Sabato scorso, Abed “Abe” Ibrahim ha raggiunto il punto di rottura. Il giovane ristoratore, che ha abbracciato in pieno la tendenza del momento di friggere i cibi nel sego bovino anziché negli oli di semi comunemente usati nella ristorazione, arrivando persino a chiamare il suo chiosco “Tallow” (cioè, appunto, segno bovino, ndr) per sottolinearlo, si è sfogato su X, lamentando l’andamento disastroso dell’attività a più di sei mesi dall’inaugurazione, lo scorso febbraio.
Turns out most people haven't tricked themselves into thinking that frying things in beef tallow is healthy https://t.co/6FGMcjF3ek pic.twitter.com/lzuto5JiR2
— keewa 🇵🇸 (@keewa) August 25, 2025
«Negli ultimi sette mesi ho fatto tutto il possibile per far funzionare questo ristorante», ha scritto Ibrahim. «Forse il nostro cibo non è buono, ma incassiamo circa 50-125 dollari al giorno restando aperti per 7-8 ore. È insostenibile e ho il mio primo figlio in arrivo». Nel resto del thread ha spiegato di aver investito «ogni singolo centesimo» nell’idea, convinto che i clienti avrebbero apprezzato un menu senza «oli di semi, sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, additivi, conservanti e altro», e «ancora accessibile per gli standard di oggi».
Ma invece di ricevere solidarietà, Ibrahim si è ritrovato travolto dall’ostilità, dalle prese in giro e dal disprezzo degli utenti di X, che hanno reso virale il thread ridicolizzando il suo fallimento. «La gente sta cercando di farmi cacciare dall’edificio in cui mi trovo, mi dicono che sperano che muoia e che non vedono l’ora di festeggiare quando la mia attività chiuderà», racconta Ibrahim, 28 anni, a Rolling Stone US. «Io non provo odio nei loro confronti. Il mio obiettivo è trasformarli in clienti».
Perché una reazione così feroce? Perché la moda del sego è diventata uno dei fronti più inaspettati della guerra culturale americana. È spinta con forza da influencer di destra e della galassia salutista alternativa, che hanno diffuso disinformazione sui presunti danni degli oli di semi, senza contare Robert F. Kennedy Jr., segretario alla salute anti-vax di Trump, che ha fatto del ritorno al sego – o grasso bovino fuso – uno dei pilastri della sua campagna “Make America Healthy Again”. Kennedy sostiene, in modo discutibile, che la popolazione stia “venendo avvelenata a sua insaputa” da oli di semi come quello di girasole, mais e colza, e che i grassi saturi abbandonati decenni fa dalla ristorazione perché associati a malattie cardiovascolari e altre patologie siano, contro ogni evidenza scientifica, molto più salutari.
Di conseguenza, i commentatori online hanno subito dato per scontato che il ristorante Tallow di Ibrahim si basasse su pseudoscienza e fosse l’ennesima espressione della vena “anti-woke” del contrarianismo MAGA, quello che rifiuta il consenso liberal su tutto: dal genere al cambiamento climatico e, naturalmente, alla nutrizione.
Su X, i critici hanno preso in giro Ibrahim per aver aperto il suo stand gastronomico all’interno di un supermercato ShopRite alla periferia della Philadelphia suburbana, hanno fatto notare i suoi orari di apertura un po’ bizzarri (chiuso la domenica, serrande abbassate alle 18:00 il venerdì e il sabato), si sono detti perplessi del fatto che non servisse piatti standard e attesi come gli hamburger e hanno sottolineato come il sito web del ristorante fosse privo di informazioni basilari. Quando, su suggerimento di chi voleva donare criptovalute per tenere a galla Tallow, Ibrahim ha condiviso il link al suo portafoglio Bitcoin, i detrattori lo hanno accusato anche di elemosinare per sostenere un’impresa fallimentare e ingenua. Alla fine, Ibrahim ha cancellato il thread, temendo che il contraccolpo potesse danneggiare il suo padrone di casa, ShopRite.
Ibrahim è sconcertato dalla polarizzazione politica che ormai circonda il sego. «Penso sia una stupidaggine», dice. «Gente che scrive ai miei genitori e ai miei cari dicendo che vuole uccidere me e la mia famiglia. Per cosa, esattamente? Perché cucino con il sego ed evito cose come lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio? È una grande perdita di tempo». Poi aggiunge: «Abbiamo problemi molto più grandi in America e nel resto del mondo».
