Ci siamo imbucati ai 70 anni di Vittorio Sgarbi (ed è stato più di quello che potete immaginare) | Rolling Stone Italia
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Ci siamo imbucati ai 70 anni di Vittorio Sgarbi (ed è stato più di quello che potete immaginare)

Più di 200 persone su un battello sul Po, tra vip, artisti e groupie in balia della lucida follia sgarbiana che ci ha rapito, fisicamente, per farci scoprire la grande bellezza del Grande Fiume

Ci siamo imbucati ai 70 anni di Vittorio Sgarbi (ed è stato più di quello che potete immaginare)

Si può definire Vittorio Sgarbi una rockstar? Ha risposto lui stesso: «Io sono eterosessuale. Io sono un grande seduttore. Io sono una primadonna. Sono un mito vivente!». Mentre lo dice siamo in navigazione sul Po, dove ha deciso di festeggiare il 70esimo compleanno. Più di un evento per spegnere le candeline, una vera e propria opera d’arte sgarbiana (in salsa felliniana) rappresentata dall’allegro e variegato caravanserraglio che ha invitato (o si è imbucato) a bordo della motonave Stradivari partita da Boretto, Reggio Emilia, per unire la personale ricorrenza con “La Rinascita del Po”, obiettivo sotteso all’evento. Ma, come tutto ciò che riguarda Sgarbi e come tutto ciò che lo circonda, è imprevedibile, sovradimensionato, eccessivo, provocatorio, oltre standard, ma in fin dei conti sempre artisticamente rilevante. Che poi è l’unico obiettivo che davvero gli interessa ottenere.

Flashback, 10:30 del mattino, Villa Montanarini a Luzzara. È qui che ha alloggiato il critico d’arte la sera prima, dopo essere andato a “dormire” alle 4 (ma alle 6:30 ancora inviava messaggi WhatsApp). Per imbucarmi al suo compleanno cerco di seguirlo sin dal mattino per poi confondermi tra gli invitati. Il suo risveglio, vengo a sapere, era previsto per le 11-11:30, anche perché l’imbarco per la “mini crociera” è fissato alle 12:30 in punto. Peccato che stabilire orari con lui – ormai è una regola scritta – sia totalmente inutile, e il mondo circostante puntualmente (questo sì) è costretto ad adattarsi.

Alcuni amici provano a raggiungerlo prima, per un saluto. Come Gianfranco Vissani, accompagnato da una ragazza di almeno trent’anni più giovane: «Vittorio è un amico e a tavola non ha gusti complicati. È uno da carbonara, cacio e pepe, cose buone ma semplici. Lui viene ai miei compleanni, mi dice che è da solo e poi si presenta con quindici persone… (imprecazione, nda)». Una sigaretta dopo l’altra, a fine giornata lo chef lamenterà di averne finiti due pacchetti.

Si fanno quattro chiacchiere con chi di Sgarbi è il custode della quotidianità, l’autista e tuttofare Guido: «Quanti chilometri percorriamo in un anno? 100mila, su per giù». È il suo uomo ombra da otto anni, e con quello che ha visto potrebbe scrivere un libro: «Ha detto di aver avuto 1.500 donne, ma per me sono poche. Quando era in piena attività non gliene sfuggiva una». E come le seleziona, provo a indagare: «Non ci sono caratteristiche fisse, se gli piace si butta e non sa aspettare. Le conseguenze sono prevedibili». L’autista si è però trasformato anche in discepolo, perché «da ignorante totale di arte mi ha fatto scoprire la sua importanza. Ogni giorno giriamo quattro-cinque località. È frenetico e se nel tragitto gli consigliano qualcosa da vedere, come con le donne, non riesce a resistere: andiamo Guido, mi dice, benché siano le tre del mattino».

Morgan e il capitano Landini. Foto: Gianmarco Aimi

Intanto si sono fatte le 12:30 e di Sgarbi ancora nessuna traccia. Guido ha lasciato i finestrini aperti dell’auto blu (di cui dispone Sgarbi in quanto parlamentare) per «fargli prendere un po’ d’aria» e ne approfitto per sbirciare. L’abitacolo è stracolmo – davanti e dietro – di libri, giornali, cataloghi, fino a essersi trasformato in una piccola biblioteca mobile. Nel baule, anch’esso lasciato aperto ad areare, sono stipati quadri di ogni tipo ben incelofanati. A questo punto, verso le 13, qualcosa si muove all’ingresso. Finalmente esce Sgarbi, che, con il naso un po’ tumefatto (il giorno prima ha sbattuto contro una porta), non appena vede Vissani gli dimostra il suo particolare affetto: «Hai visto che ti ho chiamato? Quando sono al cesso sei il primo a cui penso». Da Boretto, luogo dell’imbarco, arriva notizia che oltre 200 persone lo stanno aspettando e che non c’è più un parcheggio libero. Siamo pronti a partire. Il percorso Luzzara-Boretto è un inseguimento poliziesco per stargli dietro, fra rotonde in mezzo alla compagna, fagiani ai margini dei fossi e, a costeggiare, il Grande Fiume: tutti dietro a Guido, che però ha il vantaggio dell’auto blu e una guida alla Fast and Furious.

