Giulio Vesprini: «John Lennon era un visionario, un precursore di nuovi linguaggi» | Rolling Stone Italia
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Giulio Vesprini: «John Lennon era un visionario, un precursore di nuovi linguaggi»


‘Untitled 2020’, l’opera che ha donato alla campagna di Rolling Stone ‘IMAGINE’, è ispirata a una canzone di ‘Mind Games’. «L’arte ti dà la possibilità di immaginare nuovi mondi»


Giulio Vesprini: «John Lennon era un visionario, un precursore di nuovi linguaggi»


Giulio Vesprini: UNTITLED, 2020. Stampa serigrafica, 300gr 70x50cm

«Concettualmente, l’opera si avvicina a Meat City, il brano pubblicato in Mind Games nel 1973. L’arte ti può trasportare in luoghi incredibili, ti dà la possibilità di immaginare nuovi mondi», dice Giulio Vesprini di Untitled 2020, l’opera che ha donato per IMAGINE, la campagna di Rolling Stone in cui l’arte sostiene l’arte (per maggior informazioni cliccate qui). «Se Lennon utilizzava il rock come inno alla libertà, qui l’arte si fa espressione di rinascita e fiducia per un domani più coeso, dove le culture si possano sovrapporre in un immenso collage cromatico».

Giulio Vesprini è un artista di Civitanova Marche. Nato nel 1980, è diplomato all’Accademia di Belle Arti e laureato in architettura. Dal 2004 decide di dedicarsi completamente all’arte urbana: partecipa a numerosi progetti in Italia e all’estero, e in parallelo lavora alla progettazione grafica e alla comunicazione visiva per aziende, eventi culturali e istituzioni. Nel 2009 lavora a Vedo a Colori, un progetto di riqualificazione urbana che si sviluppa nel porto di Civitanova Marche. I suoi lavori sono stati esposti in diverse gallerie nazionali ed estere. Qui racconta l’ispirazione della sua opera, perché è particolarmente legato ad Abbey Road e cosa farebbe Lennon nel mondo di oggi.

Quando senti pronunciare le parole “John” e “Lennon” una di seguito all’altra qual è il primo pensiero o ricordo che ti viene in mente?
La prima cosa che mi viene in mente è la copertina di Abbey Road, una sagoma bianca in testa al gruppo, e il brano Come Together di Lennon. Ho un ricordo molto intenso di quel vinile, ha segnato tutta la mia adolescenza; lo conservo gelosamente in studio e lo ascolto in particolari momenti.

Se lo osservi attraverso il filtro della storia, chi è John Lennon oggi?
Un grande artista, romantico, visionario. Un precursore di nuovi linguaggi applicandoli non solo alla musica. Oggi avrebbe usato tutte le nuove tecnologie mantenendo alta l’attenzione sull’evoluzione del mondo partecipando attivamente alle rivoluzioni in atto.

Raccontaci l’ispirazione dell’opera che hai donato.
L’opera si avvicina concettualmente al brano Meat City, brano musicale di John Lennon pubblicato nell’album Mind Games del 1973. L’arte ha la capacità di trasportarti in luoghi incredibili e l’opera nella sua esplosione di colori ti dà la possibilità di immaginare nuovi mondi. La città torna a vivere, la natura si riappropria degli spazi urbani; se John Lennon utilizza il rock’n’roll come un inno alla libertà, qui l’arte si fa espressione di rinascita e di fiducia per un nuovo domani più coeso, dove le culture si possano sovrapporre in un immenso collage cromatico, proprio come una grande città, proprio come New York!

Come hai legato la tua visione artistica al progetto IMAGINE?
È stata la voglia di fare rete nonostante tutto. Rimanere uniti in una grande crew creativa che immagina un futuro migliore attraverso l’arte e la cultura. Quando lavori in strada è la forza del gruppo che fa la differenza e nel progetto IMAGINE ho riscoperto questa coesione. Resistere oggi è doveroso e sono certo che dopo questa esperienza la voglia di strada, di piazze, la voglia di abbracciarsi sarà talmente forte che non potrà mai più essere arginata. L’arte ha questo potere.

Raccontaci dove ti “trovi” attualmente, dal punto di vista personale e artistico.
Un anno molto particolare, duro, difficile, che ha visto però l’apertura del mio nuovo studio creativo Asinus in Cathedra. Questo spazio è diventato in poco tempo un laboratorio di idee e sperimentazioni artistiche per un nuovo domani. Lascio sempre aperta la ricerca, anche nei momenti più complessi come questo, che sono poi quelli della sana riflessione. Dal punto di vista personale sono in ascolto, attendo, è il momento dell’essenziale. Dal punto di vista artistico lavoro costantemente in studio a nuovi progetti urbani che siano sempre più coesi con lo spazio e sempre meno banali, è una grande occasione per le mie visioni archigrafiche, non vedo molte strade da percorrere oggi se non quelle delle responsabilità etiche, sociali e progettuali, che ogni artista dovrebbe avere nei confronti della comunità.

Qual è lo stato di salute dell’Arte? E quello della tua arte?
Mi occupo principalmente di arte urbana anche se la mia realtà multidisciplinare mi porta a confrontarmi spesso con diverse espressioni nel campo delle arti visive. Focalizzando l’attenzione sulla street art come disciplina posso dire che è una delle mode del momento spesso intrappolata tra incompetenza e superficialità. Sono sicuro che oggi non è più sufficiente avere l’intuito, serve costanza, disciplina e duro lavoro, sopratutto nell’arte. Non si improvvisa nulla, facciamo i conti con una società sempre più performante e servirà una certa capacità organizzativa per una cultura del progetto attenta alle dinamiche sociali. Chi come me opera nel campo delle arti di strada ha diverse responsabilità e porsi delle domande è parte del progetto stesso. Dobbiamo impegnarci nell’essere portavoce di progetti compositi, organici, coinvolgendo diverse figure professionali, tornando alla rete e alla visione orizzontale. Il bello senza contenuto, questo è il rischio più grande, oggi, nella street art, come nell’arte contemporanea.