Il podcast-reportage sulle tracce di Matteo Messina Denaro | Rolling Stone Italia
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Il podcast-reportage sulle tracce di Matteo Messina Denaro

"L'isola di Matteo", uscito per Audible, è un viaggio in 10 puntata nella Sicilia del boss mafioso ricercato numero uno, di cui non abbiamo nemmeno una foto, per raccontare il suo mondo. Ne abbiamo parlato con gli autori: Matteo Caccia, Giacomo Di Girolamo e Luca Micheli

Il podcast-reportage sulle tracce di Matteo Messina Denaro

Da tempo alcuni sostengono che il futuro del reportage è nei podcast: una dimensione che può essere inizialmente complicato immaginare, perché tutta la parte suggestiva di immagini dei video o delle foto deve essere sostituita dai suoni. Io almeno facevo fatica ad immaginarlo, finché non ho ascoltato L’Isola di Matteo – In Sicilia Nei Luoghi di Matteo Messina Denaro, il nuovo podcast di Matteo Caccia, prodotto Luca Micheli e uscito con Audible, in cui i due affrontano un viaggio nella Sicilia Occidentale, per esplorare il sottobosco di relazioni, controllo del territorio, e storie che compongono la storia del mafioso e latitante italiano più famoso.

A guidarli c’è Giacomo Di Girolamo – giornalista, scrittore e autore de L’Invisibile, un libro che racconta la vita e la figura di Messina Denaro – che da una vita si occupa di raccontare la mafia (con il suo programma quotidiano alla radio di Marsala e il portale di informazione TP24 ,che ha fondato e che dirige tuttora) e i suoi legami con il territorio di Marsala. Le 10 puntate che compongono il podcast rappresentano un’esperienza molto peculiare rispetto alla maggior parte dei contenuti di questo genere a cui siamo abituati. Perché la struttura del reportage smaltisce molta della retorica che solitamente glassa i racconti sulla mafia, e restituisce un viaggio reale e coinvolgente, fatto di digressioni e sterzate estemporanee.

Come è nata l’idea di realizzare questo progetto nella forma reportage?
Matteo Caccia: Allora l’idea è nata dall’incontro con Giacomo Di Girolamo durante un festival: lui mi chiese se c’era spazio per realizzare un podcast sulla storia di Messina Denaro. Io ci riflettei un po’, e poi gli proposi il progetto che poi abbiamo realizzato: raccontare direttamente la storia di Giacomo, che vive nei luoghi di Messina Denaro e racconta tutti i giorni quella realtà: e questo ci ha portato al reportage. Non essendo un giornalista non realizzo inchieste, scoprire notizie non è il mio lavoro, io cerco di trovare un punto d’osservazione sulle storie.

Questo è un podcast dallo stile inedito per il tema che affronta: ci sono molte digressioni, aneddoti, e con un tono piuttosto peculiare.
Matteo Caccia: Io credo che il vantaggio di essersi recati sul luogo, e che Giacomo raccontasse le sue storie in varie ambientazioni, sia quello di regalare a chi ascolta la possibilità di essere lì. Di “ascoltare” l’atmosfera che anche io e Luca abbiamo vissuto mentre Giacomo leggeva un brano del suo libro su un molo dello Stagnone, o raccontava del controllo del territorio attraverso il business dell’eolico mentre si sentivano in sottofondo le pale fischiare per il maestrale. Di essere lì, e questo aggiunge profondità. È una prospettiva scontata per il video, ma non per il podcast.

Come è stato, per Giacomo, mettersi al centro di questo racconto e fare da collante con il territorio e le storie da raccontare?
Giacomo Di Girolamo: È stato bello, e tutto sommato facile. Fare da collante con il territorio è il mio mestiere, nel senso che poi quando fai radio il tuo mestiero è sempre quello di “buttare le reti”, osservare il pescato, e poi restituire all’ascoltatore quello che hai trovato.

Forse la parte più difficile è sempre quella di rendere comprensibili queste storie per chi viene da fuori: chi non conosce questa terra ha sempre una prospettiva della mafia molto pittoresca e banale. Alcuni si sorprendono di vedermi vivo, nonostante quello che faccio. Matteo e Luca invece si sono lasciati guidare, con un approccio di ascolto molto felice. Sono partiti con un’idea, quella di abbandonarsi al racconto, e io ero pronto a raccontare. Poi lo abbiamo realizzato alla fine del primo lockdown, e avevamo tutti voglia di riappropriarci della nostra vita e di fare questa esperienza. Che è stata magica.

