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Il nuovo alfabeto della “Città Incantata”. Ci siamo fatti un viaggio nel nome del fumetto

Dalla A alla Z nel mondo dell'illustrazione di Civita di Bagnoregio. Un regno magico che dovrebbe iniziare a ricevere i giusti riconoscimenti da chi si occupa d’arte
Civita di Bagnoregio, meno di 10 abitanti, ha ospitato "La Città Incantata". Fonte: Facebook

Civita di Bagnoregio, meno di 10 abitanti, ha ospitato "La Città Incantata". Fonte: Facebook

La Città incantata. È esattamente ciò che si pensa arrivando ai piedi del ponte, unico collegamento (e solo pedonale) di Civita di Bagnoregio con il resto del mondo. C’è una bellissima installazione di Bruna Esposito, con una distesa di scope appese al contrario, che ti obbligano a tenere lo sguardo alto e a vedere questa città, che sembra volare nel cielo. C’è un po’ di vento, e questo oltre a evitarmi l’infarto del sole di mezzogiorno a luglio, mi regala la ciliegina sulla torta in termini di poesia, perché i sonagli appesi alle scope producono un suono cui tutti si adeguano camminando quasi a passo di danza, in silenzio, frastornati dalla singolarità di questo luogo surreale.

Il festival raccoglie tutti i più grandi disegnatori e fumettisti italiani e non solo. Mi affaccio a questo mondo da profano, ma credo che sia arrivato il momento che chi si occupa d’arte inizi a dare a questi autori l’importanza che meritano. E allora mi chiedo e mi richiedo come sia possibile che siano così snobbati dal sistema dell’arte (sicuramente ha contribuito il fatto che spesso si dà molta importanza all’aspetto letterari e poco a quello estetico). Prova a spiegarmelo Luca Raffaelli, il curatore dell’evento: «I protagonisti dell’arte contemporanea ammiccano continuamente con le loro creazioni. Gli illustratori sono il contrario, è quasi come dicessero “prova a prendermi se ci riesci”. Sfuggono dalla mondanità. Non voglio dire banalità, ma alla base di questo mondo c’è una sensibilità che non si vede altrove, sono mossi davvero dalla passione e da nient’altro». Credo sia vero. Ed è con questo spirito che ho tentato un approccio con i tanti protagonisti di queste giornate. Sono oltre 50 ed è impossibile raccontarli tutti.

E siccome mi sento come al primo giorno di scuola, mi è venuto naturale creare un “alfabeto” di questo Festival, che possa in qualche modo azzardare una sintesi di Una città incantata, di chi c’era e perché, del contesto e del ritmo di queste giornate.

A come Animazione

«Questo è un cartone animato». E ciò che, un po’ stizzito, Luca Raffaelli ha risposto a un ragazzo del pubblico che gli ha detto «certo non possiamo dire che sia semplicemente un cartone animato Suleima di Jalal Maghout». Ecco, una delle prime cose che ho imparato in questo festival è che qui le cose sono prese davvero sul serio. Il mezzo dell’animazione può essere usato per lanciare messaggi fortissimi, e Suleima ne è l’esempio per eccellenza. Un cortometraggio che racconta la storia vera di una donna che per lottare per i propri diritti, ha sfidato il regime siriano, arrivando addirittura a essere allontana dalla famiglia. Jalal è di Damasco e vive a Berlino, e il suo corto è stata la cosa più emozionante del festival.

B come Bonelli

Sergio Bonelli Editore. Questa entità astratta, sovrannaturale. I partecipanti al festival erano attenti a “non nominare il nome di Bonelli invano”. E allora scopri che, in effetti, è in Italia la roccaforte del fumetto, il santo protettore degli illustratori. Casa editrice che vende 25 milioni di fumetti all’anno: è l’editore di Tex, Dylan Dog, Brendon, della serie Orfani e molto altro. Solo i primi due vendono 300.000 copie al mese. È il punto di arrivo (e ovviamente di nuove partenze) di ogni fumettista italiano.

