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I migliori romanzi sulla musica da leggere quest’estate

Da quelli che svelano i meandri del music business a quelli a quelli i cui personaggi si ispirano a rockstar realmente esistenti, eccone alcuni che vale assolutamente la pena leggere

SEA ISLAND,GA 1949: women sunbathes on the lounge chairs as she reads a book at Seal Island Resort in Georgia in circa 1949. (Photo by Ivan Dmitri/Michael Ochs Archives/Getty Images)

Le vacanze di tutti noi, quest’estate, promettono di essere più tranquille e stanziali di quelle degli anni precedenti: non ci sono più scuse, quindi, per non impiegarle sotto l’ombrellone – o stesi sull’erba di un alpeggio, o nella quiete della campagna, o coi piedi a mollo nella piscina comunale della vostra città – a leggere un buon romanzo. Meglio ancora se è ambientato nel mondo della musica. Ce n’è davvero per tutti i gusti, anche tra i titoli disponibili in italiano: da quelli che svelano i meandri del music business a quelli che prendono le mosse dalla collezione di dischi dei protagonisti, da quelli i cui personaggi si ispirano a rockstar realmente esistenti a quelli che mettono in scena le vicende di band fittizie. Eccone alcuni che vale assolutamente la pena leggere.

Nick Hornby “Alta fedeltà” (Guanda)

Impossibile non iniziare da questo grandissimo successo: uscito per la prima volta nel 1995, segue le (dis)avventure del trentacinquenne Rob Fleming, proprietario di un negozio di dischi a Londra. La sua vita privata è un disastro su tutti i fronti e gli affari non vanno molto meglio, ma aggrappandosi alle sue più granitiche certezze – ovvero alla sua sterminata collezione di dischi – cerca di tenere la barra dritta anche in mezzo alla tempesta. Portato al successo anche dal film del 2000, dal musical del 2006 e dalla serie tv del 2020, quest’ultima con il personaggio di Rob traslato in chiave femminile e interpretato da Zoë Kravitz, è ormai un classico imprescindibile per tutti gli amanti del connubio musica-letteratura.

Jonathan Lethem “La fortezza della solitudina” (Bompiani)

Liberamente ispirato all’infanzia e all’adolescenza dell’autore, il libro racconta la storia di Dylan Ebdus, un bambino che cresce negli anni ’70 in una zona di Brooklyn a maggioranza afroamericana. Dagli amici del quartiere scopre l’R&B, il rap e il funk, per poi immergersi nella cultura punk e new wave e diventare giornalista musicale (e no, tutto ciò non è uno spoiler, perché la trama nasconde ben altri segreti). Una vera e propria bibbia citazionista in cui dischi, fumetti, cinema e cultura hip hop si mescolano in maniera magistrale e surreale; anche in questo caso, dal romanzo è stato tratto un musical.

Jennifer Egan “Il tempo è un bastardo” (Mondadori)

Romanzo corale vincitore del Premio Pulitzer nel 2011, racconta tredici storie di personaggi le cui vicende sono strettamente intrecciate: discografici, ex rockstar, parenti di rockstar, produttori, uffici stampa e chi più ne ha, più ne metta. Quasi schizofrenico anche nel formato (c’è perfino un capitolo impaginato come un documento Powerpoint), oltre al Pulitzer si è aggiudicato anche un National Book Critics Circle Award, ed è incluso in buona parte delle liste dei migliori libri degli ultimi vent’anni stilati dalle principali testate letterarie.

John Niven “Uccidi i tuoi amici” (Einaudi)

Ambientato nel 1997, uno degli anni d’oro della discografia inglese, ha per protagonista il rampante A&R di una major britannica, disposto letteralmente a tutto pur di firmare una band o una popstar di successo. Irresistibilmente sarcastico e splatter, e proprio per questo sconsigliato ai deboli di stomaco, il romanzo ha una marcia in più perché Niven conosce bene ciò che racconta: ha lavorato per dieci anni come discografico, prima di diventare uno scrittore. Non a caso, molti degli stralci di comunicati stampa che fungono da interludio tra un capitolo e l’altro sono assolutamente reali. Dal libro è stato tratto un film.

Marlon James “Breve storia di sette omicidi” (Pickwick)

Nel 1976, poco prima delle elezioni e del mega concerto Smile Jamaica organizzato da Bob Marley per pacificare il paese, un commando armato si introduce nella sua villa sparando all’impazzata e ferendo lui, la moglie Rita e buona parte del suo staff. James parte proprio dalla ricostruzione di questa vicenda, assolutamente reale, drammatizzandola e immaginandone i retroscena: dipinge così un ritratto a tinte vivide della scena reggae giamaicana e dei suoi legami con la società e la cultura dell’isola, dagli anni ’70 ai giorni nostri.

Laura Barnett “Greatest Hits” (Bompiani)

Cassie Wheeler, una cantautrice folk di grande successo, arrivata ormai all’età di ritirarsi dalle scene decide di dare alle stampe un ultimo album: un greatest hits, appunto. Riflettendo sulle canzoni che vorrebbe inserire nella tracklist, ripercorre la sua vita, le epoche storiche e le correnti musicali che ha attraversato, gli errori che ha compiuto, i rimpianti e i successi di un percorso pieno e intenso. Laura Barnett ha scritto questo libro a soli 35 anni, dopo aver dato alle stampe il best seller Tre Volte Noi, tradotto in 25 lingue.

