In Emilia il cibo è paziente, e che problema c’è? | Rolling Stone Italia
slow food, fast cars

In Emilia il cibo è paziente, e che problema c’è?

Dalle parti dei motori veloci, per mangiare è sempre meglio aspettare di più, intrattenendosi, quando è tempo di Emilia Food Fest, con un campionato di tagliatelle al ragù

Emilia Food Fest

Foto: press

Le acetaie del territorio modenese e reggiano, in Emilia, sono luoghi molto speciali. Non musei, non laboratori, ma spazi silenziosi dove il tempo è la coordinata che dirige ciò che avviene al suo interno: la fermentazione lunga e a singhiozzi del mosto, che a un certo punto, avanzando molto lentamente, diventa aceto balsamico.

È quel che succede, per citarne una, all’Acetaia Andreoli di Carpi, piccola e famigliare, dove le botti allineate in soffitta (le acetaie stanno sempre in soffitta, dove le temperature estive e invernali sono più estreme) fanno il loro lavoro da svariati decenni. Ogni anno, il mosto d’uva da cui si origina l’aceto prezioso viene spostato da una botte più grande a una più piccola, fino ad arrivare alla più piccola di tutte. Da questa viene estratto il prodotto finale, che viene consegnato alla Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Dopo un’analisi qualitativa, la Consorteria decide se imbottigliare l’aceto in piccole boccette da 100 ml progettate da Giorgetto Giugiaro — lo stesso che aveva inventato la Fiat Panda — e ufficializzarne la commerciabilità come ABTM.

Emilia Food Fest

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È un processo che non si può accelerare: dodici anni è la soglia minima. Questo serve a far capire che la cucina e i prodotti emiliani non sono fatti per i tempi rapidi, che ci vuole pazienza. Lella Andreoli, che oggi porta avanti l’attività iniziata dai suoi nonni, insieme al padre ultranovantenne, racconta sempre di come le prime botticelle fossero un regalo di nozze, un investimento più che un lusso, e non servivano a guarnire i piatti da Instagram, ma a dare un senso a un pezzo di pane quando il resto mancava. Balsamico come condimento, ma soprattutto come linguaggio: ogni botte, potesse parlare, racconterebbe anni di cura, attenzioni, passaggi di mano. Ogni goccia è il contrario dell’usa e getta, un micro-manifesto di resistenza culturale.

Emilia Food Fest

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Da qui si capisce anche lo spirito di EmiliaFoodFest, che dal ieri e fino al 28 settembre sarà a Carpi, a Nord di Modena, per la sua quarta edizione, e che vedrà presente anche l’Acetaia Andreoli. Il festival si propone di trasformare in spettacolo le icone della tradizione, tre giorni di eventi diffusi tra piazze e palazzi storici della cittadina emiliana, che offre una delle piazze più grandi per estensione in Italia. In programma showcooking, talk, degustazioni guidate, incontri con chef e produttori, ma anche disfide popolari, tipo quella delle tagliatelle al ragù o dei cappelletti, che diventano il modo più diretto per far vedere quanta competenza, e quanta identità, stiano dentro alla cucina emiliana, ormai conosciuta in tutto il mondo.

«L’EmiliaFoodFest» secondo le parole di Paola Poletti, Assessora al Commercio, Promozione della Città, Eventi e Turismo del Comune di Carpi, «è una vetrina sempre più importante per scoprire le tradizioni enogastronomiche e le eccellenze della cucina carpigiana. I produttori locali, veri artisti, sanno valorizzare i nostri prodotti e le tradizioni che ci distinguono. Quest’anno il festival si arricchisce con nuove De.Co.: protagoniste stria carpigiana e il cappelletto di Carpi, due tipicità che raccontano la nostra identità e che avranno momenti dedicati per farsi conoscere e apprezzare».

Emilia Food Fest

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Tra i momenti più avvincenti sicuramente pregustiamo la “Champions League delle Tagliatelle al Ragù”, due semifinali e una finale in cui le maestre sfogline di sei diverse province emiliane e romagnole metteranno alla prova le loro abilità tecniche e culinarie sfidandosi a colpi di mattarello per conquistare un trofeo, sotto la guida della maestra Rina Poletti, che accompagnerà il pubblico tra tecniche e racconti. E poi la maxi Rosetta (la rosetta è un formato di pasta ripiena locale: la sfoglia viene farcita con prosciutto e formaggio, avvolta a forma di rosa e ricoperta di besciamella), che verrà realizzata nella tensostruttura di Piazza Martiri dalle sfogline dell’Accademia della Sfoglia, una sorta di scultura che si potrà ammirare fino alla fine del festival. E poi la Disfida del Cappelletto Carpigiano, dove verrà aggiudicato il titolo del “Miglior cappelletto di EmiliaFoodFest” — valutato secondo la coerenza con il disciplinare De.Co (Denominazione Comunale), la qualità del ripieno, della sfoglia, la forma e alla dimensione della famosa pasta ripiena da gustare in brodo.

Emilia Food Fest

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Quello che vuole raccontare Emilia Food Fest è che l’Emilia non ha bisogno di inventarsi un’identità contemporanea, perché ce l’ha già. Deve solo renderla visibile senza svuotarla di significato. È il motivo per cui una disfida di tagliatelle può diventare più appassionante di un talent show, e lo gnocco fritto può essere elevato a street food con la stessa dignità di un bao o di un taco.

È la provincia che si mette in scena, senza complessi di inferiorità. La tradizione che diventa linguaggio pop, fluido, accessibile, da vivere e condividere, dove la lentezza è controcultura rivoluzionaria: in un presente che ti spinge a consumare, postare e dimenticare, l’Aceto Balsamico Tradizionale e gli altri cibi della tradizione alimentare emiliana ribadiscono che le cose importanti hanno bisogno di tempo.