I club del libro sono solo una moda? | Rolling Stone Italia
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I club del libro sono una gran cosa, ma non fateli diventare l’ennesima moda

Se vi sembra che tutti i vostri amici facciano parte di un book club, non siete voi: è che una pratica radicata nella società italiana sta flirtando con la moda. Ne abbiamo parlato con Chiara Faggiolani, Professoressa di Biblioteconomia

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Foto: Ashim D'Silva su Unsplash

Anche i vostri contatti social sono improvvisamente diventati esperti di libri, lettori accaniti, critici vivaci? Negli ultimi due anni, il mondo on (e off) line sembra aver riscoperto la lettura e questo è un bene, in linea di massima, persino se c’è qualcosa di insolito nella sua forma, che devia dal consumo ristoratore di un buon libro sulla spiaggia o nel vagone di un treno e lo rende improvvisamente accessorio fashion, status symbol, il centro di un evento di moda o la nuova iniziativa di una cantante.

Secondo la prima mappatura dei gruppi di lettura mai avvenuta in Italia, svolta dal Laboratorio di Biblioteconomia sociale della Sapienza (BIBLAB) e supportata dall’Associazione Degli Editori Indipendenti e il Centro per il Libro e la Lettura, in Italia nel 2025 sono presenti 1.253 gruppi di lettura, in corso nell’ambito di biblioteche e librerie. Un numero corposo, se pensiamo che dal conto sono escluse le tantissime altre forme di book club con cui abbiamo familiarizzato, come l’iniziativa dell’amica dell’amica che indice un gruppo di lettura a casa sua ogni giovedì del mese o quel Silent Book Club a cui siamo capitati e dove ci hanno fatto chiudere il telefono in una box per qualche ora, in un tentativo un po’ autoritario di disconnessione.

Oggi il mondo della lettura gode di nuova attenzione, proprio perché sta ripensando la propria forma: da una dimensione singola si sposta su quella collettiva. Potrebbe essere una conseguenza del fatto che leggere da soli o, meglio, ritagliarsi un momento per leggere da soli è percepito come talmente complesso da dover fissare un appuntamento con la lettura, proprio nello stesso modo in cui ci prestabiliamo di andare a un corso di yoga durante la settimana o di fare una visita dal dentista. Probabilmente dipende anche dall’evidenza che, per concentrarci davvero, abbiamo bisogno di farlo insieme ad altre persone, un po’ come facevamo per i gruppi di studio.

Senza dubbio questo impulso è un po’ nostrano e un po’ aspirazionale verso le tendenze anglosassoni. Nel 2024, il New York Times parlava dell’ascesa dei book bar: non semplici librerie, ma caffè e ristoranti che invitano a sedersi e leggere senza preoccuparsi di dover consumare ripetutamente o lasciare il posto al cliente successivo. Esperienze utili per creare così un “terzo spazio”, ovvero un luogo di ritrovo della comunità, che non sia casa né ufficio, e che permetta di passare il tempo in socialità senza dover investire (troppo) denaro.

La lettura ha trovato una nuova dimensione, con il valore aggiunto di potersi trasformare in un’occasione sociale, creare connessioni dal vivo e incontrare persone con cui, se si trovano lì in quel momento, c’è buona probabilità di condividere le stesse passioni. Ma perché sta succedendo proprio ora, proprio in questo momento storico di crisi dell’editoria, in cui le statistiche suggeriscono che la popolazione tralasci la letteratura in favore dei social o delle serie tv?

Ho chiesto a chi la materia la studia da anni: Chiara Faggiolani, Professoressa di Biblioteconomia presso il Dipartimento di Lettere e Culture Moderne dell’Università di Roma La Sapienza, dove dirige il BIBLAB e il Master in Editoria. A settembre 2025, Faggiolani ha pubblicato Libri insieme: Viaggio nelle nuove comunità della conoscenza, una sorta di ricerca etnografica in cui descrive questa piccola rivoluzione e le esperienze alla sua base, che hanno fatto del libro e della lettura uno strumento di connessione e innovazione sociale.

