La psilocibina è davvero il futuro della medicina? | Rolling Stone Italia
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La psilocibina è davvero il futuro della medicina?

Studi recenti hanno dimostrato che la molecola alla base dei funghi allucinogeni potrà aiutarci a combattere depressioni e dipendenze. Ne abbiamo parlato con Tommaso Barba, ricercatore dell'Imperial Collage di Londra

La psilocibina è davvero il futuro della medicina?

Foto: Artur Kornakov

Ci sono voluti oltre sessant’anni prima che si potesse tornare apertamente a parlare e – soprattutto – a studiare gli psichedelici. In questi ultimi anni infatti abbiamo assistito ad un importante cambiamento di paradigma nei confronti delle molecole psichedeliche; nuovi studi e ricerche, oltre a pubblicazioni più pop e divulgative di libri, riviste e podcast, hanno ridato luce a molecole finora dimenticate scoprendo che, in realtà, l’oscurantismo di questi anni non ha fatto altro che rallentare il progresso scientifico.

Tutto infatti è cambiato pochi anni fa, nel 2016, quando lo scienziato inglese Robin Carhart-Harris ha potuto mostrare al mondo gli effetti dell’Lsd sul cervello umano tramite tecniche di neuro-imaging. Andando contro la falsa propaganda che ha colpito l’Lsd a partire da fine anni ’60, il cervello fotografato dal ricercatore inglese all’Imperial College di Londra era magnificamente attivo, un turbinio di connessioni neuronali che andavano ben oltre le normali attività celebrali. Da quel momento, la storia degli psichedelici è cambiata.

In passato vi abbiamo raccontato delle terapie con gli psichedelici a base di Lsd (qui) e ayahuasca (qui), ma ancora non avevo indagato la più promettente delle molecole psichedeliche, la psilocibina. Per farci spiegare il funzionamento della terapia psichedelica a base di psilocibina abbiamo contatto Tommaso Barba, giovane ricercatore (e unico italiano) all’Imperial College di Londra parte del team di ricerca dello stesso Carhart-Harris. Perché la psichedelia può davvero essere il futuro del nostro benessere.

Partiamo dalle basi: cos’è la psilocibina?
È la molecola attiva dei funghi allucinogeni. Ha effetti praticamente indistinguibili dall’Lsd, ma una minore durata medi del trip (6 ore invece di 8) ed è una molecola che non si porta dietro un bagaglio negativo come l’lsd, associata alla controcultura, le proteste anti-guerra americane. C’è un’accettazione culturale più facile per la psilocibina. È la molecola d’onore del rinascimento psichedelico.

Però all’interno degli studi immagino che non si consumino direttamente i funghi.
La psilocibina che utilizziamo è sintetizzata da case farmaceutiche per avere dosaggi controllati per gli studi. Ha gli stessi identici effetti. Inoltre così passa una serie di controlli farmaceutici necessari per la ricerca accademica e clinica.

Come spiegheresti – a chi non sa bene di cosa stiamo parlando – una terapia con la psilocibina?
Può essere concettualizzata come un intervento chirurgico nella psiche di una persona. La terapia psichedelica può portare a cambiamenti nel paziente perché e in grado di toccare nel profondo l’identità di una persona, di come crede di essere e di come percepisce le persone attorno a sé. È molto differente dal prendere una pillola tutti i giorni a casa aspettando che i sintomi migliorino: qui i pazienti prima ricevono un ciclo breve di psicoterapia in cui vengono preparati alla sessione con la psilocibina, poi la seduta viene fatta in giornata, in clinica, dove il paziente assume queste capsule in una stanza preparata per l’occasione.

E come funziona nello specifico?
La seduta avviene in una stanza studiata per dare un senso di positività e rilassamento (setting) al paziente. Si viene accompagnati da due terapeuti, solitamente un uomo e una donna per cercare di dare un bilanciamento di supporto a chi attraversa queste esperienze molto intense. Si sta sdraiati sul letto, con una mascherina sugli occhi e delle cuffie con una playlist di musica tendenzialmente classica pensata per seguire il trip (l’ascesa, il peak e l’atterraggio). La musica aiuta il paziente ad entrare nel proprio inconscio e avere la possibilità di rivivere e riaffrontare ricordi drammatici, di affacciarsi alle proprie paure e ai propri problemi, sempre con l’aiuto degli psicoterapeuti.

