, saggi, poesie e drammaturgie. Ora, a 93 anni, lo ritroviamo con una nuova uscita che rappresenta forse la natura più esplicitamente politica di Kundera, persino profetica visto il periodo storico che stiamo vivendo, esposta in interventi pubblici ma non ancora editata in Italia. Esce così il 12 maggio “Un Occidente prigioniero” (Adelphi), che raccoglie due suoi discorsi: “La letteratura e le piccole nazioni” del 1967 e “Un occidente prigioniero o la tragedia dell’Europa centrale” del 1983 che sembrano anticipare, non solo il retroterra che ha portato al conflitto fra Russia e Ucraina, ma persino la crisi europea (di valori e culturale) oggi così evidente.

Nel giugno del 1967, poco dopo la lettera aperta di Solženicyn sulla censura nell’Urss, si tiene infatti in Cecoslovacchia il IV Congresso dell’Unione degli scrittori. Ad aprire i lavori, con un intervento audace, è proprio Milan Kundera: «Se si guarda al destino della giovane nazione ceca, e più in generale delle ‘piccole nazioni’, appare evidente – dichiara Kundera – che la sopravvivenza di un popolo dipende dalla forza dei suoi valori culturali. Il che esige il rifiuto di qualsiasi interferenza da parte dei ‘vandali’, gli ideologi del regime. Chi è il vandalo? – prosegue – No, non è affatto il contadino analfabeta che in un accesso di rabbia dà fuoco alla casa del ricco proprietario terriero. I vandali che incontro io sono tutti letterati, soddisfatti di sé, con una discreta posizione sociale e senza particolari risentimenti nei confronti di chicchessia». E prosegue con vari esempi, tra i quali uno sull’abbattimento delle statue che sembra anticipare di quarant’anni la cancel culture.

A questo discorso, che segna un’epoca, si collega l’intervento del 1983 destinato a “rimodellare la mappa mentale dell’Europa» prima del 1989. In questo caso, Kundera accusa l’Occidente di avere assistito inerte alla sparizione del suo estremo lembo, formato da Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, che all’Europa appartengono a tutti gli effetti, e che fra il 1956 e il 1970 hanno dato vita a grandiose rivolte sorrette dal «connubio di cultura e vita, creazione e popolo». Il problema è che non sono, agli occhi dell’Occidente, che una parte del blocco sovietico. Eppure, ricorda lo scrittore: «Nel settembre del 1956, il direttore dell’agenzia di stampa ungherese, pochi minuti prima che il suo ufficio venisse distrutto dall’artiglieria, trasmise al mondo intero per telex un disperato messaggio sull’offensiva che quel mattino i russi avevano scatenato contro Budapest. Il dispaccio finisce con queste parole: “Moriremo per l’Ungheria e per l’Europa”». Anche in quel caso, l’esercito russo recitava il ruolo dell’invasore e si temeva che potesse continuare verso Ovest. Ma non era, precisa l’autore, un problema di espansione, quanto di senso di appartenenza: «Perché l’Ungheria restasse Ungheria e restasse Europa, era pronto a morire». Leggere queste parole mentre vediamo quel che sta accadendo in Ucraina mette i brividi per il senso di “eterno ritorno” che suscitano.

Con premesse di Jacques Rupnik e Pierre Nora, il volume sarà presentato l’11 maggio alle 18.30 in anteprima alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano e il 14 maggio alle 11.30 al festival vicino/lontano a Udine, dove sarà presente Rupnik. Mentre dal 12 maggio, per la prima volta, Adelphi renderà disponibili in ebook tutti i titoli di Kundera del catalogo, 17 in totale.