Quando apro il frigo cito sempre Fight Club: «Che imbarazzo, una casa piena di condimenti e niente cibo». Questo perché non faccio spese settimanali, acquisti intelligenti, programmati e ponderati, mi ritrovo sempre all’ultimo momento prima della chiusura del supermercato a mettere insieme qualcosa di improbabile e improvvisato per un pasto che spesso conduce a un risultato tutt’al più passabile.
Per fortuna le cose vanno diversamente quando apro il freezer. Qui transitano svariati surgelati interessanti insieme a qualche bottiglia di gin, ma di sicuro si possono trovare almeno tre cose: una confezione di patatine fritte, un minestrone e un ricordo di quattro anni fa; non una cosa immateriale ma tangibile e potenzialmente edibile, un limone dell’albero della piscina dello Chateau Marmont di Los Angeles che non verrà mai consumato, nonostante abbia ancora un bell’aspetto.
Le patatine fritte surgelate sono una costante, una sorta di coperta di Linus. Qualsiasi cosa accada posso contare sul fatto che a sollevarmi il morale ci saranno loro, impreziosite dai condimenti della sovrastante zona frigo. Per quanto riguarda il minestrone, il sentimento è agli antipodi. È la realtà fatta cibo, e ogni volta che apro quello scompartimento mi si ripresenta davanti, inesorabile e inevitabile. Prima o poi dovrò affrontarla e far fuori quell’intruglio di verdure benefiche per un pasto salutare ma insapore quanto l’acqua.
Nel frigorifero le cose vanno e vengono, sono fugaci, hanno vita breve e dettano quella che sarà la tua dieta nei giorni seguenti. Chi sta per scadere ha la precedenza, chi non può rimanere aperto a lungo idem, e puntualmente non sono i cibi che vuoi mangiare in quel momento. Il freezer segue altre regole: i surgelati non hanno fretta, godono di ottima conservazione pluriennale e soprattutto sono disponibili a essere frazionati e ripresi in seguito, quando hai più voglia, ben disposti e senza cambiare di una virgola.
Il congelatore è dove tutti gli sfaticati dei fornelli e impreparati della spesa possono adagiarsi. È qui che i loro ricordi sopravvivono e tornano a brillare per allietare le serate più tormentate. Dall’ibernazione del freezer alle fiamme dei fornelli o alla cottura ventilata del forno, un processo che va da un estremo a un altro, una pratica necessaria per riportare in vita sapore e aspetto di questi “comfort food”, dove per comfort si intende la semplicità di esecuzione, ma non solo.
Alcuni surgelati più di altri sono responsabili di un positivo trasporto emotivo dovuto al passato, caratteristica che, insieme alla loro praticità nella conservazione e preparazione, sopperisce a minor gusto e freschezza rispetto ai loro omologhi realizzati “in presa diretta”. Questo a causa della pubblicità e delle strategie di marketing con nomi e marchi che ci hanno fatto emozionare in tenera età e che ora tornano a coccolarci. Il tempo può trascorrere inesorabile ma loro resteranno sempre lì, in disparte, chiusi in un cassetto. Disponibili proprio come lo è un bel ricordo.
La squadra vanta alcuni campioni del buon umore: bastoncini di merluzzo, pigs in a blanket (mini würstel avvolti in una leggera sfoglia, facilissimi da preparare d’accordo, ma vuoi mettere comprarli già pronti?), quelle mezze lune sorridenti dei Sofficini, ripieni di pomodoro e mozzarella o prosciutto e formaggio oppure solo formaggio; olive all’ascolana, mozzarelline prefritte, mozzarelle in carrozza, nugget di pollo, piccole sfiziose pizzette quadrate o classiche di medie dimensioni, esteticamente orripilanti e dal sapore insoddisfacente, capaci di provocare una rivolta in un luogo pubblico ma che, all’interno delle mura domestiche, diventano d’un tratto “niente male”.
