Brain Dead e le fan Tee d’artista. Intervista con il fondatore Kyle Ng | Rolling Stone Italia
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Brain Dead e le fan Tee d’artista. Intervista con il fondatore Kyle Ng

Abbiamo incontrato Kyle Ng, il creativo che ha creato Brain Dead, brand di streetwear che raggruppa un collettivo di artisti e si ispira alla scena post punk, agli underground comics, al mondo dello skate. A Milano sono in mostra i pezzi speciali creati per Slam Jam

Brain Dead e le fan Tee d’artista. Intervista con il fondatore Kyle Ng

Ciao Kyle, parlaci di questa mostra
Il mio amico Luca Cardinale di Slam Jam si è rivolto a noi e ci ha chiesto di pensare a un’installazione per questo spazio. All’epoca il negozio non esisteva ancora, ma sapevano già che volevano un approccio diverso al design e all’arte. Il nostro brand ha alla base l’arte e la cultura, per cui abbiamo pensato subito che poteva essere un connubio perfetto. Quando abbiamo deciso di partecipare a questo progetto volevamo che fosse “onnicomprensivo”: amiamo l’arte, la musica, il design e poi, ovviamente, i vestiti. Ma volevamo che tutti questi elementi si mescolassero. Ero in Italia per registrare uno show per la TV, alcuni mesi fa, e mi sono innamorato dell’arte del Rinascimento. E ho voluto ricollegarmi a questo nella mostra. Nello stesso periodo, il mio amico Chris Oh stava dipingendo delle bellissime teste di medusa su lenzuola e pezzi stoffa e poi ha dipinto questa testa dentro lo zaino. Mi è sembrata subito un’idea fighissima, perché dietro c’è un pensiero Punk/Do-It-Yourself. Ho pensato di far dipingere a Chris Oh delle toppe punk, per poi cucirle sui vestiti. Queste sono tutte dipinte a mano e sono evidenti i riferimenti a dipinti italiani. Le abbiamo applicate a dei capi che, così interpretati, si rivolgono a un target di punk rockers, blue collar, DIY, alle subculture insomma.

Zaino Brain Dead

Ma questi sono pezzi vintage?
Sì, inizialmente volevamo creare dei capi ad hoc, ma per noi l’idea stessa di vintage, ovvero di trovare dei pezzi speciali, e di trasformarli era molto più interessante. Hai presente le giacche di pelle dei punk, piene di patch? Quei pezzi hanno un’anima. E l’ispirazione viene da lì. Questi capi li abbiamo trovati e li abbiamo fatti nostri attraverso i patch dipinti a mano, così sono diventati loro stessi una tela. Sono tutti pezzi unici. Prendi per esempio questo cappello. Vedi l’occhio dipinto che si vede dal buco? È incredibile. Ma non vogliamo fare il verso all’estetica del punk “classico”. Ne riprendiamo piuttosto il concetto che sta alla base, l’anima. Anche perché se una cosa è già stata fatta a me non interessa. Voglio andare oltre, sempre.

E che mi dici delle T-shirt? Sono il vostro pezzo forte…
Ogni T-shirt è stata realizzata da un artista diverso: sono pezzi d’arte democratica. Questa per esempio è stata lanciata in occasione della New York Art Book Fair. Hai presente il film The Lost Boys? È una fan Tee del film realizzata da Peter Sutherland, il fotografo, e viene venduta con il mix tape della colonna sonora. Abbiamo anche una divisione musicale, la Brain Dead Records e pubblichiamo un sacco di cassette. Ma abbiamo anche vinili. Questa maglietta invece l’ha realizzata Jess Snot ed è una fan Tee bootleg dei Kraftwerk. E questa invece è opera di un artista di Londra che disegna gli inviti per le mostre di Isamu Noguchi. È interessante l’accostamento fra arte vera e propria e “back painting”. Mescolare alto e basso è un elemento fondamentale del nostro lavoro. Divertirsi, giocare. Restare con la mente aperta e ricettiva verso tutto.

Da questi oggetti si capisce che Brain Dead è il frutto di un lavoro collettivo, e non di un solo designer. Qual è il collante?
Devi sempre essere consapevole di quello che stai facendo. E non si tratta di cercare il guadagno economico. Quando instauriamo una collaborazione con un artista, siamo chiari reciprocamente, perché così capiamo che stiamo facendo qualcosa di autentico. E Brain Dead è davvero un concetto collettivo che ha lo scopo di veder realizzato qualcosa. Vuole raccontare qualcosa. Lo story telling nel nostro lavoro è fondamentale. Le mostre per noi sono un momento di divertimento. Ovviamente vogliamo creare dei prodotti e avere successo, ma qui si tratta anche di dare vita a delle storie. Non ci interessano i grandi numeri. Per esempio la maglietta di The Lost Boys è stata venduta in poche centinaia di pezzi solo alla Fiera a New York e qui. Altre T-shirts sono andate sold out in venti minuti online. Potremmo venderne migliaia, ma non è quello che vogliamo. Una volta esaurita una T-shirt ne proponiamo un’altra, e andiamo avanti. Oggi ormai sembra tutto già visto. Noi vogliamo creare qualcosa di speciale.

Lost Boys Brain Dead

In epoca di mercato di massa, cosa significa creare qualcosa di speciale?
In passato compravi un disco, lo ascoltavi, ti piaceva e poi compravi la fan Tee della band. Oggi invece la gente è più interessata a consumare. Comprano una fan Tee con una grafica particolare, poi scoprono che c’è anche un libro in un museo e rimangono a bocca aperta. Prima era “vedi l’arte, compra il prodotto”. Adesso è invece “compra il prodotto, capisci la cultura”. Ma sta arrivando l’epoca di quella che io chiamo “post post sincerity”. Oggi siamo al culmine della “new sincerity”, ovvero assenza di giudizio critico, nebbia, torpore nelle scelte. Mi piace tutto. Tutti vogliono indossare il merchandising di Kanye West, per esempio. Con la “post post sincerity” torneremo a pensare ciascuno con la propria testa. Impareremo nuovamente a scegliere cosa ci piace e cosa non ci piace. Ricominceremo a essere individui.

So che ami collezionare oggetti. Quali sono gli ultimi che hai aggiunto alla tua collezione? E cosa o chi ha influenzato il tuo lavoro più recente?
La ceramica, di sicuro. All’inizio collezionavo animali impagliati e dischi. Recentemente mi sono appassionato alla ceramica: è un’arte molto importante in California. Gli oggetti che colleziono sono molto ruvidi e primitivi nell’aspetto. Mi piace la pittura, ma nella ceramica devi modellare la materia molto velocemente, la devi cuocere e vetrificare: è una cosa così radicale. E tattile: puoi lasciare l’impronta della tua mano mentre la crei. Nella pittura vedi le pennellate, e sono bellissime, ma qui vedi proprio la tua mano. Mi piace l’arredamento, il Gruppo Memphis, Sottsass. Anche Bruno Munari ha influenzato molto il mio lavoro. Ha creato le cose più disparate: hai un’idea, realizzala. E questo è anche il nostro motto.

Sei anche Dj. E più tardi suonerai… Cosa?
Mi piace il post-punk, l’elettronica e il rock psichedelico. Da A Certain Ratio a Serge Gainsbourg, a roba più nuova come Marie Davidson. La musica è il mio motore.

Oggi sei andato in giro per Milano a fare shopping. Cosa hai comprato?
Dei piatti di Toiletpaper. E una borsa. Per la mia fidanzata.

Brain Dead

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