Ore 13:30, all’imbarco la motonave Stradivari è stracolma. La lista iniziale degli invitati ne contava 70, nell’attesa sono diventati 150, fino a quando il battello salperà con oltre 250 persone a bordo. Ci sono anch’io. Ma prima si è svolta la passerella di vip o imbucati, tutti trattati con la stessa dignità dal festeggiato e dal suo staff. Nessuno ha però potuto ignorare il regalo più suggestivo installato sulla banchina: un gigantesco dipinto di 3,30 metri per 2,40 di Enrico Robusti che raffigura la «Sgarbeide». Sgarbi al centro e intorno amici, donne e incontri fondamentali nella sua esistenza: da Maurizio Costanzo (che lo lanciò come personaggio tv) a Marina Ripa di Meana (con la quale ebbe un flirt), da Roberto D’Agostino (famoso lo schiaffo a L’Istruttoria su Italia 1) a Silvio Berlusconi (che politicamente lo ha sempre appoggiato), da Barbara Alberti (la sua prima biografa) a Federico Zeri (il maestro artistico al quale augurò la morte in diretta tv) e tanti altri. Altro contrattempo, in perfetto stile Sgarbi, la consegna da parte di Valerio Staffelli del Tapiro d’oro. Ora si può salpare. Sono ormai passate le 14.

Foto: Gianmarco Aimi

Con oltre un’ora e mezza di ritardo la Stradivari, guidata dal comandante Giuliano Landini, può salpare. Il percorso prevede quattro ore di navigazione: inizialmente avrebbe dovuto raggiungere Ferrara, la sua città natale, ma a causa della secca del Po si limiterà a Guastalla e alla casetta del pittore Antonio Ligabue a Gualtieri. Ma con Sgarbi gli imprevisti e gli eccessi sono sempre dietro l’angolo, così sarà anche stavolta. Intanto, mentre sul ponte la gente si è già lanciata famelica sul pantagruelico buffet, riesco a scorgere qua e là le più svariate personalità: ci sono il cantautore Morgan («Per me Sgarbi è oltre la rockstar, è leggenda») e Giuseppe Cruciani («Un padre artistico»), il Ministro del Turismo in quota Lega Massimo Garavaglia e l’attore teatrale di sinistra Moni Ovadia («Vittorio non distingue per ideologia, ma solo per valore»), i rappresentanti di Io Apro, il movimento con il quale ha sancito un’alleanza politica con il suo “Rinascimento”, e ancora il virologo Andrea Crisanti, il giornalista Nicola Porro e il mimo Mr Pigato, come a un pranzo tra vecchi compagni di scuola. Poi la schiera del mondo dell’arte, da Edoardo Nesi al patafisico Roberto Barbolini, il poeta Roberto Pazzi e gli scultori Giuseppe Bergomi e Livio Scarpella, e ancora artisti o presunti tali, il tutto arricchito da vistose ragazze in tacchi a spillo e minigonne, tra ex “letteronze” o semplicemente groupie . C’è poi la famiglia Sgarbi, composta dalla sorella Elisabetta in outfit pinkissimo, la fidanzata storica Sabrina Colle e le figlie Alba e Evelina («Avete visto che fighe? Mi sono proprio venute bene», si vanterà il critico mostrandole con la stessa passione che avrebbe dedicato a due opera d’arte), oltre all’entourage con i fedelissimi Nino Ippolito (ufficio stampa) e Sauro Moretti (manager).

Foto: Gianmarco Aimi

Alle 15 abbondanti sottocoperta viene servito il pranzo. È qui che Vittorio Sgarbi marca la distanza di tenuta fisica con chiunque altro: non si ferma un attimo, sembra un toro nell’arena ma dove riesce ad avere la meglio contro qualunque torero. Parla con chiunque dispensando consigli artistici o invettive («Capra, capra, capra!»), si traveste da Zorro per sostenere un non meglio precisato evento in Sardegna (e così agghindato rimarrà per tutto il viaggio), riceve i regali e per ognuno si interessa del corretto utilizzo («Con lo zafferano si scopa!»; «Sì», gli risponde una signora che glielo ha donato, «è afrodisiaco…»). Ogni cinque minuti gli arriva una telefonata («Sei stronzo a chiamarmi adesso?! Ci sentiamo stasera!»).

