I momenti di una vita, a fumetti: ecco ‘Tutto bene (tranne il resto)’ di Claudio Marinaccio | Rolling Stone Italia
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I momenti di una vita, a fumetti: ecco ‘Tutto bene (tranne il resto)’ di Claudio Marinaccio

L'autore e illustratore ha pubblicato un nuovo racconto, intimo ed emozionante, che assomiglia a un album di ricordi che contiene ognuno di noi. E che abbraccia stretto dopo una giornata finita male

Claudio Marinaccio

Claudio Marinaccio, un autoritratto illustrato a opera dell'autore

Foto: Instagram

Un amico una volta mi disse che la cosa difficile della vita è capire quando fare le cose. Non voleva essere un richiamo dal pulpito del tipo, guarda che c’è un’età precisa per tutto, ma suonava più come un dare ai momenti della vita i giusti tempi.

Detta così sembra l’acme di un momento epifanico: una frase pronunciata in modo solenne, dopo una lunga camminata in un bosco o davanti allo spiazzo di una chiesa squadrata di periferia nell’aftermath di un funerale. Invece, se non ricordo male, eravamo seduti su un marciapiede davanti a un locale che serviva gli spritz a 3€, mentre all’interno qualche altro amico era andato a comprare delle patatine e stavamo decidendo cosa fare per cena. Quella frase non ha smesso di rimpallarmi in testa, non tanto per inquadrare meglio il futuro, quanto per rivedere al rewind alcuni momenti della mia vita.

È come quando scopri che il wrestling è “finto” o a scuola ti spiegano che il cielo non è davvero blu: ogni decisione più piccola e banale, come i momenti più significativi, sembrano avere dietro un respiro particolare, a volte più sommesso, altre più affannato. Però va a tempo: quello preciso di un triatleta, o di un’extrasistole.

Non so se aveva in mente qualcosa di simile Claudio Marinaccio quando ha scritto e disegnato il suo ultimo fumetto Tutto bene (tranne il resto) (Harper Collins), ma il risultato pare proprio un diario dei tempi: nove capitoli per altrettanti momenti di vita che hanno segnato il fumettista, classe ‘82.

Tutto bene (tranne il resto)

Foto: press

Nove acquerelli che tracciano i contorni di congiunture all’insegna del privato, trasformandoli in effigi pragmatiche di una generazione, anche se il senso è quello dell’universalità. Lo stadio, il vizio delle sigarette, i primi approcci con l’altro sesso, le birre infrasettimanali dopo i 35 anni, la vita all’estero, le ansie, i problemi alimentari. Una narrazione veloce come la palla che corre lungo un campo di calcio e sghemba come il ritorno sulla via di casa, ubriaco, dopo l’ennesima ultima birra con un amico.

Per entrare nel mood: nel primo capitolo, Claudio è un adolescente durante la metà degli anni Novanta. Al vecchio e freddo stadio Delle Alpi di Torino gioca la Juventus di Del Piero. Il giovane Marinaccio è accanto al padre che fuma una sigaretta dopo l’altra, colto da un raptus nicotinico. A quel punto Claudio, che ha costruito un lessico da 90 minuti di commenti tattici, imprecazioni ed esultanze, chiede al padre di poterne fumare una. Stretto tra la foga della sua Juve e dalla richiesta di un figlio adolescente, gliela passa. Una sottile e “figa” sigaretta, proprio come quelle che sono un accessorio sensuale e misterioso tra le labbra dei protagonisti del pantheon cinematografico del ragazzo. La sua prima sigaretta. L’ultima la spegnerà alla nascita del figlio. Passano gli anni. Cambia lo stadio – ora è il nuovo Juventus Stadium. Cambiano i protagonisti in campo – non più Del Piero ma Yldiz. Sugli spalti i maschi Marinaccio sono tre. Il figlio di Claudio chiede al papo una birra. La sua prima birra.

Claudio Marinaccio, dopo Trentatré raggi ionizzanti (Feltrinelli Comics, 2021), in cui aveva raccontato la scoperta di, e la vita con, con un rarissimo tumore maligno, sembra aver – per l’appunto – ripreso fiato, con la lucidità necessaria per guardare indietro nel tempo a quei momenti di straordinaria normalità, epici e impercettibili al tempo stesso.

Se Trentatré raggi ionizzanti era una catarsi, una pira purificatrice, Tutto bene (tranne il resto) è la legna che scoppietta nel camino. Un piccolo abbraccio dopo una giornata, e una vita, storta.