Perché il punto è che la psilocibina, in questo senso, facilita a confrontarsi con dei traumi personali, giusto?
C’è l’opportunità di andare a risolvere dei groppi emotivi importanti invece che sopprimerli o diminuirli di intensità con i farmaci che vengono comunemente descritti. Dopo la seduta, c’è un altro ciclo di psicoterapia in cui i pazienti creano un senso a queste esperienze.

Foto: Imperial Collage

Parlando in precedenza con Federico Di Vita, curatore del saggio La scommessa psichedelica, è emerso un tema importante: non tutte le persone sono predisposte naturalmente a queste sostanze.
Nei nostri studi, come in tutte le ricerche, ci sono degli screening molto restrittivi. In questo stadio si cercano pazienti non estremamente complicati in modo da poter isolare i vari fattori. Si evitano pazienti con multiple diagnosi psichiatriche, ma tendenzialmente si scelgono coloro che hanno diagnosi più “pure”. I pazienti non devono avere disturbi psicotici o disturbi bipolari o altre condizioni che possono compromettere l’alleanza con il terapeuta che si deve formare prima delle sessioni.

Ci sono dei possibili rischi riconosciuti?
Qualche rischio – ma è una mia opinione – esiste, ma non è ancora del tutto studiato. I rischi possono essere dati in caso di pazienti con una predisposizione a psicosi o a disturbi nell’ambito psicotico che possono essere slatentizzate dalle esperienze psichedeliche. Altri rischi possono essere legati alla mancanza di supporto psicologico prima, dopo e durante l’esperienza, portando chi la assume a non essere in grado di integrare il vissuto nella vita di tutti i giorni. Negli studi fatti fino ad ora non si è visto quasi nessun effetto negativo. La psilocibina è una sostanza sicura, che non crea dipendenza e che non arreca danni ai neuroni. Non è tossica. L’esperienze, certo, sono intense, emotivamente drenanti, e le persone spesso piangono rivivendo ricordi spiacevoli. Queste terapie non sono una passeggiata. Possono essere belle, positive, spirituali ma anche emotivamente negative; avere un’esperienza complicata durante un trip però porta ad un miglioramento dei sintomi successivo, questo perché la gente ha la possibilità – magari dopo d’anni in cui non ha avuto il coraggio – di affrontare i propri demoni e sconfiggerli. Le emozioni che cerchiamo di sopprimere a tutti i costi non scompaiono dalla coscienza per magia, ma al contrario crescono e ribollono nel nostro inconscio, indirizzando la nostra vita in direzioni che non vorremmo.

Facciamo un passo in più dentro la questione scientifica. Cosa succede al nostro cervello quando assumiamo psilocibina?
Da un punto di vista neuroscientifico il nostro cervello agisce creando dei modelli della nostra realtà sia a livello percettivo che astratto. Per esempio, quando osserviamo l’ambiente circostante, ad esempio una stanza, ci appare in un certo modo sia perché riceviamo un’informazione visiva di un certo tipo, sia perché abbiamo un modello creato dal nostro cervello che dà una forma a questo input percettivo. Noi sappiamo, ad esempio, che le mura delle nostre abitazioni sono fondamentalmente dritte, che le ombre cadono in un certo modo sugli oggetti, questo perché nella vita abbiamo imparato a percepire il mondo in un certo modo e vediamo le cose come ci aspettiamo di vederle. Questo accade sia a livello percettivo che a livelli molto più astratti, come quelli che definiscono la nostra identità e le narrazioni personali che ogni secondo attraversano la nostra mente. Tutti questi processi avvengono in maniera completamente inconscia, spesso illudendoci che ciò che pensiamo o percepiamo corrisponda alla realtà ultima delle cose, quando in verità non lo è. Gli psichedelici, quando assunti, rendono il cervello più plastico, stimolando la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di cambiare ed adattarsi in risposta ad un ambiente in continuo flusso e cambiamento. Quando si assume lo psichedelico, il cervello – da cristallo solido che resiste al cambiamento – è come se venisse messo sul fuoco per poter essere forgiato, diventando più flessibile e malleabile. Il cervello è quindi forgiato dalle intenzioni del paziente e dallo psicoterapeuta che cercano di dare una direzione a questo cervello iperplastico, in un certo senso come quello di un bambino. Utilizzando questa capacità durante lo stato acuto spesso si riesce a cambiare la narrazione disfunzionale dei pazienti che definiva il loro disturbo precedente.

