Rolling Stone Italia

Ma chi se li ricorda più i buoni vecchi ricettari?

La risposta breve è: sono stati sostituiti dai reel e dalle ricette economiche per single. La risposta lunga ve la diamo qui
ricette

Foto: Boston Public Library su Unsplash

Cucinare non mi piace. E non mi riesce. Non riesco a stare nei tempi, mi distraggo, mi annoio a tagliare le verdure e mi indispettisco se la pasta impiega troppo a cuocersi. Questo mi impedisce di avere una raccolta dei preferiti su Instagram con le ricette che salvo quando scrollo? Assolutamente no. In un sabato svogliato mi è mai venuto in mente di aprire tutto questo minutaggio di preparazioni, ingredienti e tempi di cottura? Assolutamente no.

Ma le ricette mi inseguono. Fanno capolino tra un carosello con le immagini di Ronaldo il Fenomeno e le foto flashone di un nuovo tapas bar aperto a Seoul. La cartella ricettine si gonfia, come gli appunti del romanzo di un ventenne: un accrocco per nulla organico di voci diverse. Ma oggi i ricettari sono questo: post salvati tra i preferiti o condivisi nei DM. Anche mia madre è passata da un quadernino scritto a matita riposto nel cassetto del tavolo della cucina a “ho visto questa cosa su internet da fare con la friggitrice ad aria”. Zeitgeist.

I ricettari d’altronde incarnano, letteralmente, lo spirito del tempo. La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi che ha decodificato un linguaggio comune degli italiani, quasi settant’anni prima di Non è mai troppo tardi della Rai. Il talismano della felicità di Ada Boni come pietra angolare della borghesia, tra il Ventennio e il Secondo Dopoguerra. Cotto e mangiato – Benvenuti nella mia cucina di Benedetta Parodi, ultimo anelito cartaceo prima dell’invasione degli cuochi casalinghi star dell’Instagram e di TikTok.

Qualche tempo fa, a casa dei miei, ho trovato una collana pubblicata da Fabbri Editori per la prima (e ultima?) volta nel 1988, Voglia cucina – guida pratica alla cucina moderna. Una di quelle raccolte di schede che si compravano ogni settimana in edicola, infilate in un raccoglitore ad anelli con la copertina di cartone rigido. La versione, targhettizzata per le donne di casa, di Dinosauri – i giganti della preistoria della DeAgostini che, nell’epoca d’oro delle edicole, ha fatto sognare di fare il paleontologo a una generazione di bambini cresciuti negli anni Novanta.

Nell’Italia a cavallo tra i due ultimi decenni del Novecento, i giovani rivoluzionari degli anni Sessanta sono già diventati pompieri, hanno comprato case e station wagon. Il piombo degli anni Settanta è stato fuso dal benessere economico nelle monetine che verranno lanciate contro Craxi davanti all’Hotel Rafaël. Con la fine della Guerra Fredda, l’unico timore all’orizzonte sembra essere il millennium bug. In pochi anni, il G8 di Genova e la crisi dei mutui sub-prime arriveranno a spazzare via la generazione nata da quella sbornia ingollata degli ultimi effetti della Scala Mobile e delle pensioni retributive. Ma mentre Voglia cucina usciva in edicola, l’ottovolante era lontano dal fermarsi.

Le migliaia di foto che si alternano nelle centinaia di pagine dei volumi sono un mosaico di tavole imbandite, piatti barocchi, colori saturi come quelli del video di Black Hole Sun. Il narratore ci culla nel progettare menu per 10-15 persone composti da 8-10 portate, alcune più tradizionali, altre decisamente ardite: cocktail di scampi in coppa di ghiaccio con melone, peperone, mela e paprica; aspic di riso; penne con cozze allo zafferano; terrina di pollo e funghi; timballo di carote e pastinaca; funghi al chorizo; cuori di avocado con il tonno; bignè di granchio e formaggio; crema di pollo; vol-au-vent ai crostacei. Li immagino serviti su queste lunghe tavole al centro di salotti grandi il doppio del monolocale in cui ho vissuto per tre anni. Vedo i bambini giocare nelle camere con i pupazzetti dei Power Ranger o con il Super Nintendo; Pippo Franco, Leo Gullotta travestito da Raffaella Carrà, Pamela Prati e Valeria Marini in tv sul palco del Bagaglino. C’è il menu per sei persone per il “Fidanzamento”, “Una prima colazione all’inglese” per otto, la “Cena in piedi” per quindici, il “Tapas party”, la “Cena con stuzzichini cinesi” e la “Festa per ragazzi”.

La raccolta è divisa in diversi macro-capitoli tematici, alcuni molto tecnici come “carni-pollami-selvaggina”, che illustra i diversi tagli di carne e ricette di arrosto altisonanti come come la “Guardia d’onore” o l’arrosto “a Corona”. Tra i miei sotto-capitoli preferiti c’è quello dedicato a “pâtés di carne e terrine”: un trionfo impertinente di texture colorate e istruzioni antisismiche. Tra le pizze, dopo la Napoletana arriva la Pazza, “un po’ insolita” mette le mani avanti l’autore, con il salame e i cetriolini sott’olio. Tra le paste, i fusilli con la salsa al curry. Nei secondi compaiono delle scaloppine di vitello ai funghi che, cito, “sono cotte nel vino bianco e servite con le tagliatelle”. WHAT THE FUCK.

“Che cos’è il wok?”, ci viene spiegato quando inizia la descrizione delle verdure cinesi. La Jambalaya, il Pollo alla Lusitana o quello al cocco e curry, il maiale con cavolo al cumino, l’agnello arrosto all’indiana, il kebab all’orientale – “un kebab a sorpresa: dentro alle polpettine d’agnello si nasconde del formaggio filante”. La cucina internazionale non è problematizzata come appropriazione culturale o riduzione a stereotipo: sono i primi anni di una globalizzazione che fa sparire l’Unione Sovietica e porta le consolle dei videogame per la tv dal Giappone. Si iniziano a prendere le misure con il villaggio globale e aprono ristoranti dal nome “La Grande Cina”. Mi meraviglio nel vedere così tanto avocado o un uso talmente spregiudicato del curry.

Cerco di ricordare la tavole di casa quando avevo cinque o sei anni, ma mi vengono in mente solo le tagliatelle con il sugo di carne e i piselli la domenica a pranzo da zia Giovanna o i fusilli alla norcina di zio Piero coperti da quintali di Parmigiano grattugiato con il calibro delle sfoglie. Sfoglio per ore “Voglia Cucina” per farmi cullare da quel senso nostalgico delle diapositive di sconosciuti vedute nei mercatini delle pulci. Mi perdo nelle foto di cibi ripieni di altri cibi, sfogliati, fagottinati, brodettati, farciti, arrotolati.

Il massimalismo dei trionfi e delle fantasie è così lontano da quel video che ho salvato: “spese per cena per quattro persone con cinque euro”.

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