Giuliano Macca: «Disegno sui soldi per renderli più puliti» | Rolling Stone Italia
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Giuliano Macca: «Disegno sui soldi per renderli più puliti»

Siciliano, classe 1988, per le sue opere utilizza solo delle penne 'Bic': «Dicono che somiglio a Caravaggio, ma l’unica cosa che ci unisce è il bere»

Giuliano Macca: «Disegno sui soldi per renderli più puliti»

“Datemi tempo, sto solo cercando di ridisegnare il mondo”. Scrollando su Instagram è possibile imbattersi in molti pensieri – la maggior parte copiati da aforismi – e altrettante immagini di impatto rubate chissà dove, ma quella frase associata al volto “caravaggesco” del ragazzo in primo piano con alle spalle un enorme quanto sensuale disegno di una coppia abbracciata, difficilmente poteva passare inosservata. Così come il nickname utilizzato: nongiuraresudio. Controllo la bacheca e scopro un universo. Quello che straborda dalla creatività di Giuliano Macca, pittore, disegnatore, potenzialmente anche poeta visti i testi evocativi che associa ad ogni immagine. In estrema sintesi, un artista. Uno dei pochissimi, capaci di rendere attuale un’attività vecchia come il mondo – in questo caso disegnare – perché in grado di caricarla di un’empatia smisurata. Osservo meglio le ultime opere e mi accorgo di un particolare: sono realizzate con la penna Bic. Non è il primo a utilizzare questa tecnica, ma certamente la spinge a livelli estremi di profondità, di articolazione dei corpi che sembrano sul punto di uno spasmo, di una contrazione, di una reazione a un’emozione irresistibile che rimane cristallizzata per sempre su tela.

Classe ’88, dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma si fa notare nella Capitale con la sua prima personale, Ladri di luce, ospitata nella suggestiva Mirabilia Art Gallery. Quadri nei quali, recita la presentazione, “tenta di ristabilire una connessione con i sentimenti, di rendere visibile il dolore, non quello fisico ma dell’anima”. E spunta sul volto delle figure ritratte un terzo occhio, che caratterizza la sua ricerca sullo scorrere del tempo. Viste le premesse lo contatto e mi accorgo di avere a che fare con una delle figure più rock’n’roll del panorama artistico italiano. “Dai bar ai musei. Dalla strada a Rolling Stone” ha pubblicato su Instagram in attesa dell’uscita di questa intervista. Mentre parliamo è evidente che si porta addosso i segni di un passato difficile dove “barattavo quadretti per unire il pranzo con la cena” e della cultura di una terra che sa essere tanto meravigliosa quanto crudele come la Sicilia. Di Noto, città natale che ha lasciato giovanissimo, conserva nello sguardo l’ardore di un popolo in grado, non solo di reagire con coraggio alle tragedie, ma capace di farlo con la grandiosa fantasia che portò alla nascita della “perla del barocco” dopo il devastante terremoto del 1693. Attenzione, però, non cercate di etichettarlo come un fenomeno social. Perché se ci provate vi risponderà guardandovi dritto negli occhi: “Dicono che somiglio a Caravaggio? Io sono Giuliano. L’unica cosa che ci unisce è il bere”.

In tanti disegnano con la penna Bic ma in pochi riescono ad avere un impatto del genere su tela, soprattutto perché parliamo di opere estremamente grandi. Com’è nato il progetto?
La Bic, per quanto possa essere un oggetto banale, è molto importante per me perché rappresenta il mio inizio. Ho avuto la fortuna di avere un nonno che dipingeva e quando da bambino andavo nel suo studio, non potendomi cimentare con i colori ad olio che sono complessi, lui mi dava una penna e un foglio di carta e io iniziavo a disegnare quel che vedevo intorno. Negli ultimi mesi, volendomi prendere una pausa dall’olio su tela, perché pensavo di riposare per accumulare esperienze, ho portato avanti quello che credevo fosse un esercizio di stile, un allenamento, per mettermi alla prova a distanza di 25 anni e capire come ero cambiato. E ora è diventata un’attività vera e propria, quasi nevrotica. Sono partito con un foglietto di 20 centimetri per 30 e sono arrivato a opere di 2 metri per 3. Spesso mi fotografo accanto a loro per far vedere la scala.

Hai intenzione anche di uscire da Instagram con questi disegni ed esporli?
Fino a quando non ho le carte in mano non confermo ma, senza fare nomi, posso dire che c’è gente interessata a portare questo progetto nella realtà. Non si tratta più di disegnini, ma opere a tutti gli effetti. E quindi c’è in programma di fare una mostra solo di grandi formati, tutti con la penna Bic.

Per caso si è fatta sentire l’azienda Bic?
No e non so se si farà sentire. Ma proseguirò comunque, perché l’arte per me è una esigenza. Certo, abbiamo tutti bisogno dei soldi, però continuerò a disegnare a prescindere dal successo.

Anche sui soldi hai disegnato parecchio. In forma di spregio?
Una sorta di protesta. Tutti ambiscono ad avere sempre più soldi, ma c’è tanta sporcizia dietro al denaro. Disegnandoli cerco di renderli più puliti.



