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Il Tesla Diner di Elon Musk è intelligente, ma non si applica

Un locale avveniristico, un menu americanissimo, le mance coperte dalla casa madre. Le basi ci sono tutte, quello che manca è qualcosa per ricordarselo. E pure gli acclamati robottini per servire ai tavoli
Tesla Diner

Foto: Niccolò Sandroni

Uomo più ricco del mondo, CEO di Space X, Tesla, Starlink, Neuralink, Twitter/X, prima amato da Trump poi inviso dal popolo MAGA e ora anche ristoratore. Tra le molteplici attività e vicende in cui è coinvolto Elon Musk da qualche mese c’è anche la ristorazione, con un diner aperto a Los Angeles il quale, come tutte le cose che lo riguardano, ha destato molto interesse.

La curiosità per il Tesla Diner è stata amplificata dal fatto che, secondo alcuni contenuti circolati sui social, a servire ci sarebbe stato Optimus, robot umanoide costruito da Tesla. In particolare, nei video si poteva vedere Optimus che distribuiva pop-corn agli avventori. Qualcosa di incredibile, ma non così tanto se si pensa che a Los Angeles, San Francisco e in altre città americane si possono trovare con grande frequenza taxi a guida autonoma e robot che consegnano posta. Ciò nonostante, in questo caso ci sarebbe stata una vera e propria interazione con una grandissima quantità di persone. Purtroppo, Optimus ha timbrato il cartellino solo per un giorno, quello dell’inaugurazione. Già da questo uno potrebbe dirsi deluso, tuttavia, trovandomi a Los Angeles, ho deciso di provare il Tesla Diner e constatare di persona se, come le altre sue attività, fosse davvero sorprendente.

Arrivato a West Hollywood, al 7001 di Santa Monica Boulevard, vengo accolto da una protesta nei confronti del miliardario. Una contestazione che accompagnerà la mia esperienza con canzoni abbastanza orecchiabili in cui si definisce Elon Musk nazista, drogato, finanziatore di Trump e quant’altro. Malgrado le rimostranze, c’era fila. L’ingresso al diner era contingentato e la coda iniziava dal parcheggio che pullulava di Tesla, tra cui anche diversi Cybertruck. Questo perché l’intera aerea è la più grande stazione supercharger urbana al mondo, con ben 80 colonnine. Inoltre, se guidi una macchina di Musk, godi di alcuni privilegi: per te il diner è aperto a qualsiasi ora del giorno e della notte e puoi essere servito comodamente alla tua vettura. Se invece non hai una Tesla, le porte si chiudono a mezzanotte. In aggiunta, nel parcheggio sono presenti due enormi schermi che mandano film e serie tv ininterrottamente. Questo in teoria dovrebbe garantire un intrattenimento sia drive-in che non, grazie all’ampia terrazza del ristorante. In realtà, solo se sei auto-Tesla-munito puoi sentire l’audio, se invece sei un pedone, ti limiti a vedere le immagini in movimento.

Foto: Niccolò Sandroni

Sprovvisto di una Tesla, mi sono posizionato in fila. Distratto un po’ dalla serie tv in onda al momento (2 Broke girls) e un po’ dalla contestazione, sono rimasto poi affascinato da chi mi precedeva. Una famiglia messicana ascoltava con attenzione una signora alquanto bizzarra e dall’aspetto (purtroppo) non insolito per le strade losangeline. Presto orecchio alla conversazione e rimango sorpreso da quello che riesco a cogliere. La donna dice di frequentare il diner da un mese, specificando «tre volte al giorno, vengo qui a ogni pasto» ed è certa che questa routine la faccia dimagrire. Ovviamente è esperta della struttura, dice che viene offerta acqua gratis, ma non i refill di soda, e conserva tutte le scatole a forma di Cybertruck in cui vengono serviti i panini. Documenta tutto sui social ed è fermamente convinta che Elon Musk guardi il suo profilo Instagram. La donna è anche molto gentile e tira fuori da un grosso zaino una bibita frizzante che regala al bambino. Già durante l’attesa posso ritenermi soddisfatto, sarà così anche dentro?