C come Città che muore
È così che viene chiamata Civita di Bagnoregio, perché la sua conformazione la sta facendo lentamente crollare. Il presidente della Regione Lazio si sta battendo per farla riconoscere come patrimonio dell’Unesco, in modo da attrarre i finanziamenti sufficienti a metterla in sicurezza.

D come Dylan Dog
Ideato da Tiziano Sclavi, che si è ispirato al personaggio John Silence di Algernon Blackwood, il primo “detective dell’occulto” della storia. Sta per compiere 30 anni, e a Civita ho l’occasione di incontrare vari suoi creatori. Come il giovanissimo Giorgio Pontrelli, che mi racconta di quanto sia bello aver raggiunto l’obiettivo Dylan. O Daniele Caluri, che viene dal Vernacoliere: «Dylan Dog me lo divoravo per strada da ragazzo, nel tratto di strada tra l’edicola e casa». Ancora Giorgio Santucci, il più “metallaro” di tutti, quello dalle ambientazioni più estreme. O Maurizio Di Vincenzo, penna di punta del fumetto ambientato a Londra, che lo disegna da 20 anni. Il curatore responsabile da un paio d’anni è Roberto Recchioni, che ci dice che non può fare un numero sulle tecniche di rimorchio di Dylan Dog perché sono anche le sue, e se le svela è finito. Quello che capiamo, è che ai disegnatori prima viene sottoposta la storia. Solo se si sentono in linea realizzano i disegni. Un mondo libero, davvero.

E come Eroi
La chiave di lettura del Festival me la dà Luca Raffaelli: «I disegnatori sono solitari. Questa è un’occasione rara per unire le solitudini di molti, facendole diventare una grande azione collettiva di salvataggio. Perché sì, tutti questi professionisti sono qui per rispondere alla richiesta di aiuto per salvare Civita. Quello del fumetto è un mondo dove la parola “ideale” ha ancora un senso e loro sono qui per un ideale. Sono eroi».

F come Fan
I fan di questo settore si dividono in due categorie: gli sperimentatori e i duri e puri. Parlo con molti di loro in questi 3 giorni. Della prima categoria fa parte Luciano, venuto da Roma con moglie e figlio, che mi dice che segue Dylan Dog dal suo esordio nell’86: «ho iniziato con la vecchia guardia, con Stano, Montanari e Grassani. Con il tempo le loro storie non suscitavano più interesse, avevano perso. I nuovi arrivati invece hanno trovato nuovi spunti, nuove idee. È cambiato, sì. Ma i tempi cambiano e ci si deve aggiornare ai nuovi linguaggi».
Di tutt’altro avviso Valerio, che si è fatto 300 km per venire al festival «c’è Leo Ortolani? Non mi interessa. Ci ha traditi quando ha fatto il cartone. L’ho visto, era fatto bene. Ma Ratman è nato fumetto, e per noi è stato inaccettabile questo snaturamento». WOW!

G come Gotico
Il terrore e il mistero sono due tratti fondamentali per un certo tipo di illustrazione. A Lola Airaghi piacciono sicuramente le cose spinte, tenebrose, cupe. È lei stessa a definirsi “gotica”. E un’aura di mistero c’è anche intorno a Morgan Lost, il suo nuovo personaggio che verrà lanciato a ottobre. In una chiacchierata con lei mi rendo conto che il mondo del fumetto è fatto di regole ben precise, di lanci programmati, di partecipazioni mirate alle manifestazioni pubbliche. E proprio per rispettare queste regole, di Morgan Lost non mi dice nulla, ma mi regala un disegno in anteprima con lo slogan che accompagnerà la pubblicazione “non restate da soli al buoio”.

H come Hard
I disegnatori hanno avuto le origini più disparate, ma un percorso che mi pare abbastanza comune. Mauro Laurenti, ad esempio, mi racconta che ha iniziato come “matitaro”, cioè faceva i disegni che poi gli altri ripassavano a china: «Poi mi sono stufato, perché io producevo e gli altri erano gli artisti. Allora sono andato a propormi a Lady Fumetto». Lady Fumetto era una pubblicazione Hard, o almeno erotica spinta. Adesso alcune copie valgono parecchio, perché introvabili.

