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God Save The Queen: Vivienne Westwood

Ode alla regina dell’estetica punk, così ribelle, nella moda e nella vita, che la sua ultima lotta non era distruggere il mondo, ma salvarlo. I Sex Pistols, la reinvenzione della crinolina. E quella volta che si mostrò senza mutande a Buckingham Palace

Foto: Victor Virgile/Gamma-Rapho via Getty Images

Dio non ha salvato la Regina, e nemmeno Vivienne Westwood. A quasi tre mesi dalla morte di Elisabetta II, ci ha lasciati, a 81 anni, anche la regina dell’estetica punk nonché madrina dei Sex Pistols. Così ribelle, nella moda e nella vita, che la sua ultima lotta non era distruggere il mondo, ma salvarlo. Dopo una lunga malattia vissuta lontano dai riflettori, Westwood è morta ieri sera a Clapham, sud di Londra, circondata dall’affetto dei suoi cari. Nell’ultimo, triste messaggio lasciato in eredità a Instagram, ancora la sua voglia di cambiare il mondo per costruire un futuro migliore.

Westwood è stata, infatti, sempre in prima linea per difendere i diritti civili e abbattere lo status quo. È stata anche la prima stilista inglese a lanciare una grande campagna di sensibilizzazione per la salvaguardia dell’ambiente, nel 2010, dopo essersi fatta portavoce del manifesto “Active Resistance to Propaganda”, in cui incoraggiava le persone ad aver fame di cultura e di arte come antidoto contro la comunicazione di massa e la propaganda politica. Un attivismo che si è tradotto non solo in collaborazioni con Greenpeace e altre organizzazioni no profit, ma in vere battaglie per i diritti degli animali e dell’ambiente. Scendendo anche in piazza, se necessario.

Non dimentichiamo che quando non si presentò alla sfilata dello scorso settembre, a Parigi, Westwood fu data assente perché impegnata, a Londra, a manifestare insieme ai lavoratori che protestavano contro il governo inglese. La realtà era ben diversa – probabilmente fu per motivi di salute – ma questo episodio ci fa riflettere, ancora oggi, sulla forte accezione politica che la sua moda ha sempre avuto, fin dall’inizio. Che sia un abito, un manifesto o un semplice comunicato per la stampa.

Ma soprattutto ci fu il punk e l’anarchia, anzi: Anarchy in the UK. Era il 1965 quando Vivienne Westwood incontrò Malcom McLaren, compagno di vita e di lavoro. Insieme, cominciarono vendendo vestiti vintage e dischi alle bancarelle di Portobello Road e finirono per cambiare il mondo. Dalle t-shirt distrutte alle catene, spille, borchie, che diventarono poi la divisa del gruppo punk per eccellenza: i Sex Pistols di Sid Vicious, simbolo di una generazione e di un nuovo modo di pensare, seguiti da McLaren dal lato manageriale e da Westwood che ne curò l’immagine. Dissacranti, eccentrici, esagerati, stonati, rivoluzionari proprio come lo stile di Westwood, che, negli anni Ottanta, portò in passerella delle collezioni insolite quanto geniali, trasformando in qualcosa di nuovo le tradizioni e i costumi del passato.

Uno stile punk, alla sua maniera, rileggendo il Settecento e il Barocco, come quando reiventò la crinolina in modalità micro-gonna o quando riportò in passerella la gorgiera, le parrucche e i merletti dell’età vittoriana abbinandoli al tweed e alle stampe scozzesi. Ricordate Kirsten Dunst, nel film Marie Antoinette, mentre corre da un’ala all’altra della Castello di Versailles con in sottofondo gli Strokes? Ecco, sostituite gli Strokes con i Sex Pistols, modificate i volumi e le proporzioni, abbinate il nuovo con il vecchio, aggiungete un po’ di follia inglese ed avrete un look alla Vivienne Westwood.

Una Regina che incorona un’altra regina: uno dei momenti che vogliamo ricordare accadde nel 1992, quando la regina Elisabetta la volle insignire dell’Order of the British Empire. E Westwood che cosa fece? Scrisse una pagina di storia. Davanti a una folla di fotografi, facendo la ruota e mostrandosi senza mutande a Buckingham Palace. Elisabetta II fu molto divertita da questo episodio, al contrario di ogni previsione. Del resto, il sense of humour è tipicamente inglese, e poi si sa: tra regine ci si intende. I regnanti, l’alta borghesia o l’establishment inglese non le hanno mai fatto paura, anzi: sono i principali clienti delle sue collezioni, paradossalmente. Collezioni che continuano ad attirare le nuove generazioni attraverso gli accessori, proprio come un tempo, dalle borse ai gioielli. Un esempio fra tutti, il recente total look di Timothée Chalamet al press day romano di Bones and All, con tanto di choker di perle e “ossa” su cui spicca l’emblema del brand di Westwood: un pianeta simile a Saturno con una croce sopra, che richiama la monarchia, la regalità ma anche il futuro, l’innovazione e l’infinito.

Infinito come è stata la visione, che oltre ad abbracciare la musica e il cinema, ha influenzato anche il mondo del fumetto: una chicca che pochi conoscono è la presenza delle sue creazioni nei fumetti shōjo di Ai Yazawa, i cui personaggi sfoggiano look curati nei minimi dettagli, ispirandosi ai movimenti e alle sottoculture giovanili degli anni ’90 e, in particolare, ai pezzi iconici di Vivienne Westwood, con un richiamo alla scena cyber punk. Come l’accendino-collana che Shin, il bassista della band di Nana (una delle tante saghe della fumettista orientale) porta perennemente al collo e che farebbe invidia, oggi, a Machine Gun Kelly come a Yungblud.

Andreas Kronthaler, marito e partner creativo della stilista, porterà avanti il suo brand e il suo lavoro, indubbiamente. Eppure ci mancheranno i suoi capelli rosso fuoco, il suo sorriso, le sue smorfie di fronte all’obiettivo, così come il suo spirito provocatorio e anticonformista, ironico. Ma sappiamo che da qualche parte, nel cielo, Vivienne ci guarda e si fa beffe di noi. E forse dall’alto, proprio come fece Sid Vicious di fronte alla tomba di Elvis, ci farà la pipì addosso. Magari approfittando di una delle tante pioggerelline inglesi.

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