Foto: Niccolò Sandroni

Sia all’esterno che all’interno è chiara l’ispirazione retro-futuristica, del resto è questo lo stile di Musk, dalle auto ai razzi. Alla base e al vertice delle scale interne ci sono due esemplari di Optimus, messi in bella vista dentro teche di vetro. E il cibo? Nel menu ci sono i capisaldi della cucina statunitense: cheeseburger, hot dog, grilled cheese, panino con pollo fritto e tuna melt. Ma si possono ordinare anche il chili di wagyu e addirittura un’insalata. L’alternativa vegana è presente con il panino con i funghi fritti. Siamo pur sempre in un diner, quindi si possono richiedere patatine fritte e apple pie. È anche vero che siamo in un diner di proprietà di un turbocapitalista, quindi da bere c’è pure la Nitro, cioè caffè freddo con l’aggiunta di azoto. I prezzi sono in linea con i competitor: 13,50 $ per un hamburger, 4 per le patatine, lo stesso per le bevande.

Scelgo il Tesla Burger, le patatine e il tuna melt, innaffiando il tutto con una Coca-Cola e una Nitro. Per chi non lo sapesse, il tuna melt è un celebre sandwich che va per la maggiore negli States ed è composto principalmente da tonno, maionese e cheddar, servito in un abbraccio di pane in cassetta ben tostato. Questa duplice scelta mi consente di avere una visione sì parziale, ma abbastanza rivelatoria delle qualità della cucina (la capacità del mio stomaco è quella che è, e poco dopo avrei cenato all’Apple Pan, locale cult di L.A. all’opposto in termini di vibes ed estetica rispetto al Tesla).

Foto: Niccolò Sandroni

Convinto che il cibo arrivi in una confezione Cybertruck, scopro con dispiacere che non è così. Ricevo un’anonima scatolina bianca con sopra appiccicato uno sticker con un fulmine, simbolo del ristorante. Tuttavia, il Tesla Burger è promosso: il bun è soffice e delicato, l’hamburger è smash, ci sono due cetriolini che spezzano il sapore del formaggio e la loro “Electric Sauce” – maionese, senape, cipolla bianca a cubetti – mi ricorda molto la salsa del Big Mac e del Double-decker Burger del leggendario Bob’s Big Boy. Anche le patatine si difendono bene, nulla da obiettare. Discorso molto diverso per il tuna melt. Gli ingredienti ci sono tutti, il problema è l’eccessiva presenza di uno di questi: l’aneto. Può darsi che questa versione ardita sia apprezzata dagli abitanti di Los Angeles (sicuramente è ben vista dalla rispettabilissima rivista Eater), ma la quantità e il sapore sovrastavano tutti gli altri ingredienti: il risultato è stato insopportabile per il mio palato. Un’esperienza agli antipodi rispetto al tuna melt che avevo invece gustato a New York da S&P Lunch (ex Eisenberg’s Sandwich Shop), tra i massimi esperti in materia. Prima della conclusione una nota peculiare in merito al gentilissimo personale: la mancia non è richiesta, “Tesla covers tipping for stuff”.

Tuna melt al Tesla Diner. Foto: Niccolò Sandroni

Hamburger al Tesla Diner. Foto: Niccolò Sandroni

Quindi? L’esperienza è piacevole, ma non c’è l’effetto “wow” richiesto da Bruno Barbieri in 4 hotel. Il menu invece è promosso, ma con riserva. Non ci sono campioni, anzi c’è la nota dolente del tuna melt. Per quanto avveniristico possa essere il diner di Elon Musk, non impensierisce di certo i landmark cittadini, men che meno quelli del resto del Paese. Tuttavia, la fila fuori – accompagnata dalle contestazioni – continuerà a esserci e sarà composta da curiosi, clienti che ne approfittano per mangiare e fare il pieno alla propria Tesla e da chi è convinto degli effetti benefici di una dieta da fast food. Dopo il settore delle auto, dello spazio e della comunicazione, se il miliardario sudafricano vuole davvero rivoluzionare la ristorazione, deve sistemare il tuna melt e rimettere in sala (tutti i giorni) quell’elemento futuristico che fin da subito ha attirato l’attenzione delle persone, cioè Optimus. Altrimenti sarà solo un bel drive-in con un sandwich troppo speziato.

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