Le unioni civili in Italia oggi (dopo la legge Cirinnà) | Rolling Stone Italia
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Le unioni civili in Italia dopo la legge Cirinnà

Lo scorso 13 gennaio, il Consiglio dei Ministri ha approvato i decreti attuativi della legge che regolamenta le unioni tra persone dello stesso sesso. Nella giornata in cui si celebra l’amore, abbiamo fatto il punto sulla questione con Cathy La Torre, avvocata, giurista e attivista LGBTQ

Le unioni civili in Italia dopo la legge Cirinnà

Nichi Vendola e il compagno Ed Testa, divenuti papà del piccolo Tobia Antonio nel 2016

Sono tre i decreti legislativi – ai quali il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera esattamente un mese fa – mirati ad attuare la legge Cirinnà, approvata dal Parlamento nel maggio scorso. Puoi spiegarci cosa è cambiato, in concreto, per le coppie di persone dello stesso sesso?
Intanto il cambiamento essenziale è che finalmente, per la Legge e lo Stato, le coppie formate da persone dello stesso sesso esistono. Questo riconoscimento si sostanzia nella possibilità di contrarre una unione civile che garantisce alle coppie diritti e doveri in parte analoghi a quelli delle coppie sposate. Non è certamente il matrimonio, ma è un primo passo verso l’equiparazione di tutte le forme di amore.

Restano ancora delle differenze sostanziali rispetto all’istituto del matrimonio. Ad esempio, perché per le coppie di fatto non esiste l’obbligo di fedeltà reciproca? Oppure, perché il partner “debole” di una coppia sposata ha diritto al mantenimento, mentre quello di una coppia di fatto ha il solo diritto agli alimenti in casi di estrema necessità?
La scelta del Legislatore è stata quella di riconoscere dei diritti alle coppie omosessuali, ma allo stesso tempo di marcare una differenza netta con il matrimonio. Da questa scelta è dipeso che il ddl Cirinnà evidenzi dei punti discutibili, come quelli che hai citato e che ci fanno ritenere la mediazione un ribasso “accettabile”. Come a dire, piuttosto che niente, meglio piuttosto. Ma siamo ancora ben lontani dal matrimonio egualitario.

Il ddl Cirinnà sulle unioni civili, per poter essere approvato dal Governo Italiano, è stato stralciato di importanti diritti, come ad esempio la stepchild adoption, fortemente contrastata dai paladini della famiglia tradizionale. Considerando lo stato attuale della questione, pensi che ci sia la possibilità di ridiscutere a breve l’eventuale adozione dei figli del coniuge per le coppie dello stesso sesso?
Lo stralcio della stepchild adoption, ovvero la possibilità che un partner adotti il figlio biologico dell’altro partner, è senz’altro l’aspetto che rende la legge sulle unioni civili sostanzialmente monca. In Italia, infatti, serve una legge che non solo garantisce le coppie omosessuali, ma anche le famiglie omogenitoriali che con questa legge restano completamente escluse dal riconoscimento giuridico. A giudicare da quanto è stato acceso il dibattito politico durante la discussione del ddl Cirinnà, non penso che esistano le condizioni per discutere, nel breve periodo, una modifica della legge sulle adozioni. Anche se ritengo che fra poco tempo la Giurisprudenza, che ha già riconosciuto in molti casi l’adozione del figlio dell’altro partner anche in coppie omosessuali, imporrà di fatto una modifica della Legge Cirinnà.

Nel 2017, la legge 164, che regolamenta il cambio di sesso, compie 35 anni. Fu un’iniziativa all’avanguardia, che oggi però appare quasi obsoleta. In che modo si potrebbe migliorare?
Intanto va detto che la Legge 164 nel 2015 ha subito un importante avanzamento grazie a una sentenza della Cassazione: adesso viene riconosciuta la possibilità di cambiare il nome e il sesso anagrafico anche alle persone Trans non completamente operate. Questa è da considerarsi una rivoluzione, se si pensa che quasi la metà delle persone Trans non sono “operate”. Dunque l’auspicio è che le Legge 164 possa essere modificata così da rendere sempre più agevole il cambiamento del sesso per le persone con disforia di genere, ovvero coloro che si riconoscono nel sesso opposto a quello di nascita.

Attualmente, nel caso in cui dopo la rettificazione di sesso i coniugi manifestino la volontà di non sciogliere il matrimonio, quest’ultimo si trasforma automaticamente in unione civile tra persone dello stesso sesso. Mi sembra una grande conquista per una nazione che è sempre stata molto vicina al vaticano.
Più che una conquista della politica è ancora una volta un’imposizione che arriva dalla Giurisprudenza. Nel 2014, infatti, è stata la Corte Costituzionale a evidenziare che è del tutto incostituzionale imporre il divorzio alle coppie sposate in cui uno dei coniugi cambi sesso. La legge Cirinnà si è giustamente adeguata al dettame della Corte Costituzionale, dando la possibilità a una coppia sposata in cui uno dei coniugi abbia cambiato sesso di scegliere, se lo vogliono, di contrarre automaticamente una unione civile.

In paesi anglosassoni come la Gran Bretagna, i curriculum con foto vengono immediatamente cestinati perché presuppongono discriminazioni basate su razza e aspetto, mentre in Italia, ai colloqui, i datori di lavoro possono chiedere a una donna se è fidanzata e assumerla (o meno) in base alla risposta, per tutelarsi da eventuali maternità non gradite. Pensi sia solo uno degli ultimi retaggi di una cultura fortemente sessista oppure la situazione, in questo paese, non accenna a migliorare?
Penso sia la conseguenza di una politica miope: la gestione del mercato del lavoro spetta anche alla politica, che se non sceglie di frenare o modificare alcune prassi, non fa altro che avallare le peggiori discriminazioni. Lo vediamo dal fatto che in alcune aziende si sono già dotati di curriculum “neutri”, scegliendo di selezionare in base a fattori come il merito e l’esperienza dei candidati e non in base al loro sesso o alla loro provenienza. Si tratta anche d’investire in un’ottica di diversity management, cioè di valorizzazione delle diversità in ambito lavorativo. Nei paesi dove ne hanno fatto una pratica virtuosa i risultati si sono misurati anche in aumento della produttività.

Ormai da anni lavori per promuovere l’uguaglianza. A tuo parere, quali sono le forme discriminatorie più diffuse in Italia? Svolgendo la tua professione, riscontri grandi differenze tra nord e sud, tra città e provincia?
Certamente nel corso della mia professione ho visto migliaia di casi di discriminazioni, le più diffuse basate sull’origine etnica. Ma anche l’omo/transfobia è diventata un fenomeno la cui diffusione spaventa.

 

 

Cathy La Torre vive a Bologna dove svolge l’attività di avvocata, giurista e consigliera comunale. Da anni lavora per combattere ogni forma di discriminazione. Co-fondatrice del CESD – Centro Europeo di Studi sulla Discriminazione e Vice Presidente del MIT – Movimento Identità Transessuale, ha fondato il primo sportello legale nazionale per i diritti delle persone LGBTQ. Ha ideato e promuove il Festival delle Differenze – European Festival of Diversities and Antidiscrimination. Alla sua attività professionale ha sempre affiancato l’attivismo politico, da prima come militante del movimento LGBTQ e, dal 2010, come coordinatrice provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà. 

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