Ibrahim chiarisce anche di non essere un elettore di Trump, né un sostenitore dell’amministrazione Biden. «Per quanto riguarda MAHA», afferma, «non lo seguo necessariamente. Riconosco che alcune cose che dice RFK Jr. sono vere e altre sono false». Ibrahim cita, per esempio, l’uso che Kennedy avrebbe fatto del colorante blu di metilene come integratore, dicendo di non crederlo affatto un «siero miracoloso». Quanto all’approccio generale del regime di Trump in materia di salute pubblica, Ibrahim sostiene che sia «quasi pessimo quanto quello dell’amministrazione precedente», con funzionari che danno priorità alle opinioni invece che ai fatti. «Il motivo per cui dico “quasi”», aggiunge, «è che almeno questa amministrazione sta effettivamente facendo qualcosa contro i coloranti artificiali e forse contro lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio».
Per Ibrahim il sego è una questione personale, non di destra o di sinistra. Cresciuto in una piccola città dell’Illinois, racconta di essere sempre stato insicuro riguardo al proprio peso e di aver iniziato a interessarsi di nutrizione come hobby intorno al 2016. Ben presto arrivò alla conclusione che doveva eliminare gli oli di semi, i coloranti artificiali e qualsiasi altra cosa «che non fosse un ingrediente naturale». Si avvicinò così alla cucina per mantenere la sua nuova dieta, scoprendo che «si sentiva meno apatico, aveva più energia e perdeva peso» seguendola con costanza (aggiunge anche che «il sapore che sprigionano i prodotti a base di [sego] è incredibile»).
Dopo essere stato licenziato dal suo lavoro di broker nel 2022, Ibrahim sapeva di voler cambiare carriera e ha fondato Permissibles, un’azienda di piatti surgelati a base di ingredienti naturali che vende anche sego. Nel 2024 gli è stato offerto uno spazio cucina all’interno di ShopRite, quando aveva proposto al supermercato di mettere i suoi prodotti sugli scaffali: inizialmente rifiutò l’opportunità, salvo poi accettarla quest’anno. Invece di pagare un affitto fisso per il banco, versa una percentuale sugli incassi lordi, cifra che preferisce non rivelare. Ibrahim definisce la gestione di ShopRite «straordinaria», sottolineando che «si prendono davvero cura degli altri». A parte la moglie, un’infermiera del pronto soccorso che talvolta lo aiuta nei giorni liberi, Ibrahim è l’unico dipendente. Stima che circa il 75% del giro d’affari arrivi da clienti abituali, molti dei quali tornano due o tre volte alla settimana, con un cliente che si presenta quasi ogni giorno. La vera sfida, ammette, è riuscire ad attirare un pubblico più ampio.
Da questo punto di vista, l’attacco subito sui social si è rivelato paradossalmente un vantaggio. Ibrahim ha ricevuto circa 8.000 dollari in donazioni da chi sostiene la sua missione, una cifra che, calcolando l’attuale ritmo delle vendite, dovrebbe bastare a mantenere aperto il locale per altri sei mesi. Anche l’afflusso di clienti, almeno per il momento, è nettamente aumentato. «Finora è andata bene, ma l’importante è che continui a crescere quando tutto questo clamore si sarà spento», dice Ibrahim. «I numeri che vediamo adesso contano relativamente. Quello che conta è il lungo periodo». Sta inoltre lavorando al restyling del suo sito web — che ammette “far schifo” — con l’aiuto di nuove conoscenze che lo hanno contattato su X.
Ma sebbene Ibrahim preferisca considerare la cucina con il sego come qualcosa di apolitico, è evidente che molti dei suoi nuovi sostenitori provengano dall’area dell’estrema destra e vedano nell’eliminazione degli oli vegetali un tassello di un progetto conservatore. Un visitatore recente, per esempio, ha come avatar su X la Pepe The Frog e pubblica regolarmente contenuti anti-immigrati e transfobici. La vita americana nel 2025 sembra ormai regolata in gran parte da questi bizzarri allineamenti ideologici, al punto che non si possono nemmeno vendere ali di pollo fritte in un certo modo senza di fatto segnalare un legame con qualche movimento di parte. Nel rischioso gioco della ristorazione, però, bisogna accogliere qualsiasi cliente si presenti. E anche se Tallow dovesse chiudere una volta svanita questa ondata di attenzione, Ibrahim ci crede troppo per abbandonare.
«Farebbe di tutto per riaprirlo», dice. «Non ho alcun interesse a fare altro».








