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Street Fighter bara, ma va benissimo così

Un video ha svelato il segreto di Pulcinella: i videogame sfruttano trucchi per fottere i giocatori umani. Ma solo chi non ha mai messo piede in una sala giochi potrebbe stupirsi

I videogame sfruttano trucchi per batterci? Vi spieghiamo perché non è così male come sembra.

Qualche giorno fa, su YouTube è stato pubblicato un video che mostrava i vari modi usati da Street Fighter II per battere il giocatore aggirando le regole interne del gioco. A realizzare il filmato è stato Desk, una figura di spicco nella scena dei giochi di combattimento, nota principalmente per la sua manualità incredibile e per l’accuratezza nello studio delle meccaniche dei titoli appartenenti al genere. Dal video in questione sono nate decine di news pubblicate dai siti di mezzo mondo, in cui si accusava Capcom di aver “barato” per spillare soldi ai giocatori. Al di là delle numerose inesattezze tecniche riportate da gran parte degli articoli in questione, a stupirci è stata l’ondata di indignazione generata dalla “scoperta”. Possibile che così tante persone credessero che i giochi arcade fossero sempre onesti con i giocatori? In fin dei conti si trattava di prodotti nati con il duplice intento di divertire e di spillare agli utenti il maggior numero possibile di gettoni. Per fare il punto della situazione, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Fabio Capone e Domenico Barba, fondatori del Naps Team responsabile di Shadow Fighter e di Gekido.

Ecco il filmato in cui Desk dimostra in modo inequivocabile le soluzioni “scorrette” usate da CAPCOM in Street Fighter II, per mettere in difficoltà i giocatori.

Money

Il mondo ha scoperto che i videogiochi arcade “baravano”. Ora, lasciando da parte le reazioni di chi probabilmente non ha mai messo piede in usa sala giochi in vita sua, perché troppo giovane o perché all’epoca non era interessato, cosa ne pensano coloro che hanno più volte rinunciato alla merenda per qualche partita extra? Fabio Capone e Domenico Barba non solo hanno vissuto il boom delle sale giochi in Italia, ma hanno anche trasformato la propria passione in un lavoro, con risultati ancora oggi apprezzati da tutti. “Diciamo che ovviamente la CPU può barare quanto vuole, in tanti modi occulti e non”, sottolinea Fabio. “Tempi di esecuzione, riposte e altro ancora, ma spesso quando accade non è per barare, ma per elevare o rendere più interessante la sfida con il giocatore umano”. Per quanto avanzate, le routine di Intelligenza Artificiale dei giochi di combattimento non possono stare al passo con il cervello umano. Anche i giocatori meno abili, infatti, hanno una capacità di adattamento tale da poter trovare più o meno facilmente le falle nello stile dell’IA, sfruttandole a proprio vantaggio. “Simulare le molteplici strategie umane non è così facile come sembra”, sottolinea giustamente Fabio. “Inoltre, stiamo parlando di un gioco da sala, dove lo scopo principale era farti perdere e spendere altri soldi. Ogni piccola ingiustizia ben mascherata, come i tempi di invulnerabilità, aveva quello scopo, ma sinceramente non ricordo se al tempo avessimo inserito cose simili in Shadow Fighter”.

Come si sarebbero comportati i Naps, se Shadow Fighter fosse uscito anche in sala giochi? Avrebbero usato gli stessi trucchi di CAPCOM? “Probabilmente sì, ma in modo più velato”, ammette Domenico.

Plug Me In

Shadow Fighter apparteneva allo stesso genere di Street Fighter II, ma le sue origini erano molto diverse. Essendo un titolo nato per una piattaforma casalinga, infatti, non aveva bisogno di ricorrere a colpi bassi per strappare la vittoria al giocatore. “Noi gestivamo le reazioni della CPU in base ai contesti”, spiega Domenico Barba. “Se l’avversario si trovava lontano da te, e aveva attacchi da lontano come palle di energia e simili, allora tendeva ad attaccarti con quelle. Altrimenti si avvicinava o saltava verso di te, imparando di volta in volta le abitudini del giocatore e cercando di reagire. Nulla di fantascientifico. Non usavamo nessun trucco, non dovevamo fare cassa. Abbiamo cercato il più possibile di imitare il comportamento di un giocatore umano. Dovevi vincere con le tue forze e sbloccare l’impossibile come se giocassi con un amico. L’IA non lanciava animazioni, ma comandi joystick”. Se la CPU deve vincere lo fa e basta, anche senza barare con invincibilità e altri metodi simili”, continua il cofondatore dei Naps. “I tempi di risposta di un essere umano sono sempre troppo lunghi, per questo si attenua tutto usando probabilità e ritardi. Accorcia i ritardi e aumenta le probabilità e non avrai scampo. Ti sembrerà che ti legga nel pensiero”.

Nonostante gli espedienti usati da CAPCOM per aumentare la difficoltà, era comunque possibile finire Street Fighter II con un solo gettone, con qualsiasi personaggio.

We Never Change

Purtroppo, CAPCOM perde il pelo ma non il vizio. Lo dimostra l’approccio usato con Street Fighter V, che dopo l’introduzione dei Fight Money per acquistare contenuti extra all’interno del titolo, ha rispolverato alcune vecchie strategie da sala giochi. Nella prima versione di Street Fighter V, infatti, era possibile sbloccare i colori extra dei personaggi completando la modalità Survival a tutti i livelli di difficoltà. I colori, però, potevano anche essere acquistati nel negozio online, motivo per cui al livello di difficoltà più alto l’IA leggeva (letteralmente) gli input del giocatore, reagendo con tempi impossibili da gestire per un essere umano. Questo approccio ha messo in seria difficoltà il 90% delle persone che hanno tentato l’impresa su console, spingendole a effettuare l’acquisto dei colori extra direttamente dal negozio (gli eroici utenti PC, come sempre, hanno trovato vie “alternative” per fottere il sistema). Lo stesso è accaduto con l’ultimo Mortal Kombat, che alzava la difficoltà proprio nelle sfide necessarie per sbloccare interessanti contenuti extra. A differenza di quanto accadeva in passato, però, oggi gli utenti possono sfruttare Internet per far sentire la propria voce, motivo per cui sia CAPCOM che NetherRealms sono dovute correre ai ripari, aggiustando il tiro in seguito alle violente proteste scatenatesi in Rete.

Per completare la modalità Survival di Street Fighter V ai livelli di difficoltà più alti erano necessarie una pazienza mostruosa e tanta fortuna. Fortunatamente, CAPCOM è intervenuta per migliorare il bilanciamento.

Final Tought

I videogiochi barano, quindi? Certo che sì! Lo facevano prima, quando alla sconfitta del giocatore seguiva una nuova ondata di gettoni che gonfiava le gettoniere dei cabinati arcade, e continuano a farlo ancora oggi in modi più o meno velati. La vera differenza si nota proprio nello sviluppo dei giochi per i sistemi casalinghi. Dalla chiacchierata con Fabio e Domenico dei Naps emerge chiaramente la differenza di approccio tra lo sviluppo del passato e quello odierno, a base di microtransazioni, loot box e mille altri sistemi che puntano alla monetizzazione a ogni costo, anche sulle piattaforme che usiamo tutti i giorni a casa nostra. Nonostante gli interventi di CAPCOM studiati per ottimizzare gli incassi, Street Fighter II in sala giochi era divertente e riusciva a soddisfare ogni genere di giocatore. Quando l’equilibrio tra guadagno e divertimento si sposterà troppo in favore del primo, l’intero settore dei videogiochi si troverà ad affrontare un problema molto serio.

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