Che cosa ci dicono i libri di Nick Cave della crisi che stiamo vivendo | Rolling Stone Italia
Libri

Che cosa ci dicono i libri di Nick Cave della crisi che stiamo vivendo

Rileggere storie e appunti del musicista per capire che quando “le parole si rifiutano di fare il loro dovere” dobbiamo sforzarci di osservare il mondo in modo diverso

Che cosa ci dicono i libri di Nick Cave della crisi che stiamo vivendo

Nick Cave a metà anni '90

Foto: Dave Tonge/Getty Images

C’è solo silenzio. Il silenzio da settimane ha invaso le città, spazzando via ogni cosa. E mentre il mondo reale si spegne nella quiete, la rete esplode di streaming che danno voce a chiunque abbia qualcosa da dire (e anche a chi no). Proprio riflettendo sulle reazioni alle difficoltà legate alla pandemia, Nick Cave ha scritto nei Red Hand Files il suo manifesto: nessuna diretta, nessun evento speciale. Non una fuga dalla realtà, bensì una presa di posizione: «Eccoci costretti a isolarci, a restare vigili, a stare in silenzio».

Del resto, risposte a una crisi mai affrontata dal mondo come lo conosciamo ancora non esistono. Almeno, non esiste alcuna risposta solida da parte di un artista – e intellettuale – con uno sguardo così ancorato nelle profondità dell’individuo come quello di Nick Cave. Così, quando tutto è immobile, arriva il momento di pensare.

Sfogliando i suoi libri, è possibile trovare qualche indicazione sul percorso da seguire. In particolare, sono due romanzi e un diario di viaggio a ricordarci che niente sarà come prima: che la musica, così come la letteratura e ogni forma d’arte, sono più radicate nelle nostre vite di quanto spesso pensiamo. Che abbiamo un impegno fondamentale in questo periodo, artisti, intellettuali, ciascuno di noi: iniziare a osservare il mondo con uno sguardo inedito.

“La morte di Bunny Munro”: niente sarà come prima

Quella raccontata in La morte di Bunny Munro è la storia di un mostro, la discesa in una spirale perversa al ritmo di un linguaggio sublime, musicale. Proprio dalla musica arriva la prima immagine che è un forte rimando al presente: “i timidi violoncelli sono spariti e al loro posto c’è un forte violino stridulo”. Ecco quanto sta accadendo: il mostro non è tanto, o almeno non solo, un virus invisibile, ma soprattutto quel cambiamento a cui ciascuno di noi va incontro ed è costretto ad affrontare. E sono due gli aspetti di cui tenere conto: quel passato recente ormai da dimenticare e la sensazione disarmante di trovarci faccia a faccia con noi stessi, le nostre paure.

Se non consideriamo emozioni e stati d’animo di ogni individuo, è impossibile comprendere un’intera struttura sociale, è una lezione di Olga Tokarczuk, scrittrice e premio Nobel. Lo è soprattutto nei momenti di rottura, quelli in cui la fragilità travolge il singolo per arrivare a tutta la società. Ecco perché l’introspezione diventa fondamentale.

“Le parole si rifiutano di fare il loro dovere e continuano a separarsi, riordinarsi, accapigliarsi, decodificarsi, insomma a fare casino, così ci rinuncia e sente un fungo atomico di acido esplodergli nello stomaco e salirgli in gola”, scrive Nick Cave. E in molti, oggi, notano questo fenomeno, una mancanza di concentrazione, la fatica di concedersi qualche svago: l’arte sembra non bastare, non sempre, non più.

“E l’asina vide l’angelo”: se arte e vita non si parlano

Ci sono filosofi che dichiarano di non riuscire a concentrarsi e lettori appassionati che non riescono a leggere più di qualche pagina: perché questa crisi? L’arte, in ogni sua espressione, non è certo un concetto astratto: crea momenti di aggregazione, rappresenta in modo tangibile valori in cui credere, segna il famoso stacco tra dovere e piacere. Questo in una condizione di vita che in queste settimane è sospesa e si limita a respirare entro quattro mura.

