Mr. Wany: «John Lennon incarnava il concetto di pace» | Rolling Stone Italia
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Mr. Wany: «John Lennon è un’icona, un simbolo. Incarnava il concetto di pace»

‘Nowhere Boy’, l’opera che ha donato alla campagna di Rolling Stone ‘IMAGINE’, è ispirata al lato più psichedelico dell’ex Beatle: «È un ritratto ironico e colorato che parla del suo periodo giovanile»

Mr. Wany: «John Lennon è un’icona, un simbolo. Incarnava il concetto di pace»

'Nowhere Boy', di Mr. Wany. Tecnica mista su carta da acquerello canson 300gr. 30,5x23 cm

«Mi sono ispirato alla ballata scanzonata Give Peace a Chance, facendo un ritratto ironico, colorato e psichedelico di John», dice Mr. Wany di Nowhere Boy, l’opera che ha donato per IMAGINE, la campagna di Rolling Stone in cui l’arte sostiene l’arte (per maggiori informazioni cliccate qui).

Mr. Wany, all’anagrafe Andrea Sergio, è uno scenografo, fumettista, illustratore, grafico, designer e art director di Brindisi. Dopo il diploma al liceo artistico della sua città, si è specializzato alla “Scuola Internazionale di Comics” di Roma, poi si trasferisce a Bologna per fare l’art director di Dynit, una delle case editrici più importanti del mondo del fumetto giapponese. È uno dei massimi esponenti italiani della cultura hip hop – ha anche fatto il produttore musicale e il talent scout – e dello style writing italiano. Da quindici anni organizza “Amazing Day”, uno degli eventi di cultura hip hop più longevi della penisola. Qui racconta la prima volta che ha ascoltato la voce di John Lennon, come mai si è ispirato al lato più psichedelico della sua carriera, perché il mondo dell’arte italiana rischia ancora troppo poco.

Quando senti pronunciare le parole “John” e “Lennon” una di seguito all’altra qual è il primo pensiero o ricordo che ti viene in mente?
Penso alla mia infanzia ed al mio primo approccio alla musica. Ho ascoltato la prima volta John Lennon con i Beatles nella seconda metà degli anni ’80, avevo meno di 10 anni.. Ero a casa dei miei cugini che erano più grandi di me ed avevano dei vinili di Beatles, Doors, Led Zeppelin, Pink Floyd, Black Sabbath, Iron Maiden… è anche grazie a questi dischi e ai primi anime giapponesi come Ufo RobotGoldrake ho iniziato ad interessarmi al disegno. All’epoca preferivo un sound più hard, ma mi aveva colpito molto la loro originalità, poi nel tempo John ha rappresentato molte altre cose: l’impegno politico, l’arte, fino a incarnare il concetto di pace.

Se lo osservi attraverso il filtro della storia, chi è John Lennon oggi?
John Lennon rimane un’icona, un simbolo, un punto di riferimento, la lotta per i diritti umani e contro le discriminazioni sessuali e razziali, tutti i fondamenti del vivere in pace.

Raccontaci l’ispirazione dell’opera che hai donato.
Quando penso a John Lennon la testa va immediatamente al più grande inno alla pace mai scritto nella musica che è il brano Imagine, al suo carattere rivoluzionario e al suo impegno politico che lo rende, ancora oggi a 40 anni dalla sua morte, l’artista più solido forse mai esistito: ha lasciato un segno indelebile non solo nella storia della musica, ma anche nella vita e nella cultura di tanti di noi. Mi sono ispirato alla più scanzonata ballata Give Peace a Chance, facendo un ritratto più ironico, colorato e psichedelico di John. Pensando anche al film Nowhere Boy, che parla del suo periodo giovanile, ho preso il nome dell’opera che secondo me si adatta perfettamente alla sua personalità. Da artista so quali sono le difficoltà nel portare avanti una propria idea senza farsi inquinare da tutto ciò che ti circonda, so quanto sia importante il confronto e la solidarietà fra le persone, ci fa crescere, stare bene, ci rende migliori e permette di dare un senso a un mondo nel quale altrimenti ci sentiremmo sempre incompresi e fuori luogo.

Come hai legato la tua visione artistica al progetto IMAGINE?
Il mio background artistico inizia più o meno a fine anni ’80, quando giravo in skate e iniziavo a strimpellare il basso in un gruppo metal mai uscito dal garage, gli Hatmans. Poi nell’estate del 1990, avevo solo 12 anni, iniziai a dipingere i primi muri con l’Aerosol Art ed affacciarmi alla cultura Hip Hop e al fenomeno Posse. Fra il ’93 e il ’94 scrissi una strofa per un pezzo intitolato Combatti per la Pace e dipingemmo su un muro: “No alla guerra di Colore”. Malgrado la distanza, le idee erano e sono tutt’oggi allineate con il pensiero del nostro John Lennon.

Raccontaci dove ti “trovi” attualmente, dal punto di vista personale e artistico
Come puoi vedere sul mio sito o sulla mia pagina Instagram, io lavoro molto e in diversi campi. Ancora oggi mantengo viva la matrice della strada con lo style writing, la street art e il nuovo muralismo, ma le influenze sono sempre state molteplici, così come le esperienze: gli studi di fumetto, l’illustrazione, la grafica pubblicitaria e il Tattoo per approdare poi alla pittura su tela, che è il mio lavoro a tempo pieno dal 2006. Oggi a 42 anni credo di essere a metà strada di un percorso ancora molto lungo che ha molte sfaccettature e nel quale mi sono lasciato influenzare da diverse contaminazioni e sperimentazioni. Sto scrivendo il mio primo libro autobiografico, raccoglierà i miei primi 30 anni di produzione e uscirà a dicembre 2021. Finire questo libro significa poter passare a un secondo step, un nuovo inizio di ricerca, un percorso lento di approfondimento come le mostre personali che sino ad oggi ho realizzato e che sono di fatto dei veri progetti di studio: “25colpi”, “Uno di loro”, “Semiotic of bboying”, ”Deep Trip”, “Ephemeral Beauty” e “Interiora”. Sono tutte dei percorsi, delle serie che non si concludono con il vernissage, anzi, più che delle mostre personali sono il palesamento di alcune ricerche visionarie, dei tributi che non dimentico mai di pagare a chi mi ha ispirato… esattamente come faccio oggi con Lennon.

Qual è lo stato di salute dell’Arte? E quello della tua arte?
L’idea che mi sono fatto è che in Italia si rischia poco, si segue un po’ la moda, si soddisfa un pubblico nella maggior parte dei casi superficiale, fortunatamente non sempre. Il mio mercato è per il 50% all’estero. Anche in Italia ci sono dei collezionisti molto seri, ma non sono tantissimi quelli che seguono la corrente dalla quale provengo. In Europa e all’estero, oltre a essere un po’ meno legati alla pittura classica, sono anche forse più preparati sui temi che la mia generazione e chi ha un background simile al mio tratta. Io mi sento comunque fortunato a poter fare quello per cui sono nato: creare, distruggere e ricreare ancora dipingendo. Auguro a tutti il meglio immaginando un futuro migliore. Peace

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