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«Preferisco il suono del silenzio», storia dell’eremita ultimo erede di Toscanini

Da otto anni l'ultimo discendente del direttore d'orchestra passa le giornate con capre e galline, dissodando terreni e ammirando il panorama della montagna in totale solitudine. «Toscanini? Non l'ho mai ascoltato»

Mentre l’Italia teme di tornare a chiudersi fra le quattro mura domestiche dopo l’aumento di positivi per Covid, c’è chi il lockdown lo ha scelto come stile di vita. Alessio Toscanini, 42 anni, vive da eremita in un paese totalmente abbandonato sulle montagne di Bogli, un borgo a 1.100 metri dell’alta val Boreca proprio in mezzo a quattro province: Pavia, Alessandria, Genova e Piacenza. Da otto anni trascorre le sue giornate pascolando capre e accudendo galline e dissodando terreni aspri per ricavarne ortaggi (soprattutto patate) e godendo di un panorama mozzafiato. Tutto in totale solitudine in un paese completamente abbandonato e con una strada che alle prime nevicate lo isola dal resto del mondo.

La sua storia, però, non è rilevante solo per la scelta di fuggire dalla città, Voghera, dove aveva un lavoro e una famiglia, ma anche per il cognome che porta. Alessio, infatti, è uno degli ultimi discendenti di Arturo Toscanini. Non solo, visto che a pochi passi dalla sua abitazione sorge ancora la casa degli antenati di quello che diventerà uno dei più grandi direttori d’orchestra di tutti i tempi.

Quest’ultima circostanza è risaputa, anche se poco nota al grande pubblico. Fu lo studioso Ettore De Giovanni, che sulla base di documenti ritrovati nei libri parrocchiali del Duomo, scoprì verso la metà degli anni ‘40 che Claudio Toscanini, padre di Arturo, nacque il 23 gennaio del 1833 a Cortemaggiore (Piacenza). È però nella frazione di Bogli di Ottone, sempre nel Piacentino, che vide la luce Pietro Toscanini, il bisnonno del Maestro nel lontano 19 maggio 1769. La caratteristica costruzione di montagna dove affondano le radici dei Toscanini è ancora lì, come allora, rivolta verso la vetta dell’Alfeo e nel piccolo cimitero riposa Antonio Toscanini (cugino e quasi coetaneo del Maestro) morto ad 88 anni il 2 agosto 1954 e i cui lineamenti tradiscono la forte somiglianza con l’illustre Arturo. Per cui Alessio, a ben vedere, non ha fatto altro che tornare alle sue origini.

Una strada di Bogli di Ottone

«Mi piacciono gli animali e la montagna», premette quando gli chiediamo chi glielo ha fatto fare mentre ci porta a spasso per le vie in pietra del borgo. Certo è che una scelta così estrema non può essere dettata solo da queste motivazioni. «Non mi manca la gente, anzi, quando in estate tornano alcuni che hanno la casa per le vacanze e poi se ne vanno non sento la nostalgia. Niente di personale – precisa – ma da solo ci sto bene». Il vero motivo, però, è più profondo e, se vogliamo, anche affascinante. E cioè, riportare il paese ormai spopolato agli antichi splendori: «Vorrei creare un agriturismo, dove mangiare i prodotti del territorio, così come riportare in funzione il vecchio mulino per l’acqua e mettere in sesto le vigne che da troppo tempo sono lasciate andare». Insomma, questo ragazzo apparentemente in fuga dalla civiltà, ha solo l’ambizione di valorizzare un territorio che in tanti, in primis la politica, dicono di voler aiutare ma che, invece, trascurato a più riprese.

E qui entrano in gioco i problemi. Che, come spesso accade, sono più burocratici che sostanziali. «I primi tempi avevo a disposizione dei fondi annuali da Impresa Verde-Coldiretti, ma un giorno sono arrivati dei funzionari a controllare l’erba dei pascoli e me li hanno tolti dicendo che era troppo alta. Solo che non hanno tenuto conto che io sono da solo e con poche capre, per cui non era possibile rientrare negli standard». Non da meno è una questione spinosa la strada che conduce a Bogli, particolarmente dissestata e che necessita di manutenzione continua. Anche in questo caso, Alessio si è preposto di lavorare direttamente al ripristino ma il Comune, a quando pare, «preferisce chiamare ditte esterne spendendo migliaia di euro, quando io sono qui e so benissimo quello che serve ogni giorno». Stesso discorso per i ponti (e sappiamo che pericolo rappresentino in Italia) «con i piloni erosi dalle piante» e i canali «pieni di detriti, quando piove le conseguenze si vedono più a valle». Si potrebbe continuare a lungo. D’altronde, Alessio è un po’ come l’ultimo dei Mohicani e davanti a sé vede sgretolarsi roccia dopo roccia una realtà che un tempo si basava proprio sul rimboccarsi le maniche, darsi una mano a vicenda e dove regnava il buon senso e non gli interessi politico-economici: «Se ci fosse un po’ di aiuto dalle istituzioni si potrebbero fare tante cose, anche creare lavoro».

Eppure, nonostante tutto, questo 42enne si avvia al suo ottavo inverno in solitaria senza esitazioni con la speranza che, prima o poi, qualcosa cambi. E nelle sue lunghe e impegnatissime giornate – «perché qui qualcosa fa fare c’è sempre, gli animali non vanno in vacanza» – non ha voglia neppure di farsi accompagnare da un po’ di musica. «Arturo Toscanini non l’ho mai ascoltato – ammette – preferivo il liscio e prima ancora, quando ero in città, la musica da discoteca». Ma in fondo, come dargli torto, quando di fronte a te hai costantemente la miglior opera d’arte che esista, la natura: «Il paesaggio è stupendo, in particolare quando nevica. Si fa tutto bianco e muto. Ecco, forse quello che preferisco è il suono del silenzio».

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