Intanto il suo staff lo rincorre con un piatto per imboccarlo («Vittorio, assaggia almeno questo!»), non si contano i selfie, le videochiamate, i video per parenti e amici. Lui non trascura nessuno. A un certo punto si lancia al timone della motonave, spodestando il capitano Landini (che stava gustando un piatto di tortelloni) e spiega perché ha scelto questa location per celebrare una data così importante: «Cento anni fa, nel 1951, c’è stata l’alluvione sul Po e sono stato concepito dai miei genitori, per poi nascere nel 1952. Il Grande Fiume è nel mio destino, quindi oggi celebro la mia nascita e la rinascita del Po, che dopo la secca è tornato ad avere forza ed energia». Non solo, pare che Sgarbi sia entrato ufficialmente in società con il capitano Landini, e quindi di fatto sarà il testimonial d’eccezione della navigazione sul corso d’acqua più lungo d’Italia. La spiegazione viene interrotta da una barca che incrocia il battello e il cui equipaggio, composto da ragazzi, urla al nostro indirizzo: «Viva la figa!». Sgarbi non può che salutare compiaciuto. Verso le 17, concluso il tour de force per “sgarbizzare” ognuno dei presenti (in larga parte esausti e in piena digestione), riesco a fargli qualche domanda seduti sui divanetti della zona lounge.

Foto: Gianmarco Aimi

Il Po è nel tuo destino. Questo compleanno è un ritorno alle origini molto romantico.
Mio padre mi raccontava di quando sul Po cercava di salvare le persone dall’alluvione, per lui è stato un campo di prova della vita. Nella sua zona l’ha vissuto come un diluvio universale. Quando sono venuto qualche tempo fa, il fiume era in secca, era molto triste. Ho visto il battello e ho deciso per questa festa di rinascita del Grande Fiume.

Hai spiegato che i tuoi genitori ti hanno concepito qui, in un periodo di tempesta. Che genitori sono stati?
Mia madre era in simbiosi con me. Mi vedeva come il figlio prediletto, nonostante mia sorella. Come il compimento della sua figura virile. Era un maschio, combatteva. Per lei ero la realizzazione della sua idea di uomo. Mio padre era austroungarico, legato a una idea del mondo che non c’era più, e l’ho conosciuto molto più tardi. Con mia madre siamo andati in giro ovunque, mentre mio padre era molto più fermo, però aveva i libri di tutti i classici, e già dagli anni ’50 leggeva libri proibiti come quelli di Céline. Mio padre a 93 anni ha scritto il primo libro, lì ho iniziato a conoscerlo davvero, ed è ancora oggi lo scrittore più tardo della storia dell’umanità.

Tua sorella in un recente articolo ha scritto di amarti al di là di ogni ragione.
Lei è diventata se stessa grazie a me, cioè vedendomi come un idolo da abbattere. Viveva nell’ombra, ma a un certo punto ha lanciato il guanto di sfida e ha costruito qualcosa di meraviglioso con la sua casa editrice. L’unico suo legame con la famiglia sono rimasto io, non facendo lei figli. E ha spesso raccontato la sua fatica per cercare di essere brava come me.

Quanto è diverso lo Sgarbi di oggi rispetto al passato?
Le convinzioni sono rimaste ferme, è il mio corpo a essere invecchiato, infatti mi ha costretto a interrompere una delle mie attività principali, che era sedurre le ragazze.

Hai dichiarato di aver avuto 1.500 donne. Un numero che, però, sembra calcolato per difetto.
Sì, esatto. Nel ‘900 i più grandi conquistatori sono François Mitterrand e re Juan Carlos con duemila, Zanza, il bagnino di Rimini, con settemila. Poi Simenon diecimila, una al giorno bella o brutta pur di cambiare. L’attore Warren Beatty 13mila, Fidel Castro 35mila, ma era agevolato dal suo ruolo. Berlusconi meno di cento… Io ho calcolato su quello che diceva Franco Califano: «Tre al mese me le voi da’?». Ma se cambi il moltiplicatore e fai sei, diventano tremila; se fai nove, una ogni tre giorni, diventano 4.500. Gli osservatori all’Onu per me ne hanno quindi calcolate molte di più, un giorno il dato andrà rivisto con esattezza.

La prima volta che hai fatto l’amore?
A 17 anni, nel ’69, con la figlia di un deputato del Partito Comunista. Sono entrato subito in politica dalla porta principale.

