Giancarlo De Cataldo: «Non si può accusare Camilleri un comunista col Rolex» | Rolling Stone Italia
Interviste Culture

Giancarlo De Cataldo: «Non si può accusare Camilleri di essere un comunista col Rolex»

Ospite del Mystfest di Cattolica, l'autore di 'Romanzo criminale' racconta com'è iniziata la sua "seconda vita" da scrittore, la rinascita dei romanzi gialli e l'eredità di Andrea Camilleri

Giancarlo De Cataldo: «Non si può accusare Camilleri di essere un comunista col Rolex»

Giancarlo De Cataldo

Foto: Mystfest

Giancarlo De Cataldo torna a esplorare l’abisso del presente, questa volta attraverso gli occhi di un commissario donna, lei stessa affetta da un micidiale disturbo della personalità. Alba Doria (Rizzoli) analizza questo incubo collettivo infestato da hater e uomini che odiano la sfera femminile, da sadici torturatori e mercanti di carne umana, da gattopardeschi potenti e nuovi padroni. Quando l’odio diventa il business migliore, solo il primo raggio di un’alba spietata può rischiarare le tenebre che ci avvolgono. Chissà se anche questa volta riuscirà ad anticipare la consapevolezza collettiva, come già avvenuto in passato.

Perché De Cataldo, magistrato, scrittore, sceneggiatore, da Romanzo criminale passando per Suburra fino a La notte di Roma è riuscito come nessun altro a raccontarci, spesso addirittura anticipando gli eventi di decenni, un’Italia nerissima: i torbidi intrecci tra malavita, tessuto sociale, malaffare politico e persino clericale che arrivano dalla cronaca sono diventati non solo romanzi ma film e serie di culto esportati in tutto il mondo.

Lo abbiamo intercettato al MystFest, il festival internazionale del giallo e del mistero di Cattolica, dove tra un vernissage e una premiazione ci ha spiegato, tra le altre cose, che il caso Sea Watch è una questione molto più semplice di quel che sembri: basta conoscere le norme.

Prima di tutto le vorrei chiedere quale è stata la sua reazione, da amico e collega, dopo aver letto l’articolo in cui Vittorio Feltri attacca Andrea Camilleri.
Per me Camilleri è stato un maestro che mi ha aiutato e incoraggiato quando uscì Romanzo criminale, che sono riuscito a coinvolgere in varie avventure, che ha rappresentato il punto di riferimento per tutti quelli che hanno praticato la scrittura criminale in Italia nell’ultimo quarto di secolo, che ha traghettato il giallo italiano dal vizio nascosto della letteratura di serie B alla libreria principale della casa, dandogli la dignità e il posto che meritava. In più è una persona ricca di una sensibilità umana unica, un uomo di teatro, colto, che ha nel suo passato la regia di radiodrammi, di composizioni teatrali, insomma un intellettuale a trecento sessanta gradi che ha usato il giallo come grimaldello per penetrare nelle nostre coscienze, entrare un po’ alla volta e poi tirarci delle botte tremende. È un uomo politicamente impegnato, sempre dalla parte degli ultimi, un uomo di sinistra. Credo che il livore francamente sgradevole di Feltri, tra le tante cose sgradevoli che scrive Feltri, sia legato fondamentalmente alla critica verso la sinistra. Ma Camilleri fa parte di una sinistra popolare, non è accusabile di essere un “comunista con il Rolex”. È moralmente indiscutibile, simpatico, alla mano, un grandissimo scrittore riconosciuto a livello mondiale, per cui se proprio devi rivolgergli qualche cattiveria gli dici che Zingaretti nel ruolo di Montalbano ha rotto i coglioni.

Da Romanzo Criminale in poi abbiamo assistito alla rinascita di un movimento, sia in letteratura che al cinema. Ma lei si sente il padre di un genere?
Gli attori che erano giovani quando interpretarono la serie tv hanno coltivato l’abitudine di chiamarmi “zio”. Quindi sì, mi sento il padre di un genere, lo rivendico e ne sono molto orgoglioso. L’altro giorno ero in palestra e c’era un giovanotto tatuato che mi ha detto: “Grazie a te ho cominciato a leggere i libri”. E questo mi ha riempito di grande soddisfazione.