Io non amo particolarmente l’espressione “giornalismo immersivo”, perché si usa spesso a sproposito. Credo che però stavolta Matteo e Luca, anche non essendo giornalisti, abbiano realizzato veramente un’esperienza immersiva.

Anche dal punto di vista tecnico è stato un po’ un’esperienza di abbandono, nel senso che spesso vi siete trovati in situazioni in cui la qualità del registrato rischiava di essere compromessa dai suoni ambientali. Avete intervistato Lorenzo Cimarosa, primo pentito della famiglia di Messina Denaro, all’interno di un McDonalds, ad esempio.
Luca Micheli: Io e Matteo veniamo da anni di podcast e radio super montata e super curata. Volevamo appunto fare una cosa diversa, un esperimento più punk: in modo da cogliere anche l’emotività e la vitalità di un particolare momento del racconto. In realtà dal punto di vista tecnico il lavoro è stato abbastanza gestibile, con qualche accorgimento. Anzi: dal punto di vista del suono la ricchezza di dettagli e di sfumature è stato molto più ricco, ed è un esperimento che richiede spesso meno sound design. Perché quasi tutto viene direttamente raccolto in presa diretta, e poi magari alcuni dettagli registrati successivamente sul luogo.

Cosa vi hanno colpito di più di questa esperienza?
Matteo Caccia: L’ironia e l’autoironia di Giacomo nel raccontare la sua storia e quello che lo circonda, perché da una prospettiva molto diversa rispetto alla solite storie sulla mafia. È anche una posizione scomoda, perché raccontarsi come il giornalista in pericolo, che deve barcamenarsi in una posizione estremamente scomoda, fa più audience. Lui invece ti racconta che ha ascoltato un’intercettazione in cui due mafiosi parlano di lui, lo insultano, e ci ride sopra. È un modo di raccontare travolgente, e soprattutto onesto e reale. Lui non dice “guardate cosa mi ha fatto la mafia”, ma si limita a raccontarla.
Luca Micheli: L’episodio che citavi prima, l’intervista a Cimarosa. È stato uno dei momenti più intensi. E poi in generale tutto l’ecosistema che ruota attorno a Giacomo e al suo lavoro, con questa redazione e dei collaboratori giovanissimi che sembrano usciti da un film di Soderbergh.

In tutto questo il tema centrale del podcast rimane sullo sfondo, e proprio per questo si riverbera. Che tipo di figura è diventata quella di Matteo Messina Denaro, e perché è importante raccontare la sua storia e il sistema di relazioni che gli ruota attorno?
Giacomo di Girolamo: Messina Denaro è il latitante italiano più ricercato al mondo, e dal 1993 si sa pochissimo di lui. È talmente invisibile che lo stato non ha niente di lui, neanche una foto: le sue immagini vengono rielaborate al computer di anno in anno. È la figura che ha cambiato la storia della Mafia e della nostra terra, portandola ad un processo di trasformazione e inabissamento. È un criminale spietato, il pupillo di Totò Riina, e c’è chi dice che sia ancora lui a custodire i segreti della trattativa fra lo Stato e la mafia.

Però per me raccontare Matteo Messina Denaro significa soprattutto raccontare il mio territorio e il suo sistema di relazioni. Perché se oggi la mafia pare ancora invincibile è a causa del suo sistema di relazioni: sulla mafia si dicono molte cose, ma questa è vera: la forza della mafia è al di fuori della mafia. Il mafioso controlla il territorio con le relazioni, non solo con la pistola. E questo nel podcast emerge con chiarezza.

Arrivati alla fine di questa esperienza, che idea vi siete fatti della figura di Messina Denaro?
Matteo Caccia: Io faccio fatica a pensare che in questo momento in Sicilia, in un angolo di Castelvetrano, ci sia un essere umano nascosto che sta facendo un solitario o mangiando delle lasagne da un tupperware. Penso che sia un’allegoria, e che sia più importante quello che è sotto i nostri occhi. Non mi interessa lui, o quello che fa, ma quello che possiamo vedere e la vita criminale intorno a  lui.
Luca Micheli: A un certo punto per noi era diventato un fantasma evocato, che faceva molto contrasto con i racconti di Giacomo sulla realtà mafiosa quotidiana.

Dopo questa esperienza cosa avete in cantiere?
Matteo Caccia: Il prossimo progetto sarà in contemporanea con il decimo anniversario con l’affondamento della Costa Concordia. Un racconto corale degli abitanti dell’isola: come quell’evento ha cambiato la loro vita.Ci stiamo già lavorando, e fra due mesi andremo a fare un primo sopralluogo.