E se la società che conosciamo svanisse da un giorno all’altro? | Rolling Stone Italia
qui e ora

E se la società che conosciamo svanisse da un giorno all’altro?

È la provocazione di Murata Sakaya e del suo romanzo 'Vanishing World', portato in Italia quest'anno da Edizioni E/O. Il quale presenta una società senza sesso né relazioni romantiche e sembra una distonia. Quando invece...

Murata Sakaya

La scrittrice Murata Sakaya

Foto: X

Vanishing World è stato pubblicato in Italia ad aprile da Edizioni E/O, ma Murata Sayaka l’ha scritto e presentato in Giappone un decennio fa, nel 2015. Persino prima di quel La ragazza del convenience store che l’ha resa famosa in tutto il mondo, con oltre un milione di copie vendute in patria e il riconoscimento letterario più prestigioso del Paese, il Premio Akutagawa.

Per chi non la conoscesse, Murata Sayaka è una scrittrice nata nel 1979 nella prefettura di Chiba. Estremamente prolifica, Sayaka è amata dalle generazioni digitali perché i suoi libri corti, distopici e socialmente impegnati funzionano benissimo anche per chi ha una soglia dell’attenzione piuttosto bassa – o poco tempo da dedicare alla letteratura. La sua scrittura semplice ma pungente, grottesca e realistica, rende i lavori di Sayaka dei piccoli saggi spontanei, dove le riflessioni si mescolano in modo denso alla trama. In altre parole: brevi libri ideali per essere tradotti in ancora più brevi video del BookTok.

Murata Sakaya

Foto: press

Vanishing World si inserisce perfettamente in questo filone, perché immagina un Giappone contemporaneo in cui il modello di famiglia viene rielaborato e distrutto, la riproduzione avviene solo per inseminazione artificiale, così che anche gli uomini ne possano favorire. Va da sé che il sesso e il concetto di coppia, come li conosciamo noi, tendano a sparire. La narrazione parte quindi dall’allarmante calo delle nascite in Giappone, dalla necessità di ripensare i ruoli sociali di genere e costruisce un mondo che più sembra di fantasia, più appare reale.

Per chi ha dimestichezza con la letteratura di Sayaka sa che questi sono temi ricorrenti, che affollano la mente della scrittrice in maniera ciclica, chiedendo ogni volta di essere trattati e analizzati da capo. E che prendono forma nella storia di vita di un personaggio, o meglio di una protagonista, sempre diversa, ma affine alle sue compagne. Volendo tirare il filo di una definizione, potremmo dire che il corpus letterario di Sayaka sembra un unico libro espanso, che si interroga sulla normalità imposta da una società che poi così normale non è. «Fingevo di comportarmi come pensavo che una bella donna dovesse comportarsi, con un eccesso di femminilità, ma è stata un’esperienza orribile. Mi sentivo come se avessi perso la volontà», ha detto Sayaka a proposito della sua adolescenza in un’intervista al Guardian, con una frase che potrebbe tranquillamente essere stata pronunciata da una delle sue protagoniste.

Amane è il personaggio principale di Vanishing World ed è proprio la sua ostinata volontà, la costante ricerca e definizione del sé, del proprio istinto, a muoverla per tutto il romanzo, mentre la società attorno a lei ripensa compulsivamente i propri confini. «Volevo verificare com’era fatto il mio istinto», ripete quasi come un mantra Amane, mentre la seguiamo fin da quando è bambina a quando diventa una donna di circa quarant’anni. Il primo grosso spaesamento di Amane è scoprire che «il mondo giusto» di cui le ha sempre parlato la madre, ovvero quello in cui due persone si innamorano e fanno figli attraverso il sesso, è in realtà una pratica considerata antiquata e disgustosa. A scuola Amane impara che, durante la Seconda Guerra Mondiale, la scienza ha introdotto la riproduzione attraverso l’inseminazione artificiale e che, anche se lei è stata concepita attraverso un rapporto sessuale, tutti i suoi coetanei sono in realtà frutto del processo medico. Il sesso per fini riproduttivi è solo un retaggio del passato – infatti a ogni persona viene impiantato un contraccettivo fisso – perciò non c’è più necessità di un amore di tipo romantico tra moglie e marito, che diventano componenti della famiglia con un rapporto che può essere assimilato a quello tra genitori e figli, o fratelli.