I come improvvisazione (riuscita!)
Quella di Laura Delli Colli, una delle più importanti giornaliste cinematografiche del nostro Paese. Si è improvvisata doppiatrice, proprio di quel capolavoro di Maghout (lettera A). Nella piazza del Paese, si proiettava il cortometraggio su un grande schermo e a lei il compito di doppiare la protagonista, in diretta. Ha cercato di nasconderlo, ma durante il giorno era molto preoccupata, soprattutto perché il suo co-protagonista era doppiato (sempre dal vivo) dal bravissimo Ludovico Fremont, che con una punta di sadismo mi ha detto «lei è quella che di solito scrive di me, di noi. Vediamo come se la cava dall’altra parte della barricata». Beh, è stata bravissima (come lui ovviamente, ma questo non c’è nemmeno bisogno di dirlo).

L come LowCost
Si sente di milioni e milioni di euro spesi per Festival e manifestazioni di ogni sorta e genere. Non è questo il caso. È costato molto poco, «troppo poco – dice il curatore Luca Raffaelli – ma è proprio questa la sfida. A usare grandi budget sono capaci tutti. La città si è messa a disposizione, salvo qualche eccezione. Quando Giovanna (Pugliese, capo del progetto ABC e vero Deus Ex Machina di questo evento ndr) mi ha chiesto di fare un festival di animazione a Civita, mi sono chiesto “ma come si fa a farlo in un posto dove non c’è nemmeno un cinema, dove non ci sono sale? E invece…”». E invece (termino io) è stato uno spettacolo incredibile.

M come Medori
La prima “struttura” che vedo arrivando a Civita è la “sala Medori”. Mi avvicino, e vedo una credenza, qualche libro, i fiori, i tavolini da casa e uno schermo con qualche sedia davanti. Scopro che la “sala Medori” è il salotto di casa di Giuseppe Medori, «il più anziano abitante di Civita», ci tiene a dirmi (i residenti sono meno di 10). Lui è uno di quei personaggi chiave della storia del paese, e ha messo a disposizione casa sua per alcune proiezioni del festival, pagando di tasca sua pulizie e luce. È con un certo orgoglio che mi fa vedere la targa d’ingresso a Civita, scritta di suo pugno «Giunto così in alto, mentre vaghi per le vie di questo antico borgo, sii rispettoso della sua storia, ora fatta di silenzio di voci portate dal vento. Di fiori che sono la vita, abbi cura».

N come Narrazione

Anche nelle mostre d’arte presenti nel festival, si può vedere la centralità non delle singole opere, ma di un progetto narrativo strutturato. È così per l’esposizione di Manfredo Manfredi (disegnatore della sigla del Carosello, candidato all’oscar con Dedalo) a Palazzo Alemanni, o per quella di Virgilio Villoresi alla Casa di Pinocchi, una “grotta etrusca” dove azionare le opere attraverso interruttori. E lo è certamente per la mostra diffusa per i muri della Città di Ram Devineni, che narra una storia di abusi e sopraffazione nell’India più disperata.

O come Officina Bonelli
La Bonelli è un’entità astratta, ma i suoi disegnatori no! Infatti hanno messo in piedi l’Officina Bonelli, altra casa privata aperta a tutti dove realizzano disegni da regalare al pubblico. È incredibile il fiume di persone che li stanno a guardare mentre lavorano, e i ragazzi che vanno a chiedere consigli. Quello che si concede di più è il mitico Giorgio Santucci, che improvvisa una lezione di fumetto ai ragazzi in piazza. «L’anca, vedi che qui è troppo dritta? – dice a uno studente della scuola di Roma – attento perché è dall’anca che dai il tratto a un personaggio, è da lì che distingui l’uomo dalla donna. E poi le bocche, chiudile così, da sotto, non da sopra». Mentre assistiamo a una sua lezione, ci disegna un Dylan Dog con tanto di dedica per Rolling. E noi ce lo prendiamo.