Spesso nei suoi libri ha anticipato grandi casi poi esplosi a livello giudiziario. Ha il dono della preveggenza o c’è un metodo preciso con cui osserva la realtà?
C’è una categoria sfuggente, ma anche presente, che si chiama “zeitgeist”, spirito del tempo. Uno scrittore, un regista, un musicista, che hanno gli occhi aperti e si guardano intorno, intuiscono ancora prima di comprendere certe cose. A volte le intuizioni vanno al di là della comprensione logica. Non ci si arriva con la testa, ci si arriva con il cuore. Suburra, per esempio, legato a quello che sarebbe accaduto con Mafia Capitale, era sotto gli occhi di tutti, bastava girare per Roma e rendersene conto.

Chi sono i migliori scrittori di noir viventi, a parte i presenti?
Noi italiani siamo tutti legati e molto amici, per cui non riesco a fare delle gerarchie. In generale, ce ne sono tanti. Ogni giorno la grande famiglia del noir si arricchisce di qualche nuova esperienza. Che venga dall’India o dal Sudafrica, dalla Malesia o dall’Africa, ormai è un genere universale.

Dalla torre chi getterebbe, Stephen King o James Ellroy?
Mi butto io dalla torre. Tutti e due sono maestri. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Anzi, posso dire questo: se noi italiani fossimo più supportati nelle traduzioni, questo diventerebbe un formidabile strumento di penetrazione culturale che racconta senza fronzoli l’animo e il carattere nazionali. E ci succederebbe quello che è successo agli svizzeri o agli israeliani, cioè diventare un caso mondiale. Come le fiction dimostrano, che certi muri si sfondano facilmente.

Quale libro di un altro autore avrebbe sempre voluto scrivere?
Le illusioni perdute di Honoré de Balzac. Questa storia di un ragazzo di provincia che cerca di farsi strada nella grande città e viene stritolato dalla logica spietata della metropoli del tempo che era Parigi, ma potrebbe essere oggi New York o Bombay. Comunque, ogni anno escono almeno due-tre romanzi veramente importanti che avrei avuto piacere di scrivere io.

C’è un criminale che ha conosciuto nella sua attività di magistrato che, al di là dei reati commessi, le ha suscitato particolare simpatia?
Di solito sul lavoro sono molto freddo e distaccato. Semmai posso provare una sorta di rammarico quando mi imbatto in qualcuno che non è strettamente criminale o mafioso e ha intrapreso una strada sbagliata nella vita, cioè è caduto in una crepa che lo ha attirato verso l’abisso. Lì c’è il rammarico per lo spreco di risorse, energie, talento e qualità.

Sul caso Sea Watch che opinione si è fatto?
Si farà un processo. Anche perché c’è una gerarchia precisa delle norme nei paesi occidentali, ai quali l’Italia appartiene. Noi abbiamo sottoscritto e ratificato la convenzione di Amburgo del 1979, approvata da una legge dello Stato nel 1989 che pone al primo posto della gerarchia dei valori la tutela e la salvaguardia delle persone che corrono pericoli in mare. Siccome una convenzione internazionale è recepita dal nostro ordinamento dall’articolo 117 della Costituzione con valore prevalente sulla normativa interna, infatti è una legge di rango costituzionale, una eventuale normativa interna che andasse contro questa normativa internazionale sarebbe illecita. Ma la normativa interna. La questione sarà, naturalmente, risolta e affrontata. Mentre si armava questo conflitto estremo per 40 migranti, nel frattempo, ne sono sbarcate alcune centinaia, per cui la questione ha assunto un significato simbolico evidente e si sono contrastati due film. Nel primo c’era una banda di pirati con la benda sull’occhio che cerca di invaderci con dei delinquenti che ci assaltano a mano armata e le nostre coste sono difese da un eroico signore. Nel secondo, una esile fanciulla con una manica di disperati, che cerca di salvarli mentre le nostre coste sono presidiate da alcuni energumeni barbuti. Sono due film che si combattono. Io ho la mia idea su quale sarà il film di successo tra i due, ma non posso dirlo.

Il MystFest quest’anno è stato dedicato alla memoria di Andrea Pinketts. Lei che ricordo ha di questo scrittore davvero emblematico nel suo genere?
La prima volta che partecipai al MystFest fu nel 1989 e non avevo ancora pubblicato un mio romanzo. Il primo giallista che ho conosciuto è stato proprio lui, che si aggirava per Cattolica con il tipico panama in testa e fumando il sigaro. Dopo una piacevole chiacchierata mi diede un biglietto da visita con la seguente scritta: Andrea G. Pinketts: Private affairs. You know….You know. Molto ammiccante. Capii subito con chi avevo a che fare.

Altre notizie su:  giancarlo de cataldo