Will Poulter, da 'Midsommar' all'horror digitale di 'Little Hope' | Rolling Stone Italia
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Will Poulter, da ‘Midsommar’ all’horror digitale di ‘Little Hope’

L'attore britannico racconta il triplo ruolo che interpreterà nel nuovo titolo di Supermassive Games, la sua passione per il backseat gaming e perché recitare in un mondo digitale «dà una prospettiva diversa»

Will Poulter, da ‘Midsommar’ all’horror digitale di ‘Little Hope’

Will Poulter è un attore di successo, che abbiamo visto all’opera in film quali Le Cronache di Narnia, Maze Runner, Revenenant e Midsommar. E a proposito di quest’ultimo, in tema horror lo vedremo, a breve, in Little Hope, nuovo episodio della saga di videogame The Dark Pictures Anthology, in uscita il prossimo 30 ottobre per Bandai Namco Entertainment. Nella produzione Supermassive Games, infatti, sarà uno dei personaggi controllabili dal giocatore. Ecco cosa ci ha raccontato in un’intervista esclusiva.

Sei un vero appassionato di videogame?
Sono cresciuto giocando ai videogame quando ero più giovane, ma non ho mai avuto talento. Ed è sempre finita che guardavo i miei amici giocare. Non ero la persona che aveva sempre il pad in mano, insomma, ed ero felice di osservare gli altri. Questo perché apprezzo la storia e l’aspetto narrativo rispetto all’esperienza videoludica vera e propria. E infatti è una delle cose che apprezzo veramente tanto di questa serie The Dark Pictures Anthology perché è molto cinematografica, al punto che per me è si tratta quasi di un film horror in molti sensi. C’è stato uno sforzo su tutta la linea e in ogni ambito della produzione, che la rende un’autentica esperienza cinematografica.

Quali sono i tuoi videogame preferiti, oltre ovviamente a Little Hope?
Sono cresciuto giocando a Pro Evolution Soccer, sono sempre stato un fan del football, ho giocato anche a Crash Bandicoot, Ratchet and Clank che mi piaceva particolarmente per l’ambientazione, e naturalmente per l’azione, ma quello che mi intriga è vedere come vengono sviluppati i giochi oggi con una qualità cinematografica e narrazioni che, rispetto ai titoli che giocavo quando ero più giovane, sono molto più complessi, molto più coinvolgenti a livello intellettuale e più stimolanti psicologicamente per i giocatori.

Hai prestato voce e volto in un grosso videogame: come ci si sente?
È stato veramente figo far parte di questo titolo perché è stata la mia prima performance basata sul motion capture questo ha comportato prestare la voce ai personaggi, ma anche essere responsabile di una vasta gamma di espressioni facciali ed emozioni. È stata una sfida divertente farlo per 3 diversi personaggi nel gioco che esistono in tre differenti periodi di tempo. Questi personaggi sono Andrew che esiste ai nostri giorni, Anthony che esiste negli anni ’70 e Abraham che è una persona che esiste nel 17mo secolo. Essere responsabile per questi personaggi significava differenti voci in ogni caso, differenti modi muoversi e differenti emozioni.

Tecnicamente, quale è stato il tuo lavoro nel corso dello sviluppo del videogame?
Come attore, suppongo di avere avuto una prospettiva differente, da un punto di vista tecnico, nel rappresentare questi personaggi e nell’essere parte di questo gioco e sai che hai un ritmo più veloce rispetto al tipico set televisivo o cinematografico, quindi il ritmo era molto diverso e ovviamente le esigenze di interpretare questi personaggi e di accogliere la narrativa ramificata e tutte le differenze dei risultati potenziali a seconda di quale sia il gioco scelto. In questo modo dovevo interpretare in modo differente a seconda delle diverse direzioni: è stata impegnativo ma divertente.

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