Il grande Pop di AkaB | Rolling Stone Italia
Human Kit

Il grande Pop di AkaB

L’arte di Gabriele Di Benedetto rivive grazie ad Associazione AkaB, che sta curando e ripubblicando l’opera omnia di un genio del fumetto underground morto troppo presto. Il ricordo di un amico

Il grande Pop di AkaB

«La mia intenzione è quella di legare la parola “Pop” a qualcosa di nefasto…», scriveva AkaB nell’introduzione al suo magnifico fumetto metafisico, assurdo e tragicomico Pop – Vite ascensionali (appena pubblicato da Nuove Sido in una nuova edizione imperdibile con tavole inedite). Anello di congiunzione tra la strip buffa e abissi di vuoto, vanità e presa di coscienza, manifesto dell’umorismo feroce dell’artista..

Dove “il grande Pop” era la morte onomatopeica e inevitabile di una serie di palloncini dalle teste antropomorfe, dotati di pensieri, ossessioni, idiosincrasie e depressioni da “uomini”. Salivano sempre più verso il cielo, sopra a un ipermercato, parlando assurdamente di amori, infinito, insensatezze, fino al “grande Pop”…

«Avere vicino sempre qualcuno con cui confrontarsi, un amico speciale… Bob ti voglio bene, tu sei la mia famiglia. E tu mi vuoi bene, Bob? Eh? Mi vuoi bene?». «No. E non mi chiamo Bob». Pop!

Gli ominidi palloni gonfiati. Pieni di vuoto e di nulla, di tormenti e delusioni. Forma tonda di solitudini tangibili e collettive, fino all’ineludibile esplosione finale. In poche tavole, tratti ruvidi, tutto l’aspetto ridicolo e caricaturale della vacuità dell’uomo contemporaneo egoriferito, in realtà anonimo e dalla vita breve.

L’arte di AkaB, Gabriele Di Benedetto (1976-2019), rivive grazie ad Associazione AkaB, che sta curando e ripubblicando l’opera omnia di un genio del fumetto underground morto troppo presto.

Una tavola di ‘Human Kit’

Sono già disponibili, oltre a Pop – Vite ascensionali, anche altri volumi. Human Kit, cartoline cupe della “biblioteca onirica” che rompono gli schemi, fin dal formato: auto-ritratti dell’artista che sta per incontrare un’entità superiore, mentre è immerso in una sostanza gelatinosa. È disponibile anche Calendario generico di AkaB, ovvero «strumento funzionale per convincerti che non puoi capire la tua vita». Le altre opere arriveranno nei prossimi mesi.

Proprio le tavole di Pop! verranno esposte (dal 25 al 28 aprile) al prossimo Comicon di Napoli (AkaB: Verso il Pop!, Padiglione 1).

Su RaiPlay è stato invece visibile in streaming fino a pochi giorni fa il documentario Io porto una piuma scritto da Carlotta Vacchelli e diretto da Andrea Castagna. Il film prende il titolo dall’opera Plume, in cui AkaB citava il detto francese (attribuito a Hugo e ripreso da Carmelo Bene): «Chacun porte sa croix/moi je porte une plume». Il doc è stato presentato allo scorso Lucca Comics insieme a una personale dedicata all’artista. Compaiono amici, colleghi, collaboratori e affetti: Isa De Pica, Alberto Ponticelli e il collettivo Dummy…

Cupo, cinico, disturbante, buffo in ogni singola tavola o nei film che ha diretto (Mattatoio, Vita e opere di un santo). Irridente e divertentissimo nella vita reale (ho avuto la fortuna di essergli amico).

Ricordo un sabato notte all’esterno del Libra di Monza, con lui, Isa e alcuni amici artisti del gruppo Dummy (Alberto Ponticelli e Squaz). Gabriele fumava una sigaretta dopo l’altra. Nell’“altro” mondo, parallelo alla sua esistenza fiammeggiante, era in corso la finale di Sanremo. Un’auto al semaforo con i finestrini aperti e lo stereo a palla sintonizzato proprio sul programma nazional Pop (!) della Rai. Gabri strillò: «Oh, allora, chi ha vinto ‘sto Festivaaaaaal?!». Dall’auto, senza risposta alcuna, occhi spaventati lo fissarono come fosse un alieno.

Gabriele-AkaB era davvero un alieno. Ha sempre detto quello che pensava, senza preoccuparsi di infastidire o urtare. Artista libertario senza paraocchi, né parrocchie (ha bisticciato con molti). Sapeva ridere di ogni cosa come solo i veri artisti sanno fare. La sua opera è sempre stata potente, feroce e impastata di oscurità vischiosa e inquietante.

Una sera a casa sua abbiamo visto un vecchio film di Wes Craven che non vedevo da una vita, La casa nera. E a volte se ne usciva con frasi più forti di quelle di un mero critico cinematografico: «sembra Pollicino in versione patinatamente horror, preferisco il Craven più crudo e viscerale…».

Invitato all’Università Iulm di Milano fece ridere l’intera classe quasi come uno stand up comedian, cazzeggiando e sbeffeggiando genericamente “l’artista famoso che se la tira”, «ma per cosa se la tira? Solo perché ha avuto più culo degli altri? Nella vita ti salvi se hai un gran culo… ha già detto qualcuno…». E poi, d’improvviso, ha ammutolito tutti, mostrando alcune tavole emotivamente e visivamente devastanti di Storia di una madre. Tavole senza parole che parevano – e paiono ancora – sanguinare colori, lutto e dolore. Visioni distorte da una celebre e tragica fiaba di Hans Christian Andersen.

Qualche tempo dopo, alla presentazione di DEFRAGMENT, qualcuno tra il pubblico gli pose una domanda sul senso della vita. Lui rispose fulmineo, citando Douglas Adams, «Questa la so… 42!».

La sua morte è stata sconvolgente. Per chi ha amato il leggendario Shock Studio e i suoi fumetti sovversivi, in parte autobiografici e bellissimi. I film, le tavole per il Male

Che tu possa riposare in pace, ridendo ancora di questo mondo assurdo.

Altre notizie su:  AkaB Pop – Vite ascensionali