E l’ultima volta?
Con la moglie bellissima di un esponente di Forza Italia. Era il 6 febbraio del 2021. È stato il mio personale contributo al partito.

Cosa ti hanno lasciato tutte queste donne?
Da mia madre in avanti, tutto. Sono superiori agli uomini. Come nel film Amarcord di Fellini: «Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me, ma la casa mia n’dov’è?». Per me le donne sono state importantissime, più capaci degli uomini, dovendo recuperare un ritardo storico legato alla prepotenza dei maschi. Io rappresento un modello di uomo tradizionale, legato a una versione arcaica, perché è vero che abbiamo fatto prepotenza sulle donne e la riconosco, quindi continuo a farla. Però sono consapevole che la liberazione passa dalle donne.

Ma il matrimonio mai?
No, perché lo dice la parola stessa. Serve a diventare madri. La famiglia è interesse della donna che fa il figlio, se lo tiene e caccia di casa l’uomo. Il matrimonio va evitato salvo nella maturità, dopo i 65 anni. Vai avanti per vent’anni con una donna giovane che quando muori si può costruire una seconda vita. Un vantaggio per tutti.

Cosa resta dell’ultima lite con Mughini?
Lo ringrazio perché ha consentito la realizzazione della mia idea della televisione. Mentre il film ha la sceneggiatura, in tv puoi essere sul luogo del delitto, quando cade un grattacielo o si verifica un terremoto. Io sono quel terremoto! L’altra sera avrei fatto la cartolina illustrata parlando d’arte, se non avessi avuto la grazia di Mughini per creare quell’incidente, che non sarebbe stato possibile con un effetto così formidabile non ricreabile in laboratorio. L’imprevisto è la mia estetica televisiva.

Hai dichiarato: «Di Leonardo non resta l’anima, resta la Vergine delle Rocce». Cosa rimarrà di Vittorio Sgarbi?
Per ognuno di noi quello che abbiamo fatto e detto. La nostra anima è la nostra memoria che gli altri hanno di noi. Nel mio caso, oltre alla scrittura, la tv e l’arte, ho anche inventato un mausoleo con le opere che ho acquistato, che fanno parte della mia anima, e rimarrà dopo di me.

Per la vita che hai fatto, oggi si può dire che Vittorio Sgarbi è una rockstar?
Si può dire questo: «Io sono eterosessuale. Io sono un grande seduttore. Io sono una primadonna». Insomma, sono un mito vivente!

A questo punto sono passate le 18 e l’alcol ha fatto effetto sottocoperta. Morgan ha preso possesso del microfono e canta, sostenuto dal coro un po’ alticcio e sguaiato dei commensali, alcune canzoni della migliore tradizione italiana. Si attende l’attracco a Boretto, dopo una navigazione tranquilla, ma “l’estetica dell’imprevisto” Sgarbi non la riserva solo in tv. A pochi metri dal molo, infatti, la motonave riparte… Intanto si è scatenato un acquazzone e tutti si guardano attoniti. Il capitano non sta neppure girando l’imbarcazione, sta proprio proseguendo, ma perché? Panico. Cruciani è disperato: «C’è gente che vuole scendere!»; e cerca addirittura l’intervento ministeriale: «Garavaglia, faccia qualcosa, dia un ordine al capitano». Il ministro, però, ammette che «non è nelle mie competenze». Mentre le oltre 200 persone a bordo si chiedono perplesse cosa stia accadendo, circola la notizia: Sgarbi vuole proseguire per far vedere a tutti un affluente. «Andiamo avanti finché c’è carburante», sentenzia. E così sarà.

La Stradivari prosegue in questo schizofrenico percorso, ma dopo pochi minuti a tutti appare chiaro che la lucida follia sgarbiana aveva un obiettivo artistico: rendere palese ai nostri occhi la grande bellezza dimenticata del Po. Sfuggiti al temporale e riapparso il sole, ci troviamo di fronte a uno scorcio meraviglioso del Grande Fiume: maestoso, l’azzurro del cielo e il verde delle acque che si mischiano in tinte pastello, con la foschia che crea un affresco ultraterreno, quasi metafisico. Al ritorno, verso le 19:30, lui vorrebbe ancora proseguire, ma l’equipaggio è stremato: c’è chi scende a braccia, chi zoppica, alcuni si stendono sul prato antistante la banchina. In pratica ci ha sfiancato per poi rapirci, fisicamente ed emozionalmente. Incorreggibile, imprendibile, infinito Vittorio Sgarbi, che da 70 anni, che lo si ami o lo si odi, insegue una sola rivoluzione: quella della bellezza.