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Con il suo 'Sabrina', Nick Drnaso è il primo fumettista al Booker Prize

Nick Drnaso

Nick Drnaso

«Il termine “fake news” non esisteva, almeno non come lo intendiamo oggi, quando cominciai a lavorare al libro, verso la fine del 2014». Ve lo ricordate il mondo pre-bufale virali? Era tanto tempo fa, un’epoca che fa da sfondo a Sabrina, meraviglioso graphic novel dell’americano Nick Drnaso, classe ’89, in cui un fatto di cronaca abbraccia il crepuscolo della realtà condivisa.

Elogiato da Zadie Smith, Jonathan Lethem e Chris Ware, Sabrina (Coconino Press, 208 pagine a colori), parla di una donna scomparsa nel nulla, concentrandosi sui suoi cari: la sorella Sandra e il suo ex ragazzo Teddy, suo ex compagno di scuola e anonimo dipendente dell’esercito statunitense. Teddy comincia ad ascoltare programmi radio di controinformazione e retorica antiglobalista, che presto si occuperanno della scomparsa della sua amata. «All’epoca», spiega Drnaso, «avevo in mente le teorie cospiratorie che circolavano durante gli anni di Obama, che poi sono lo stesso tipo di storie che circolano sin dalla nascita di questo Paese».

È facile scorgere il fantasma di Alex Jones e InfoWars, la testata turbo-cospirazionista, anche se l’opera non è una mera denuncia delle fake news. È un racconto perfetto di vite minuscole nel Nord-Est degli Stati Uniti con la loro suburbia sconfinata. «L’idea iniziale era quella di una storia piccola e intima, in cui gli eventi più grandi che influenzano la cultura sono solo rumori lontani». C’è dell’aria viziata, in Sabrina, la si respira in ogni pagina riempita da Drnaso con griglie regolari e campiture di colori tenui, reticoli regolari che tanto devono al citato Ware.

Ma l’esito è qualcosa di nuovo, indipendente, “drnaso-iano”, per usare una parola impronunciabile. Ah, dimenticavo, Sabrina è il primo fumetto a entrare nella longlist del prestigioso Booker Prize, e gli ordini hanno mandato in difficoltà il suo editore statunitense. Ma son cose che succedono, con i capolavori.