Ora sei quotato e hai acquirenti in tutto il mondo, ma hai avuto anche una fase difficile in cui i soldi ti sono mancati?
Ho passato momenti davvero difficili in cui non avevo neanche i soldi per fare la spesa. Avendo la passione del bar, mi sono trovato a barattare qualcosa da bere in cambio dei disegni. Sono andato avanti così per un po’. Non ho mai fatto l’artista di strada, però ho avuto momenti complessi, anche per trovare un tetto sulla testa per dormire. Ma posso giurare che non ho mai pensato di cedere. Certe notti mi dicevo: ma che cazzo stai facendo Giuliano, ancora vai avanti a credere a certe utopie? E invece poi la perseveranza, la fame negli occhi, il trovarmi al posto giusto nel momento giusto, mi hanno fatto passare dai bar ai musei. Ma ci ho sempre creduto.

Prima della penna Bic e dei disegni sui soldi ti sei messo in luce con i tuoi quadri, che presentano spesso il “terzo occhio”. Cosa rappresenta?
Non mi piace molto spiegare le mie opere, quando ce n’è bisogno sono convinto che qualcosa non vada. Il terzo o quarto occhio, comunque, è una mia ricerca sul dualismo umano e il tempo che cambia. La stessa persona nel medesimo contesto a distanza di tempo, come si trasforma. Il tempo ci modella e ho sempre avuto questa ossessione che ho riportato sulla figura umana. Una sorta di sdoppiamento temporale.

Sui social sei seguitissimo. È imporrtante per un artista?
Instagram conta moltissimo. Non uso altre piattaforme. Mi ha dato una visibilità che non avrei mai potuto avere. L’ho sempre usato con intelletto, senza dire troppo di me e senza mai mettere una mostra intera online. Le opere si devono andare a vedere. I social sono un mezzo per portare le persone a guardare le opere dal vivo. Molte gallerie mi hanno contattato e anche committenti attraverso i social. Ho appena venduto un’opera in America grazie a Instagram. Non mi interessa condividere la mia vita personale.

Qualche committente famoso?
Gli ultimi che hanno acquistato un’opera sono lo psichiatra Paolo Crepet e Raffaele Curi, attore, regista e direttore artistico della fondazione Alda Fendi. Altri sono interessati, ma finché non avviene la vendita non lo posso dire.

Quanto contano le tue origini siciliane nello stile che hai sviluppato?
Sono molto legato alla mia terra. Ho dovuto abbandonarla da giovanissimo, perché vengo da un paesino senza sbocchi nel mio settore. E questo allontanamento me l’ha fatta amare ancora di più. La Sicilia è tutto. Vengo dalla strada. In particolare, mi porto dentro sia la campagna che il mare. Su Instagram scrivo molti pensieri legati alla mia terra. È dentro di me in tutto quello che faccio.

A quali artisti del passato ti ispiri?
Quelli che più mi hanno influenzato sono Tranquillo Cremona, della scapigliatura milanese dell’800. È poco conosciuto ma a casa di mio nonno c’era una stampa di un suo quadro e con quelle sue pennellate che si fondevano con lo sfondo ha ispirato molto il mio primo senso estetico. L’altro, il vero maestro, è Goya. Non serve neanche spiegare il perché vista la sua grandezza.

Sei appena tornato dalla Francia e mi hai detto di avere degli estimatori negli Stati Uniti. Ma in Italia, per l’arte, c’è mercato?
C’è mercato. Dipende dal livello, anche perché acquistare una mia opera può essere considerato un piccolo investimento. Comunque c’è molto interesse, non è vero che in Italia i giovani artisti fanno la fame. C’è senso dell’estetica, c’è cultura, e il giovane che non vende è una falsa leggenda. Se uno è valido e riesce a farsi notare c’è un bel mercato. Non servono i soldi subito, io ne sono la dimostrazione.

Sai che guardandoti mi ricordi Caravaggio? Per i lineamenti e un certo fuoco che sembri avere negli occhi.
Ti ringrazio. Mi sento un ragazzo come tutti gli altri, magari con una sensibilità diversa che esprimo dipingendo. Non voglio essere presuntuoso, ma Caravaggio è già esistito ed è stato un grande pittore. Io sono Giuliano e non mi piacciono i paragoni. Sicuramente, bevo come Caravaggio.

Una follia che hai fatto dopo i primi soldi che hai guadagnato?
Ho fatto talmente tante cazzate che è difficile sceglierne una. Nei periodi più difficili mi sono rifugiato nell’alcol e in una vita bohémien. Quando sono passato dall’avere le tasche vuote a ritrovarmi con grosse cifre tutte insieme, per un attimo mi sono perso. Ho iniziato a spendere senza motivo, ma non in macchine, le odio come il traffico. Semmai riunivo amici o conoscenti, persino estranei che incontravo al bar e pagavo da bere a tutti. Pensavo di avercela fatta e il giorno dopo mi svegliavo senza i soldi per prendere le tele. A ripensarci mi viene da sorridere.