Il mondo di Liz: cronaca di una vita divorata | Rolling Stone Italia
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Il mondo di Liz: cronaca di una vita divorata

'Come facevano a vivere nell'Ottocento senza tranquillanti?' è un romanzo-memoir scritto da Carla Milesi di Gresy: l'intenso racconto di un'esistenza che si intreccia con la storia della cultura pop

Il mondo di Liz: cronaca di una vita divorata

Una serata qualunque al celebre Studio 54 di New York negli anni '80

È una vita rock quella di Carla Milesi di Gresy, così come appare nel suo libro Come facevano a vivere nell’Ottocento senza tranquillanti?. Immaginiamo un’esistenza tra Milano, Parigi, New York con puntate a Gstaad e Ibiza negli anni in cui tutto sembrava succedere in quei luoghi.

A New York ­erano gli anni ’80: naturalmente Carla frequentava l’Area, la discoteca cult con Madonna di casa, i pitoni in vetrina attorcigliati a ballerine nude, le coppie in fila per fare pipì insieme per testare le complicità. La ragazza Carla, qui trasfigurata letterariamente nel personaggio di Liz, entra in quel mondo dalla porta principale, scortata dalla sua amica Maripol. Un mondo dove erano tutti amici tra loro: Madonna, Rod Stewart, Britt Ekland, Michael Jackson, Basquiat, Keith Haring.

Paragonato all’arrivo con i suoi amici ben educati, incerti sulle telefonate da fare per non sbagliare immagine, questo le sembrava l’atterraggio su un nuovo pianeta sociale. Basquiat viveva a casa di Maripol, era l’amante occasionale di Madonna, che poi avrebbe rinnegato sui giornali il suo flirt con lui non appena diventata famosa, per non mischiarsi con un drogato che riempiva i muri di Soho con graffiti. Ma lui, firmandosi Samo, rallegrava Canal Street di meravigliosi disegni e sarebbe passato alla Storia dell’arte. E poi le serate al 54, il club più esclusivo, che consentiva l’ingresso solo ai ricchi e famosi della più sofisticata società newyorkese. A New York Liz è innamorata di Paolo, rampollo di una grande e nobile famiglia italiana: insieme arredano un piccolo appartamento con i mobili comprati al Salvation Army, conoscono Fiorucci, sfiorano l’inizio della grande peste del secolo, l’Aids, ancora in incubatrice ma che di lì a poco avrebbe falciato tanti dei loro amici.

Quel bagno di cultura newyorkese non si ritrova a Gstaad, dove Liz passa lunghi periodi: la società locale era respingente verso la cultura, il nuovo, perché la battuta tagliente era più divertente dello sfoggio culturale: la letteratura, il design, l’arte contemporanea, la musica facevano la loro apparizione in modo primitivo. A Gstaad era l’alta finanza, con Madoff il rapace lupo della Borsa mondiale, a dominare le serate mondane. Gli happy few dichiaravano sconsolati “Beati quelli che hanno una sola casa. Ti confondi con le cose che hai, sono in una casa o in quell’altra? Che palle!”.

Tutto diverso da Ibiza, da Tangeri, da Marrakesch dove Liz trascorre periodi intensi e vita rocambolesca stringendo amicizie speciali, tanto che a volte si ritrovava a sognare “una minestrina in una pensione di Forte dei Marmi”. Gli anni trascorrono in fretta quando si divora la vita come fa Liz, protagonista di una storia il cui eccesso è stemperato dalla solidità delle origini familiari, da una tradizione borghese che aiuta a non oltrepassare i limiti. E l’ultima parte del libro, ­struggente e bellissima, è il diario della non lunga agonia di Paolo, il suo grande amore, il padre dei suoi figli, in una successioni di eventi domestici e raccolti che contrastano con la fame di esperienze che aveva caratterizzato gli anni della giovinezza. Con una lingua piana ed efficace, attraversato dall’ossessione psicanalitica della protagonista che non smette di interrogarsi su se stessa, Come facevano a vivere nell’Ottocento senza tranquillanti? è un libro insolito nel panorama letterario italiano, a metà tra autobiografia e fiction, tra curiosa indagine sociologica e memoir introspettivo. Un libro che diverte e commuove.

Carla Milesi di Gresy, Come facevano a vivere nell’Ottocento senza tranquillanti?, Edizioni Bietti (512 pp., € 18,00)