In Vanishing World, Sayaka descrive il legame tra Amane e l’uomo che sarà il secondo marito come quello tra un umano e un animale domestico: vicinanza, quotidianità, ma nessuna promiscuità. Tant’è che, quando il primo marito proverà ad avere un rapporto sessuale con Amane, lei lo definirà come un incesto e chiederà il divorzio. L’amore romantico, o sessuale, esiste solo al di fuori del sistema famiglia. «L’amore è solo un passatempo delle parti basse», riflette Amane, mettendo spesso masturbazione e sesso sullo stesso piano.

Eppure, mentre il sesso e la coppia sembrano diventare meno rilevanti all’interno della società, la cui priorità è piuttosto la conservazione della specie, Amane sviluppa la consapevolezza di essere diversa dagli altri. A lei il sesso interessa, le interessa studiarlo, farlo: «Se nel mio corpo si fosse manifestata un’eccitazione in disaccordo con l’ordine del mondo mi sarebbe toccato vivere trascinandomi quel fardello. Volevo a tutti i costi conoscere la verità, anche la più cruda. Volevo verificare com’era fatto davvero il mio istinto, quello che non mi era stato instillato da mia madre né modellato per adattarsi al resto del mondo».

Così Amane comincia a fare sesso fin da bambina, in controtendenza assoluta con la maggior parte dei suoi coetanei: «Volevo continuamente testare la mia eccitazione, di una forma così diversa da quella di “innamorarsi e fare figli” inculcatami da mia madre». Una frase che, nel contesto già distopico del libro sembra astratta, ma è forse la descrizione più accurata del modo in cui i giovani contemporanei vivono (o non vivono) la propria sessualità: apertamente in contrasto con le norme sociali di qualche decennio fa, più per scoprire il proprio piacere che per la procreazione. Osservando il nostro mondo dalla dimensione sicura di Sayaka viene spontaneo chiedersi: concentrare in una sola persona, in un solo nucleo, la responsabilità romantica, di condivisione burocratica, della casa, delle spese, di procreazione e cura della prole, non è forse di per sé una pretesa utopica e insostenibile?

Così Sayaka stacca il concetto di amore romantico da quello di famiglia, apre alla possibilità del poliamore o meglio dell’anarchia relazionale. Moglie e marito frequentano i propri fidanzati e fidanzate e spesso escono tutti insieme, che si tratti di persone in carne e ossa oppure di personaggi d’immaginazione.

Sì, perché un altro fenomeno contemporaneo che Sayaka affronta in Vanishing World è quello dell’attrazione verso personaggi di fantasia. Il termine corretto è fictofilia e negli ultimi anni abbiamo imparato a familiarizzarci, dato che i media si sono affollati di notizie sensazionalistiche riguardo a persone che si sposano con un personaggio anime o via dicendo. Amane colleziona nel corso della sua vita circa 40 fidanzati del mondo dei cartoni animati – o dell’Aldilà, come lo chiama lei – e crede fermamente nel valore di quei rapporti. «Se oggi sono così è perché mi sono innamorata di loro. Sono stati fondamentali affinché io assumessi la forma attuale, e lo saranno per sempre», risponde Amane piccata quando un’amica le fa notare come i personaggi dei cartoni animati «sono solo strumenti creati apposta per farci eccitare e sperimentare uno pseudo-amore».

Dal realistico, il racconto di Sayaka si spinge sempre più in là nell’immaginare la prossima evoluzione della società. In questo senso, Vanishing World non è semplicemente un racconto distopico: è il tentativo di indovinare quale sarà il nostro futuro. La risposta che si dà Sayaka è quella di una realtà in cui anche il nuovo sistema di famiglia comincia a vacillare: «Eravamo in un’epoca in cui ci si sposava soprattutto per motivi razionali, come avere figli, sostenersi a vicenda a livello economico o avere chi si occupasse delle faccende domestiche così da potersi concentrare sul lavoro. Naturalmente c’era anche chi sceglieva il matrimonio perché desiderava avere qualcuno accanto, ma in quel caso sempre più persone preferivano vivere insieme a un amico o un’amica».

Poi continua: «Guardandomi attorno mi rendevo conto che le persone coniugate erano in continua diminuzione. Pochi giorni prima avevo sentito al notiziario che la percentuale di trentenni che avevano sfiorato il fatidico sì era appena il 35 per cento». E qui vale la pena comparare la finzione alla realtà. In Italia, secondo i dati ISTAT al 1° gennaio 2018 (ultima rilevazione con dettaglio per età pubblicata), la quota di trentenni sposati (25-34 anni) ammonta al 19,1 % per gli uomini (contro il 51,5 % nel 1991) e al 34,3 % delle donne (contro il 69,9% nel 1991). È interessante notare come, leggendo Vanishing World, siamo portati a pensare come distopico un dato che, in realtà, è assolutamente concreto.