In un’epoca dominata da contenuti social e televisivi sulla cucina, molti sono contrari a queste pietanze. Gli esperti del proselitismo culinario inorridiscono e accusano i falsi profeti surgelati di non essere vero cibo. Per loro non si può scendere fino a certi compromessi, insinuando che, alla fine, sono sufficienti pochi semplici ingredienti per realizzare piatti migliori, più salutari e saporiti. La verità è che non dobbiamo vergognarci e che nessuno può dirci come vivere le nostre vite, anche a tavola. Ognuno di noi in fondo ripone speranze nel contenuto di un freezer e in uno di questi prodotti, ma va riconosciuto un limite, almeno per me. Pensate al cacciucco: sicuramente c’è qualcuno che gli assegna grande importanza, ma quel qualcuno non sono io, pur sorridendo alla reminiscenza della pubblicità di Diego Abatantuono per la Buitoni. Forse perché non sono mai stato conquistato dal pesce surgelato. Allo stesso modo ho provato ad addentrarmi verso gli spaghetti alla carbonara o alla amatriciana: qui manca proprio l’anima e nessun miracolo o progresso scientifico, almeno per ora, è riuscito ad avvicinare il prodotto surgelato a quello preparato al momento.
Discorso simile per la frutta e la verdura, anche se con alcune eccezioni. Abbiamo già parlato male del “minestriste” di cui sopra ma è doveroso menzionare qualcosa di più divertente e saporito. Parlo di quei rotondi e verdi piselli pepati, alternati nella forma e nel colore da perfetti quadrati di tenero prosciutto rosa affumicato, un contorno superbo che porta una ventata di felicità a ogni insipido petto di pollo. Ma aggiungo anche le enormi quantità di spinaci a blocchi ghiacciati o le verdure prima grigliate e poi ibernate e perché no, addirittura le vellutate congelate che attendono di tornare alla forma liquida per conformità al proprio nome.
Ovviamente questa landa fredda e spesso desolata è anche patria per eccellenza del gelato e dei dolci, ma sarebbe troppo scontato avere una vaschetta multigusto o qualche cono o stecco variegato. Se è estate meglio una scorta di ghiaccioli assortiti altrimenti, se si decide di rinnegare il tempo in cui si vive, non c’è dolce migliore della Viennetta. Più bella che buona, scomoda da sporzionare ma dal sapore leggero e non invadente, questo semifreddo elegante e sensuale è stato uno dei simboli degli anni Ottanta e ha avuto poi un ultimo sussulto nei Novanta. Dopodiché, insinuata dal Gran Soleil e dall’ascesa nelle tavole italiane della globalizzazione culinaria – la cheesecake americana per esempio – di lei si sono perse le tracce.
Tempo fa mi sono voluto affidare di nuovo alla Viennetta per concludere una cena con ospiti, ben consapevole che avrei servito non un semplice dessert ma un ricordo e che questo sarebbe stato davvero dolce. La conferma è arrivata poi dall’immancabile foto social, la quale ha contagiato le menti di un parterre più ampio di commensali virtuali. Non avrei raggiunto lo stesso risultato con la cheesecake, con il tiramisù e neppure con una creazione di alta pasticceria.
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Tutti noi ci siamo affidati ai surgelati in qualche occasione, vuoi per mancanza di idee, vuoi per mancanza di abilità culinarie, vuoi perché ormai era sopraggiunto l’orario di chiusura degli esercizi commerciali. Vero è che questo avveniva soprattutto in passato, poi dal 2010 con la proliferazione dei fast food e l’invasione dei raider il fenomeno si è ridotto, senza mai scomparire del tutto. Comunque il punto è un altro ed è il seguente: far impazzire di piacere le papille gustative e veicolare emozioni significative tramite il cibo sarà sempre un’arte padroneggiata dagli chef. Ma grazie a qualche trucco, come una delicata ma potente nostalgia e una temperatura glaciale, anche un profano dei fornelli con qualche surgelato può sorprendere se stesso e gli altri, strappare un sorriso, fare bella figura, nella quotidianità come in occasioni formali. Pensate alla Viennetta.