'Ritratto di ubriaco', il fumetto anarchico che racconta la vera storia dei pirati | Rolling Stone Italia
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‘Ritratto di ubriaco’, il fumetto anarchico che racconta la vera storia dei pirati

Dimenticate Johnny Depp e i corsari glam del cinema. Le linee essenziali e la storia folle di questa graphic novel restituiscono i pirati al loro universo sporco, ingiusto e senza giustizia

‘Ritratto di ubriaco’, il fumetto anarchico che racconta la vera storia dei pirati

Un dettaglio della copertina di 'Ritratto di ubriaco' (Coconino Press)

Nel corso della storia i pirati sono diventato un simbolo di una libertà positiva e romantica, lontana da imposizioni di una società aristocratica e piena di dogmi, anche (e soprattutto) di apparenza e appartenenza. Negli ultimi anni poi i film della serie Pirati dei Caraibi hanno dato nuovo lustro rendendo i pirati glamour e più vicini alle rock star che non ad assassini pronti a tutto per una moneta d’oro. D’altronde Johnny Depp si è ispirato a Keith Richards per incarnare Jack Sparrow sia nel look che nelle movenze, tanto che il chitarrista dei Rolling Stones ha persino interpretato il padre di uno dei pirati più famosi del grande schermo.

C’è da dire, però, che la vita dei veri pirati era assai diversa dall’idea che ci siamo costruiti nel corso della nostra evoluzione letteraria (Salgari, L’isola del tesoro e tanti altri) e cinematografica in cui persino Terence Hill e Bud Spencer hanno indossato gli abiti da pirata (Il corsaro nero, 1971).
 Ritratto di ubriaco (Coconino) di Olivier Schrauwen e Ruppert & Mulot restituisce tutto il corretto sudiciume alle gesta tutt’altro che eroiche di un uomo che si muove senza nessuna regola in un universo sporco, ingiusto e pieno di personaggi che non hanno nulla di buono e anche quando muoiono spiano i vivi in cerca di una giustizia che non arriverà mai.

Se Dante posiziona gli ignavi in un luogo fuori dall’inferno perché non meritano neppure la dannazione eterna, nel fumetto questo limbo potrebbe essere proprio la Terra. La linea tracciata dal protagonista che porta all’abisso, sprofonda in maniera anarchica, ma terribilmente efficiente nella sulla illogica irrazionalità. I disegni sembrano ridursi all’essenza quando le scene diventano complesse aumentando il senso di smarrimento che ci fa rimanere ancorati alla lucida follia di Guy, il protagonista, le cui regole mutuano di volta in volta pronte a essere infrante per un po’ di rum o per rubare dei soli per comprare da bere. Ubriacarsi sembra essere l’unica certezza di una vita che barcolla tra l’atrocità e il ridicolo e riesce a essere tremendamente attrattiva nella sua visione laterale, ipertrofica e personalissima del libero arbitrio. Neanche di fronte alle colpe da pagare avrà pietà per la sua vita e per quella degli altri, mosso da una visione sperimentale che fonde il vivere e sopravvivere in una tempesta dove la causalità di quello che succede è la visione più brutale della totale assenza di regole umane.

Se Giuseppe Ungaretti scriveva in una sua poesia che “la morte si sconta vivendo” da questo fumetto emerge una realtà più tetra che fa pensare che la vita si sconta morendo e la buona sorte non aiuta sempre le buone intenzioni, anzi. Alla fine – come spesso accade – non sempre vincono i buoni.