'L'arte del buon uccidere' è la guida perfetta per liberarsi dagli intollerabili | Rolling Stone Italia
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‘L’arte del buon uccidere’ è la guida perfetta per liberarsi dagli intollerabili

Complottisti, lamentosi, integralisti: il nuovo libro di Piersandro Pallavicini elenca i rompiscatole di oggi e spiega come eliminarli. È un manuale per sopravvivere a questi tempi senza perdere la sanità mentale

‘L’arte del buon uccidere’ è la guida perfetta per liberarsi dagli intollerabili

Piersandro Pallavicini

Foto: Roberto Serra - Iguana Press/Getty Images

Se c’è una cosa che non sopporto sono quelli che al bar (dopo aver impiegato l’equivalente di un’era geologica per ordinare) passano dai tre ai cinque minuti buoni a mescolare con indefesso ritmo e costanza il loro, a scelta, caffè corto, lungo, americano, macchiato caldo o freddo con quantità variabile di latte (ovviamente senza lattosio e, altrettanto ovviamente, vegano) come se fossero venuti in possesso di una variante molecolare del saccarosio, o della saccarina se fanno finta di essere a dieta, talmente insolubile da richiedere quel continuo tintinnio, anzi no raschiamento del fondo del loro bicchiere e dei miei nervi. In realtà, ci sono anche altre cose che detesto visceralmente, tipo quando in aereo (quando gli aerei si potevano ancora prendere) ti disturbano o ti svegliano in continuazione per venderti biglietti della lotteria, se compagnia low-cost, o profumi e orologi, se compagnia high-cost. Oppure, quando qualcuno pensa di sapere già quello che stai per dire e ti interrompe sbagliando clamorosamente la previsione, e non venite a dirmi che questo è manterrupting, perché detesto questo comportamento in ugual modo da parte delle donne e degli uomini, ma detesto ancora di più i neologismi femministi e chi li usa. In ambito più casalingo, non sopporto chi schiaccia a metà il tubetto del dentifricio, chi lascia il tappo dello shampoo aperto e chi ha l’ardire di togliersi le scarpe per poi lasciare le stringhe sparpagliate fuori, causandomi uno strazio entropico inimmaginabile.

Si potrebbe giungere alla conclusione che io sia una persona particolarmente difficile e antipatica (e molti sarebbero d’accordo con questa conclusione), ma non è affatto così: è il mondo ad essere essenzialmente imperfetto e fondamentalmente pieno di esseri insopportabili. Il punto è che, però, fino ad adesso mi ero limitata al mio ruolo minore, seppure magistralmente interpretato, di portinaia lamentosa, fino a quando non ho letto l’ultimo libro di Piersandro Pallavicini, L’arte del buon uccidere (Mondadori), dove ci viene suggerita la perfetta, elegante e definitiva soluzione per debellare i rompiscatole dalla nostra vita: l’eliminazione. E non un’eliminazione codarda e superficiale, come il blocco su WhatsApp o la rimozione dalle amicizie di Facebook, no, un vero e proprio omicidio. Ma non uno di quegli omicidi passionali, fatti così senza pensare, d’istinto, no, perché “Prima di compiere il sacrosanto benché poco misericordioso atto, occorre studiare a fondo la tipologia e psicologia del rompiscatole che ci tormenta, per poi procedere alla sua eliminazione con grazia e intelligenza, utilizzando il metodo più consono”.

Non potrebbe trovarmi più d’accordo, nella vita bisogna essere organizzati, sempre, e affrontare in modo sistematico gli insopportabili che ci troviamo di fronte non solo è utile, ma assolutamente necessario. Così, con stile inconfondibile ed elegantissima ironia, ci vengono illustrate trenta categorie di candidati “eliminandi” rompiscatole con dettagliatissima descrizione della loro psicologia, modelli comportamentali, esempi di situazioni in cui ci potremmo trovare, indicatori e segnali per la loro corretta identificazione, che, se confermata, porta all’inevitabile uccisione del rappresentante della categoria. È importante la precisazione che non si tratta, come invece nella piccola esilarante raccolta dei Delitti Esemplari di Max Aub, di confessioni, ma di un vero e proprio manuale che, se fedelmente seguito, promette di salvare non tanto la nostra anima (che a un certo punto chissenefrega), ma la nostra sanità mentale grazie alla costante pratica e affinamento dell’arte dell’omicidio. Inevitabilmente, poiché nessuno, neanche chi scrive, è perfetto, qua e là, tra un’analisi e l’altra compaiono dei raptus, ma questo solo perché le eccezioni devono esistere anche nelle migliori organizzazioni e anche perché “Il Lei non sa chi sono io” o “Quelli che al cinema rispondono al telefono”, in fondo, un raptus se lo meritano tutto. E non si provi ad addurre scusanti del tipo che non lo stanno facendo apposta, perché “dovrebbero fare apposta a badare di non farlo”, appunto.

Non vi anticipo nulla sulle categorie di eliminandi, anzi no, solo una o forse due, massimo tre. “La Complottista paranoide scientifico-ossessiva”, che si identifica benissimo grazie alle sue fisse bio-organiche (senza avere idea di cosa sia il bio, o l’organico e senza essersi chiaramente mai chiesta dove siano tutte queste mele inorganiche, se tutte quelle organiche le ha comprate lei), anti-antibiotiche, contro-evoluzionistiche, quasi-terrapiattiste e soprattutto e sommamente anti-wifi, a causa del quale dice di sentire le proprie cellule disintegrarsi, una per una. Ecco, per l’esemplare di eliminanda in questione, dopo attenta analisi, viene suggerita una semplice modifica, previa consultazione con un elettricista esperto, di una quarantina di forni microonde, da impostare poi sulla modalità high per un tempo di quaranta minuti così, sì, le cellule della complottista si disintegreranno una per una, per sempre. Altra insopportabile categoria è quella de “Il Rigor mortis”, che, invece di rispondere il “bene” di cortesia alla domanda di altrettanta cortesia “come stai?”, ti risponde davvero, finendo in una deprecabile intersezione tra gli attaccabottoni e i malati immaginari, resi ancora più insopportabili dalla pandemia in corso grazie alla quale adesso si trovano anche quelli che dicono di avere tutti i sintomi degli asintomatici. Infatti, gli “Gli Svelati dal Covid-19” si meritano una casistica e, di conseguenza, un capitolo a parte del libro, ma basta, adesso veramente non vi anticipo più nulla.

Basti dire che in una società ormai soffocata dal politicamente corretto e dalla totale, patologica assenza di ironia (auto-ironia, in particolar modo), questo libro è un’imperdibile quanto indispensabile boccata d’aria per poter immaginariamente sfogarci non solo soffocando, ma anche investendo, avvelenando, gasando, infilzando i rompiscatole di questo mondo.