«I gruppi di lettura non sono un fenomeno nuovo e questo è importantissimo sottolinearlo, perché oggi vedo che, in molti contesti, se ne parla come di una novità assoluta. In realtà i gruppi di lettura nella loro forma attuale, in Italia, esistono già da almeno da 30-40 anni», spiega Chiara Faggiolani, sfatando il primo pregiudizio verso questo approccio alla lettura come di una moda improvvisa e passeggera. «Quello che sta accadendo è che questi gruppi stanno sicuramente aumentando, in più se ne parla non più come uno strumento di promozione della lettura, ma come un dispositivo, un progetto. Se c’è un problema di solitudine si ricorre al gruppo di lettura, se c’è un problema di rigenerazione urbana si ricorre al gruppo di lettura, se c’è un problema di frattura generazionale si ricorre al gruppo di lettura. La lettura condivisa è percepita come qualcosa che si lega alla qualità della vita».

Faggiolani mi fa notare come, guardando ai dati ISTAT sulla lettura di libri, la percentuale d’italiani che legge almeno un libro all’anno dal 2000 al 2023 è rimasta più o meno stabile, poco sotto al 40%. È interessante che in questi 25 anni il numero di lettori non sia cambiato moltissimo dato che, nel frattempo, abbiamo visto moltiplicare le loro possibilità di intrattenimento, da Netflix a TikTok. Almeno per quanto riguarda l’editoria legata ai libri, sarebbe più corretto dire che «le difficoltà dell’editoria ovviamente ci sono, ma abbiamo bisogno di raccontare il cambiamento, non solo di etichettarlo come una crisi».

Uno dei fattori principali secondo cui abbiamo rimodellato il nostro rapporto con la lettura – e per via di cui abbiamo sentito l’esigenza di sviluppare e aderire alla dimensione del book club e affini – è il modo in cui viviamo il tempo libero. Per fare un esempio pensiamo ai podcast, un prodotto di consumo culturale che hanno il grande vantaggio di poterne usufruire mentre si fa altro: si guida, si cucina, si scrolla Instagram. I podcast lasciano intatto il nostro senso di ubiquità, del poter fare tante attività diverse strizzate nello stesso istante, proprio come siamo abituati a fare per tutti gli ambiti della nostra vita. I libri, invece, richiedono uno sforzo di concentrazione totale e univoco, esattamente come succedeva 100 anni fa. Spiega Faggiolani: «Si è insinuata nel concetto di tempo una logica di performance, per cui quando parliamo di tempo, se tu ci pensi bene, usiamo parole legate al mondo della finanza. Il tempo lo “risparmiamo”, lo “investiamo”. Sembra quasi che una persona che non fa niente stia sprecando il tempo, ma magari in quel momento sta pensando, riflettendo. Si è innescata una logica di questo tipo anche nella lettura».

Far diventare la lettura un proposito collettivo si inserisce in questa visione del tempo. Leggo, ma incontro persone. Mi fermo e mi concentro, ma poi posso riutilizzare la mia conoscenza per fare aggregazione. Arricchisco la mia conoscenza, ma ho modo di farlo diventare uno status symbol. «Questo contribuisce a riabilitare l’aspetto della desiderabilità della lettura: leggiamo perché ci piace, ma le dinamiche di lettura socializzata rendono ancora più evidente questo scatto verso la condivisione dell’esperienza. Se consideriamo la lettura come strumento per essere parte di qualcosa, la nostra percezione cambia, il valore aumenta», aggiunge Faggiolani.

Il potere trasformativo della lettura e dell’esperienza dei book club va, ovviamente, oltre l’ingrandimento del nostro ego e Faggiolani mi racconta perché, in definitiva, è un’attività da tutelare ed espandere: «Scientificamente, la lettura rafforza l’area del cervello dedicata all’empatia. In più l’istruzione, formale e informale, come può essere appunto la lettura di un romanzo, è uno dei pochissimi elementi che determina la mobilità sociale in Italia. Il fine di avvicinare più persone alla lettura è il benessere, andare contro la logica dei pavimenti appiccicosi».

Riusciranno effettivamente i club letterari a diventare ancora più capillari, sostenibili anche per chi li organizza e dedica tempo all’attività, spesso in maniera totalmente volontaria? È una domanda aperta a cui, per rispondere, bisogna rifarsi a un concetto di educazione alla lettura che sia strutturale, conclude Chiara Faggiolani: «Se vogliamo veramente ragionare sulla lettura in un modo un po’ diverso, abbiamo bisogno di ripensarla insieme, facendo in modo che tutte le piccole e grandi esperienze che ci sono in Italia possano incontrarsi, conoscerci e scambiarsi idee».

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