P come profondità
«Questo mondo è diverso da quello dell’arte contemporanea, che spesso è provocatorio ma fine a se stesso – mi dice Luca Raffaelli – qui si provoca pochissimo, è attraverso la profondità che passa il lavoro dei disegnatori. Guarda Mara Cerri…». Verissimo. Mara Cerri fa venire la pelle d’oca: ci ha messo due anni per fare un’animazione di 8 minuti, fotografando disegno per disegno con una tecnica particolare. Forse da Mara Cerri, più che dagli altri, si capisce che la passione (profonda) è davvero il motore di questo mestiere.

Q come quattrocentomila
I visitatori che l’anno scorso ha registrato Civita. In sette anni, mi spiega il Sindaco, si è passati da 40.000 a 400.000 visitatori, rendendo Civita il Borgo con il più alto incremento di turisti in Europa. È servito a dare preziosità alla Città anche il biglietto d’ingresso che si paga per entrare nel borgo, 1,50 €.

R come rete

Le star di youtube esistono anche tra gli animatori. Una di queste è Sio, emerso proprio dalla rete e divenuto un punto di riferimento in pochissimo tempo. A Civita spiega come nascono (in pochissimo tempo) i suoi corti animati. Il suo linguaggio e la sua tecnica sono l’esatto opposto, per tempi e maniere, di quelli di Mara Cerri, ma non sono meno interessanti. Andate a cercarvi le sue cose su youtube, sono da spanciarsi.

S come Salvavita Beghelli

Leo Ortolani è sicuramente quello che raccoglie più pubblico. La sala è strapiena, almeno 70 o 80 persone non riescono a entrare. Gli chiedono se ha dei blocchi, e lui spiega una nota fondamentale per capire il mondo dei fumetti «Non ho mai blocchi. Il mio unico blocco è quello di non avere il dono dell’ubiquità e di dover selezionare le cose da fare. Da questo punto di vista sono bulimico: vorrei fare tutto e mi hanno chiesto di tutto… Persino di fare l’opuscolo per il Salvavita Beghelli…». Storia vera, non era una battuta.

T come Texone
Texone, l’opera delle opere per i disegnatori di Tex. Ne sono usciti 30 dal 1948 a oggi. Dai primi di agosto è in edicola quello di Massimo Rutundo «sono 240 pagine, ci ho messo due anni lavorando solo a questo. C’è chi ci ha messo molto di più, perché Tex è complicatissimo: c’è una sceneggiatura analitica, l’azione è piena di arredi e scenografie complesse». Lo abbiamo sfogliato. Chapeau!

U come unastoria

Unastoria è il libro di un’altra super star dell’illustrazione passata per Civita, Gipi. Questo volume è stato il primo romanzo a fumetti ad arrivare tra i finalisti del Premio Strega, una posizione che ha cambiato, nel mondo letterario, la percezione di questa disciplina. Gipi racconta anche di quanto sia difficile guadagnare con questo mestiere: «in realtà quando ci sono le occasioni di guadagnare io scappo. Sono un campione a evitare i soldi! Pensa che un centro termale mi ha offerto 15.000 euro per un acquerello: è un anno che ho il blocco e non riesco a buttarlo giù». I blocchi a volte ci sono, capito Ortolani?

V come Valle dei Calanchi
Stare a Civita da l’opportunità di avere un punto di vista privilegiato, uno sguardo mozzafiato sulla Valle dei Calanchi. Su questo c’è poco sa scrivere. Andateci, è da provare.

Z come Zagor
Non il fumetto, che da 50 anni è tra i più seguiti in un mix tra western e fantascienza, ma Giuseppe Zagor Uzzeo. Un bellissimo bambino di due anni, figlio di Mauro Uzzeo, straordinario fumettista che ha chiamato suo figlio come uno dei suoi eroi. Esagerato? No. La passione e l’amore per qualcosa non possono mai essere esagerate. Più ce n’è, meglio è.

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