Arriva qui un altro libro di Nick Cave, un’opera visionaria di furia, ferocia e solitudine come può essere E l’asina vide l’angelo. “Ancora oggi mi chiedo come ho fatto a sopravvivere nel periodo in cui ero bloccato nella cassetta della frutta”, racconta il protagonista. Già, come ci si rapporta a questa cassetta della frutta che sembra l’attuale stato di isolamento perpetuo? Il bisogno di narrare storie è uno dei tratti comuni di tutte le culture. In questi giorni, le storie che leggiamo spesso sembrano distanti, i libri parlano di un mondo che, come in un gioco di specchi deformanti, non è riconoscibile.

Se il passato è indispensabile per capire il presente, è anche vero che, nei momenti decisivi della storia, c’è bisogno di una una lettura nuova: “Tutto intorno a me il mondo sembrava bisognoso di attenzioni”, si legge ancora nel libro. E ancora, “sopra la collera, sopra lo strepito, sopra il tuonare fragoroso di tutti gli angeli”: c’è bisogno, mentre siamo fermi, di leggere con uno sguardo inedito il nostro quotidiano e allargare la visione su una scala più ampia, oltre il quartiere, persino oltre gli Stati.

Da autore, lo stesso Nick Cave, sempre nei Red Hand Files, definisce la scrittura di un romanzo o di una canzone “un atto di autoindulgenza appartenente a un’epoca passata”, un modo per nascondersi dall’attualità. Perché, prima di raccontare, è necessario capire.

“The Sick Bag Song”: gli artisti, rabdomanti di verità

Rileggere un diario di viaggio, dove si parla di lontananza e straniamento, del ruolo dei confini nelle nostre vite, può essere utile. Tanto più se l’autore scrive che “senza preavviso sono sopraffatto da un preciso tipo di dolore, gonfio e denso nel petto, un tipo di dolore riservato alla perdita di qualcosa che è a tempo stesso assolutamente prezioso e del tutto illusorio, e gli occhi mi si riempiono di lacrime che si riversano sulle guance”.

La letteratura è una di quelle cose che difficilmente si ferma: gli scrittori imprigionati, per scelta o costrizione, sono innumerevoli, molti hanno raccolto le loro idee anche sprovvisti del necessario per scrivere. Nei suoi giorni di reclusione, per fare un esempio, Antonio Gramsci non si dedica solo ai Quaderni dal carcere, ma anche a opere come le Favole di libertà, per i suoi figli: riflette sul presente e allo stesso tempo evade oltre i muri spogli della cella. Eppure la situazione attuale sfugge. Ci ha colti di sorpresa, ricordandoci da un giorno all’altro la fragilità in quanto esseri umani, la precarietà di un ordine che sembrava immutabile da almeno un paio di secoli, l’esigenza di cambiamento e l’importanza delle nostre connessioni.

“Non lasciate che vi dicano che non ci sono mostri. Non lasciate che vi facciano sentire stupidi, solo perché siete felice di giocare nel buio con la vostra torcia. Il misticismo dipende da voi e alla vostra tolleranza dell’assurdo. Siate forti, miei cari, e abbiate fede!”, si legge in The Sick Bag Song.

Vedere il mondo con occhi nuovi è davvero un atto rivoluzionario, il più creativo. Crollati i vecchi paradigmi, il ruolo di un artista e di un intellettuale è questo: soffermarsi a pensare, guardare nell’abisso, raccontarcelo e qualche volta costruirci un rifugio. Come ha fatto, del resto, Nick Cave per tutta la sua carriera.

“Ho capito che non è facile essere delle brave persone a questo mondo”, osserva Bunny Munro. Forse però questo è il momento. Forse, dopotutto, tra la speranza di essere migliori e il dubitare di cambiare, accettare il semplice fatto di essere diversi è possibile. Finirà il silenzio, tornerà quella musica che svelerà il nostro sguardo su un mondo nuovo.

Altre notizie su:  Nick Cave