In Corea del Sud, il dopo-sbornia è la sbornia stessa | Rolling Stone Italia
Culture

In Corea del Sud, il dopo-sbornia è la sbornia stessa

I rimedi per l’hangover, da quelli tradizionali alle nuove trovate, sono una vera e propria cultura, tanto che dal Governo è arrivato un (piccolo) stop

Una zuppa sudcoreana per curare l'hangover

Una zuppa sudcoreana per curare l'hangover

Foto: Costanza Musto

Per la mia generazione – i nati a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta – o forse solo nella mia più larga cerchia di amici, ubriacarsi è stata una parte cruciale della socialità universitaria. E se oggi le giovani generazioni sembrano voler tirare il freno a mano sul consumo abituale di alcolici, negli anni Dieci del Duemila non c’era festa in casa in cui non girassero bottiglie di vino acquistate per pochi euro al supermercato o serate che non fossero anticipate dal rituale collettivo dei boccioni, quando prima di entrare in un locale si ingollavano bottiglie di plastica piene di cocktail fatti in casa con le proporzioni completamente sballate (e mai per difetto).

Era inevitabile, dato il contesto, la proliferazione di una serie di grimori contenenti i rimedi cui far passare, o almeno alleviare, il dopo-sbornia. Una bustina di Oki. La buona-vecchia Aspirina. Una bella lattina di Coca-Cola. Una fetta, unta e salata, di pizza bianca. Un Gatorade ghiacciato. Rimedi più o meno codificati del “giorno-dopo”: una scienza inesatta e affidata esclusivamente a una personalissima ricerca empirica, in cui la cavia era il ricercatore stesso, ma che a volte era in grado di dimostrarsi molto efficace, anche su gruppi di controllo piuttosto ampi.

bar Corea del Sud

Foto: Costanza Musto

Mentre a queste latitudini sciamani e luminari si interrogano ancora sulla leggenda metropolitana secondo cui il rimedio migliore per far passare il dopo sbornia è bere una birra o un bicchiere di Prosecco per ricostituire gli enzimi, dall’altra parte del mondo, in Corea del Sud, le cure per l’hangover sono parte integrante della cultura del Paese, con tanto di contrasto/passaggio di testimone tra rimedi tradizionali e nuovi ritrovati.

Dalla capitale Seoul al più piccolo villaggio, quello della cura del dopo-sbornia è un universo di pratiche antiche e prodotti innovativi. Una cultura figlia, ovviamente, di quanto accade la sera prima: uscire insieme tra colleghi o amici e tracannare bottiglie di soju, una bevanda tradizionalmente ottenuta dalla distillazione di riso, orzo o frumento che nel 2019 è stata l’alcolico più bevuto del mondo. Un primo posto spinto quasi esclusivamente dal consumo interno, il che restituisce bene l’idea di quanto ai sudcoreani non dispiaccia bere un bicchiere di troppo.

L’alcool è anche un collante generazionale. In passato il makgeolli, una bevanda alcolica di riso fermentato, veniva usato durante i riti ancestrali. Oggi, il somaek, crasi che sta per soju + maekju (“birra”), aiuta a cementare le relazioni tra colleghi. E così, dopo l’orario di lavoro, prendono il via rumble di shottini, una cerimonia codificata: vista l’importanza che nel Paese si da agli anziani – e più in generale alla scala gerarchica – è il capo a decidere cosa, quanto e quando bere. Una dritta per i responsabili HR e formatori da team building italiani: chi beve di più, arrivando lercio a fine serata, dimostra di essere un perfetto impiegato, con un grande senso di squadra e di responsabilità.

È evidente che in questo contesto era necessario immaginare dei rimedi efficaci per l’hangover.

In principio furono le Haejang-guk, le “zuppe per inseguire i postumi di una sbornia”. Un genere gastronomico a sé stante, le cui preparazioni si perdono nella fosca zona grigia tra leggenda e ricette scritte nero su bianco. Sono zuppe economiche e spesso piccanti, con ingredienti pensati per reidratare e rinvigorire, cotti fino anche a sette ore: solitamente c’è una parte a base di carne di manzo o maiale – a volte solo le ossa – e una di verdure – cavolo nero o napa, perilla, cipollotto, daikon – a cui si aggiungono spezie e noodles o riso. La seonjiguk è a base di sangue coagulato di manzo. La gamjatang è a base di vertebre di maiale e patate. La gul-gukbap, una zuppa di riso con le ostriche.

zuppa hangover coreana

Una zuppa per l’hangover sudcoreana. Foto: Costanza Musto

Non c’è da sconvolgersi che alcuni dei locali che servono questi piatti siano aperti 24 ore su 24. Finire la serata all’alba con una bella zuppa per curare l’hangover? Il me ventenne ci avrebbe messo subito la firma.

Nel mentre però la tecnologia e la ricerca scientifica vanno avanti. La Corea del Sud è pur sempre la patria di Samsung, skin-care e K-Pop, e quindi ecco che dagli scaffali dei konbini – negozietti aperti tutti i giorni, tutto il giorno – spuntano confezioni colorate di nuovi prodotti che promettono di risolvere il doposbornia: gelatine, bevande, gelati, pillole. Uno dei brand più famosi è inno-N, che ha lanciato il suo primo prodotto nel 1992, una bevanda che nel tempo è stata anche adattata alle “esigenze” di mercato, con una versione per ladies, una light, una CEO e poi, trent’anni dopo, gli ormai famosi stick in gelatina.

stick doposbornia coreano

Uno stick doposbornia. Foto: Costanza Musto

Un mondo di etichette fluorescenti a metà tra un energy drink e una carta dei Pokémon, da scartare e consumare mezz’ora prima di iniziare a bere, o la mattina appena svegli. Un espediente da tenere in borsa per ogni evenienza. Un piccolo regalo da fare a un amico o a un collega prima di ordinare una bottiglia di soju e un paio di Cass (famosa birra sudcoreana) ghiacciate.

La birra sudcoreana Cass

La birra sudcoreana Cass. Foto: Costanza Musto

Gli ingredienti sono i più disparati: ciliegio, prugna, corniolo, mango, mela verde. Le promesse dei claim miracolose: mai più dopo-sbornia.

E infatti il Governo di Seoul, tramite il Ministry of Food and Drug Safety, ha annunciato un giro di vite sulla normativa che regola la produzione e la vendita di questi rimedi anti-hangover: dal novembre di quest’anno, complici anche diversi sondaggi che ne negli anni ne hanno fatto vacillare l’efficacia, solo i prodotti che presentano prove scientifiche dei loro risultati effettivi potranno mantenere in etichetta claim entusiasti. Non solo: da gennaio 2026 le aziende produttrici dovranno testare i loro ritrovati con trial clinici umani, misurazioni approfondite e analisi dei sintomi prima e dopo l’uso.

Il mercato dei rimedi per il dopo-sbornia è vasto e remunerativo, quantificato in 246 milioni di dollari nel 2023, con stime che ne prevedono un aumento di quasi il 500% nel giro di meno di un decennio. Un mercato spinto anche dai toni miracolosi e sensazionalisti con cui bustine e bevande anti-hangover sono stati promossi negli ultimi anni. E che il Governo vuole provare a normalizzare.