Nickolas Butler “Shotgun Lovesongs” (Feltrinelli)

Butler è considerato uno dei narratori più interessanti e credibili nel raccontare l’America rurale di oggi, e il personaggio che tratteggia, Leland, è un cantante country di grande fama. Il successo, però, non dà la felicità: l’unico scampolo di gioia che gli rimane è tornare, nelle pause tra un tour e l’altro, nel ranch che ha acquistato nel suo paesino natale del Wisconsin, Little Wings, ormai ridotto alla povertà e all’irrilevanza dopo la chiusura dell’industria che dava lavoro a tutta la zona. Lì vivono ancora i suoi amici d’infanzia, gli unici con cui riesce ad avere un rapporto sincero e non condizionato dallo star system, ed è proprio grazie al legame con loro che riuscirà a ritrovare un senso in una vita ormai vuota.

Lily Brett “Lola Bensky” (Edizioni E/O)

Ispirato alla vita dell’autrice, ex giornalista musicale e figlia di sopravvissuti all’Olocausto trapiantati in Australia, ha per protagonista Lola, reporter specializzata in musica rock e inviata a Londra negli anni ’60; alter-ego della scrittrice, conoscerà, intervisterà e incontrerà tutti i principali artisti della sua generazione. E mentre vive una vita in apparenza frivola e sfavillante, spettegolando con Janis Joplin, detestando cordialmente Jim Morrison, frequentando la casa di Mick Jagger e il camerino di Cher, fa i conti con l’angoscia e il senso di disperazione che le ha tramandato la sua famiglia.

Angie Thomas “On The Come Up” (Rizzoli)

L’autrice, afroamericana classe 1988, fa parte di quella generazione cresciuta con il mito di Tupac Shakur e con l’obbiettivo primario di fermare la diffusione delle armi da fuoco tra la popolazione urbana. On the Come Up è il suo secondo romanzo (bestseller in patria, come il primo, e di cui è in lavorazione un film). Segue l’ascesa di una giovanissima aspirante rapper, figlia di un rapper che prima di essere ammazzato a colpi di pistola era stato una leggenda dell’underground. Molto piacevole e godibile, ha come unica pecca la traduzione italiana, non proprio scorrevolissima e spesso imprecisa sullo slang e i termini tecnici: per goderselo davvero meglio leggerlo in lingua originale, se se ne ha la possibilità.

Ben Greenman “Fatti da parte” (Indiana)

Quando arriva in California in cerca di fortuna Rock Foxx è uno dei musicisti più promettenti della Summer of Love ma, dopo un esordio che lo fa entrare negli annali, sembra perdersi nei meandri della fama e della sregolatezza di quella stagione leggendaria, a rischio di cadere nell’irrilevanza e nella miseria. Suona familiare? Non è un caso: la trama è dichiaratamente ispirata alla vera storia di Sly, il geniale ma tormentato frontman di Sly and the Family Stone, ed è perfetta per immergersi nell’atmosfera di quegli anni.

Antoine Laurain “Rapsodia francese” (Einaudi)

Alain è un medico di mezza età e si trascina stancamente in una routine che si ripete identica giorno dopo giorno. Da giovane faceva parte di una band new wave che sembrava promettente, ma nessuna casa discografica aveva mai dato una chance al loro demo. O almeno così sembrava, perché un bel giorno riceve una lettera datata 33 anni prima, da parte di un’etichetta che proponeva loro un contratto: qualcuno li aveva notati, insomma, ma la missiva che avrebbe potuto cambiare tutto era andata persa nel sistema postale. In preda a una fulminante crisi di mezza età, si mette quindi sulle tracce degli altri ex membri del gruppo, con cui ha ormai perso i contatti. Ironico e dolceamaro, è consigliatissimo a chi vive di rimpianti.

Mauro Pagani “Foto di gruppo con chitarrista” (Rizzoli)

Il co-fondatore della PFM firma un romanzo autobiografico ambientato nella Milano di fine anni ’60 e inizio ’70, quando ai musicisti di talento bastava bazzicare sotto la Galleria del Corso, dove avevano sede le principali case discografiche italiane, o nei night sui Navigli, per sperare di trovare un ingaggio. Tra la speranza dei movimenti giovanili e la pesantezza cupa degli anni di piombo, ritrae un affresco generazionale in cui molti personaggi realmente esistiti sono riconoscibili agli occhi dei più attenti.

Giovanni Robertini “La solitudine di Matteo” (Baldini + Castoldi)

Matteo ha quarant’anni circa, vive a Milano, fa il consulente per una casa discografica e cerca di portare al successo giovani trapper; contemporaneamente, affronta la crisi della sua storia d’amore con la sua compagna storica e si arrovella con preoccupazione sull’ascesa di un politico di destra suo omonimo, che per puro caso era anche un suo compagno di scuola. Una trama a tratti un po’ surreale ideata da un giornalista e autore che avete incrociato anche sulle pagine di Rolling Stone, negli anni.

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