Da questo punto in poi, Vanishing World fa un ulteriore passo in avanti e presenta la città sperimentale di Chiba, autoproclamata Eden, in cui la società si mette alla prova con una nuova struttura. «Nella città sperimentale di Chiba il sistema Famiglia è stato abolito. Le persone generano e crescono bambini secondo un nuovo sistema […]. Una volta l’anno, il 24 dicembre, il computer seleziona i residenti da inseminare in simultanea. […] Le nascite sono controllate alla perfezione in modo da non far né aumentare né diminuire in modo drastico la popolazione».

In questo nuovo mondo, anche gli uomini possono portare avanti una gravidanza, grazie all’impianto di un utero artificiale, e i bambini nati dalle inseminazioni sono figli della comunità, non del singolo. Tutti vengono chiamati Mamma e hanno il solo compito di trasmettere affetto ai bambini allevati in Centri specifici che si occupano di vitto, alloggio e istruzione fino ai 15 anni, ovvero l’età in cui, a loro volta, i bambini possono essere sottoposti a inseminazione. Ma non è tutto qui: nella città sperimentale, le persone sono incoraggiate a vivere da sole, perché «mantenere i concetti di coppia o di famiglia avrebbe turbato l’ordine pubblico, e qualsiasi relazione affine era considerata inaccettabile».

Quando Amane si trasferisce nella città sperimentale è colta da un misto di curiosità e spaesamento, orrore e comprensione. La protagonista riflette: «Fino a un attimo fa la famiglia non era la nostra preziosa religione?». E il secondo marito le risponde «Il mondo sta cambiando forma, cerca di rincorrerci perché noi stessi siamo mutati, tutto qui». Così nonostante l’orrore iniziale per quei kodomo-chan (così sono chiamati i bambini della collettività) «conformi e omologati», Amane si assuefa presto alle abitudini della città: comincia a vivere in solitudine, smette di innamorarsi e di cercare relazioni sessuali. L’unico retaggio del mondo passato è la masturbazione, ma anche quella viene presto etichettata come sporca, tanto che per sfogare in maniera funzionale questa necessità, nella città cominciano a diffondersi le Clean Room, dove smaltire il desiderio sessuale al pari di una deiezione.

La più grande scoperta di Amane è che abituarsi a questo nuovo sistema non è poi così complesso: «Tutti i mondi erano normali quasi all’inverosimile. Tanto che questo aspetto più di ogni altro mi pareva anormale». La riflessione più interessante arriva così: «Iniziando a procreare concretamente in un impianto sociale diverso si cominciava a vedere la Famiglia come un mero modello di riproduzione animale tra tanti. Anche se il sistema Eden fosse culminato in un fallimento, avevamo imparato che c’erano molte altre opzioni». E questo è forse il cuore del libro di Sayaka: aprire gli occhi su un modello di società che noi percepiamo come immutabile e dogmatico, ma che è in costante cambiamento.

Sayaka fa pronunciare a un’infermiera quest’altra frase dalla dimensione profondamente femminista: «Quello che mi teneva legata ai bambini che ho partorito con dolore era sì un forte amore, certo, ma soprattutto un istinto che faceva comodo al resto del mondo». Una sorta di famiglia collettiva, in cui la responsabilità della procreazione, o per meglio dire della non estinzione della specie, grava sulle spalle di tutti in maniera quasi indistinta è forse l’ultima evoluzione per la liberazione della donna? Sayaka sembra suggerirlo come un’ipotesi di cui però nemmeno lei è convinta fino in fondo. «Qualsiasi sistema adotti il mondo, ci sarà sempre un po’ di gente che si sentirà a disagio, e io ho l’impressione che la percentuale sarà grossomodo sempre la stessa» dice in maniera oggettiva Amane durante l’ultima grande discussione con la madre, simulacro di un mondo di tradizioni ormai obsoleto.

In questo sistema che continua a cambiare e che fa sentire l’individuo sempre a metà strada, nemmeno il sistema Eden, alla fine, si dimostra perfettamente funzionale. Quando Amane sembra aver assorbito il nuovo mondo, l’istinto prende il sopravvento e resuscita quella parte animale in contrasto feroce con l’aspirazione a una società tecnologicamente perfetta e avanzata decretandone, in un certo, senso, il fallimento. «Chiunque sia dotato di vita è un mostro. Anch’io. Tutto qui».

Altre notizie su:  Murata Sakaya Vanishing World