Immagino sia questa la motivazione che renda la psilocibina molto adatta a trattare depressioni e dipendenze.
In disturbi come la depressione, gli stati d’ansia e le dipendenze, il nostro cervello a causa di eventi traumatici grossi o a seguito di una progressiva traumatizzazione che avviene nel corso della vita si canalizza in direzioni sbagliate, disfunzionali che ci portano a percepire il nostro mondo in maniera estremamente pessimista. Nella depressione, ad esempio, i pazienti spesso credono di non essere meritevoli d’amore o debbano essere destinati a soffrire tutta la vita o hanno eccessive ruminazioni sul futuro che vedono in maniera distorta e negativa o come il passato che viene percepito in maniera negativizzata. Nelle dipendenze il cervello si canalizza verso uno strumento che dà un piacere momentaneo per scappare da un dolore esistenziale che non si ha il coraggio di affrontare. L’anno scorso è stato pubblicato un nuovo studio sugli effetti della psilocibina sul cervello di pazienti affetti da depressione. Cio che è stato trovato e che la psilocibina e in grado di incrementare l’integrazione globale dell’attivita cerebrale dopo alcune settimane dall’assunzione, molto dopo che gli effetti della sostanza sono svaniti. Per spiegarmi meglio, l’integrazione globale dell’attivita cerebrale è un indice di quanto l’attivita cerebrale e coordinata ed interconnessa. Immagina che il tuo cervello sia come una squadra di calcio, in cui le possibilita di vincita sono tanto maggiori quanto ogni membro del team e in grado di collaborare effettivamente con gli altri. Quando l’attivita di alcune parti del tuo cervello diventa troppo dominante ed eccessivamente separata dal resto è quando i problemi possono sorgere… come se uno dei giocatori nella squadra si mettesse a giocare a golf dal nulla nel mezzo del campo, portando tutto il team verso un collasso generale.

Quando si parla di psichedelici spesso si fa riferimento al DMN. Cos’è?
Il DMN, o Deafult Mode Network, è una serie di aree cerebrali che regola il nostro senso di sé, quindi i nostri modelli astratti di cui parlavo prima. Durante lo stato psichedelico diminuisce il funzionamento del DMN e si viene a creare un senso di coscienza molto flessibile, aperto, in cui le persone riportano questa esperienza di dissoluzione dell’io in cui spesso si sentono un tutt’uno con l’universo e perdono il senso di separazione tra se stessi e l’ambiente circostante, spesso accompagnati da sensazioni profonde di amore e connessione universale. Queste esperienze di dissoluzione profonda hanno spesso connotati definiti come mistici e spirituali dai pazienti, ed hanno molte similitudini con stati di meditazione profonda ed esperienze di estasi religiosa. Quello che è stato osservato in vari studi clinici è che queste esperienze di picco spesso sono un fattore chiave per il successivo miglioramento dei sintomi depressivi, e sono indicate tra i pazienti come le piu profonde della loro vita, simili alla nascita di un figlio o alla morte di una persona cara come livello di intensita e significato personale.

Così l’assunzione di psilocibina potrebbe sembrare un processo passivo mentre come dicevi è fondamentale che il paziente sia aperto e attivo al cambiamento, giusto?
Il paziente deve essere disposto al cambiamento, ad abbandonare i propri pensieri passati per una configurazione nuova della propria persona. La tendenza a tornare a comportamenti precedenti spesso è molto forte e quindi serve una componente attiva oltre al reboot farmacologico per far sì che i cambiamenti si cristallizzino in una nuova definizioni di se stessi. Avere un atteggiamento passivo nei confronti delle molecole psichedeliche, e sperare che facciano tutto da sole senza essere pronti a cambiare attivamente la propria vita, solitamente porta a miglioramenti di breve durata ed un ritorno veloce agli stati depressivi precedenti.

Quali sono gli studi più promettenti legati alla psilocibina?
Oggi ci sono almeno 200 trial differenti nel mondo che stanno testando la capacità terapeutica degli psichedelici in quasi tutti i disturbi psichiatrici. Si è visto che gli psichedelici possono avere una capacità di trattamento transdiagnostica che va al di fuori di un singolo disturbo. Ci sono trial molto differenti su depressione, anoressia, dipendenze, PTSD, disturbo ossessivo compulsivo, dolore cronico, bipolarismo. Le ramificazioni sono molte. I punti più avanzati riguardano la depressione (siamo sulla strada per l’approvazione) e dipendenze da alcool e fumo.

Foto: Imperial Collage

Come sta rispondendo il settore farmaceutico di fronte ai risultati di questi studi?
Fino a qualche anno si parlava di un certo scetticismo farmaceutico, ma ora l’interesse è estremo rispetto ad una decina di anni fa. Ci sono quasi 200 start-up che stanno cercando di portare gli psichedelici sul mercato. Il valore generale del mercato degli psichedelici oggi è valutato circa tre miliardi di dollari. Non è ancora molto, ma dimostra un interesse crescente.

Un tema infatti è quello dei brevetti. Essendo la psilocibina una molecola presente in natura non è possibile brevettarla: questo non la rende molto appetibile per le case farmaceutiche. È reale il rischio di trovare sul mercato molecole leggermente differenti proprio per questa ricerca del brevetto e del guadagno?
Ci sono una serie di controversie nel settore. Finora sono state create delle patenti farmaceutiche su molecole come la psilocibina utilizzando delle versioni cristallizzate con composizioni differenti da quelle che ci sono in natura ma che hanno effetti praticamente identici. Questo per ottenere investimenti finanziari per finanziare la ricerca clinica sulla sostanza. Uno studio di tre fasi per approvare un farmaco come la psilocibina per uso medico costa centinaia di milioni di dollari. Le patenti farmaceutiche permettono di creare interesse da un punto di vista economico. Le controversie riguardano il fatto che sembra che queste molecole abbiamo effetti identici a quelli presenti nei funghi in natura e una volta approvate queste molecole non si potranno più utilizzare a livello farmaceutico e ospedaliero i funghi cresciuti in natura, ma solamente queste molecole. Ci sono tanti settori coinvolti e tutti hanno pareri differenti.

C’è il rischio che succeda quanto avvenuto con ketamina e esketamina, ovvero che si brevettino pillole “svuotate” dal lavoro valore psichedelico?
Sicuramente sì; e a mio avviso svuotare da quel valore psichedelico è di per sé un controsenso. C’è però un interesse a capire se si può andare direttamente ad incidere sulla neuroplasticità del paziente senza creare l’esperienza psichedelica, e vari gruppi di ricerca stanno lavorando per creare delle versioni “non-psichedeliche” di queste molecole, con la speranza di ottenere effetti antidepressivi senza indurre le profonde alterazioni di coscienza indotte da psilocibina e derivati. Sono curioso di vedere cosa succederà con queste molecole che verranno sintetizzate; potrebbero funzionare e dare benessere, ma ho i miei dubbi. Dico questo perché la neuroplasticità non è una capacità positiva o negativa per sé, ma è l’ambiente, il container terapeutico che si crea attorno a questo stato di neuroplasticità che può portare verso direzioni positive o negative. Anche una sostanza come la cocaina, di suo, stimola la neuroplasticità ma in una direzione canalizzante e negativa portando molto spesso ad una restrizione delle capacità del paziente di vivere una vita soddisfacente. A mio parere la neuroplasticità deve essere accompagnata da un contesto terapeutico positivo per portare ad un cambiamento positivo.

Negli ultimi mesi però è arrivata una buona notizia: l’Oregon ha legalizzato l’utilizzo della psilocibina a partire dal 2024.
Questa nuova riforma legislativa dell’Oregon permetterà di utilizzare la psilocibina sia in trattamenti psicologici che di benessere personali per soggetti sani a partire dal 2024. Mancano ancora dei mesi prima che questa norma entri in vigore e non si sa molto sui dettagli. Questa riforma è stata fatta per andare oltre i normali step di approvazione farmaceutica che sono molti lenti e permettere ai pazienti di poter beneficiare di questi trattamenti in anticipo. È comunque ancora tutto molto complicato ed è difficile prevedere gli sviluppi nel futuro.