Rolling Stone Italia

Siamo diventati game designer per un giorno (e che figata)

Alla sinistra dello schermo scalpita un baffuto idraulico. In lontananza dal lato opposto, all’estremità destra, si scorge il suo traguardo. In mezzo? La nostra, e la vostra, fantasia

Super Mario Maker 2 propone dei livelli preconfezionati, a cui si sommeranno le creazioni della community.

(Allegra musichetta di sottofondo)

Si parte scattanti i rischi sono tanti,

crepacci e burroni evitiam da campioni,

ecco un funghetto nel punto perfetto,

poi una piantina non troppo vicina,

nel bene e nel male si scende e si sale,

il nemico si arresta saltandogli in testa,

foresta o deserto il destino è incerto,

ma prima di sera troviam la bandiera.

(Fine dell’allegra musichetta di sottofondo)

Non siamo impazziti. Questa è la canzone del game designer. L’abbiamo imparata a memoria, perché siamo game designer. O, per essere più precisi, lo siamo stati per un giorno grazie a Nintendo.

Gusci, funghetti e piante carnivore

Con un Nintendo Switch serrato tra le mani, siamo entrati nel mondo di Super Mario Maker 2 con sentimenti contrastanti. Dopo anni e anni trascorsi a provare qualunque tipo di videogioco, abbiamo infatti maturato una certezza nella nostra mente. Ai game designer tutti vogliono bene. Perché sono quelli che, con la loro fantasia, creano mondi, situazioni, eventi. Perché sono quelli che devono ideare le situazioni da affrontare, le dinamiche che potranno garantire ore di divertimento. Al tempo stesso, ai game designer arrivano da ogni longitudine e latitudine le peggiori maledizioni possibili. Da tutti i continenti partono via terra, aria e mare dei cargo pieni di insulti più o meno diretti o fantasiosi. I mittenti? Sempre i giocatori, impegnati a imprecare mentre cercano di superare un passaggio particolarmente bastardo. O a provare a raggiungere un punto in cui si potrebbe celare qualche segreto. Consapevoli di questo fatto, siamo stati colti da un dibattito interiore. Che fare? Cercare l’approvazione delle masse spianando la strada verso la vittoria? Puntare a una sfida equilibrata? Provare a inserire ogni genere di ostacolo riempiendo ogni piattaforma con un’insidia diversa? Tutte scelte valide, con i loro pro e i loro contro. Alla fine abbiamo optato per un grande classico. Una variante in salsa videogame della situazione “poliziotto buono/poliziotto cattivo” che ci viene propinata in decine di serie televisive e di pellicole americane. Designer buono/designer cattivo…

Sono presenti diversi “stili grafici”, a partire dall’originale Super Mario Bros. fino a Super Mario 3D World.

Giocare creando, creare giocando

Scelte, scelte, decine di scelte. Ancor prima di aver posizionato un singolo pezzo di pietra, un mattoncino o una zolla di terreno, siamo circondati da possibili variabili. Decidiamo per un inizio soft. Un luminoso sole accompagna una rigogliosa foresta. Sotto ai nostri piedi scorre placidamente un fiume. Se fossimo cattivi, molto cattivi, opteremmo per la variante notturna, magari facendo alzare e abbassare il livello delle acque (tossiche) per rendere il tutto più emozionante. Ma siamo buoni di spirito. Costruiamo una prima strada, poi una seconda e una terza. Una sopra l’altra, leggermente sfalsate in modo da poter saltare agevolmente su più piani. Gli immancabili cubetti gialli punteggiano il cielo pronti a ricompensare Mario con qualche moneta. Li affianchiamo a delle nuvole. Completato il percorso decidiamo di espanderci ulteriormente sul piano verticale. Si sale con piante rampicanti che conducono a piattaforme sospese in aria, difficili da raggiungere ma pronte a elargire un carico di vite extra. Osserviamo il nostro operato e ne siamo compiaciuti. Abbiamo però il sentore che manchi qualcosa. Di esserci dimenticati di qualche particolare di una certa rilevanza. Eccoli! I nemici! Lakitu, Boom Boom, Banzai Bill, Tartosso e Kamek piombano sullo schermo pronti ad attaccarci da qualunque direzione e posizione. Poco prima del traguardo aggiungiamo anche il sempre simpatico Bowser. Lui non può assolutamente mancare. Ora ci siamo davvero. Siamo soddisfatti, addirittura gasati. Al limite dell’esaltazione mettiamo alla prova la nostra creazione, e ci accorgiamo di due cose. La prima è che tutto funziona. E funziona bene. L’azione scorre fluida senza intoppi che blocchino le possibilità di avanzare. La seconda è che pensare “piazziamo le piattaforme sfalsate così qualche giocatore distratto rischia di sbagliare la traiettoria di salto” per poi sbagliare inesorabilmente la traiettoria di salto non è il massimo della vita. Siamo comunque ringalluzziti dal nostro operato, e decidiamo di passare il nostro livello a un “collega designer” per un giudizio imparziale. Lo promuove, e ci propone la sua piccola creatura. Sorpresa. Tutto è diverso. Ambiente, impianto grafico, soluzioni stilistiche. L’universo di Super Mario World ha lasciato spazio a quello di Super Mario 3D World. Le piattaforme si muovono. Lo scrolling è automatico, indipendente dalle nostre azioni. Insomma, è lo stesso gioco, ma non è lo stesso gioco. Ci impegniamo, ci sforziamo, mettiamo in campo tutte le nostre capacità per uscire vincitori dalla sfida. E perdiamo. Miseramente. Moriamo una, due, cinque, dieci volte. Serriamo la mascella, corrucciamo lo sguardo e la lanciamo. È partita e sta arrivando. È lei. La maledizione al game designer…

L’editor è intuitivo e ricchissimo di opzioni. Le varianti a disposizione sono praticamente infinite.

Un’avventura infinita

La bellezza di Super Mario Maker 2 è proprio questa. Quella di potersi trasformare da un attimo all’altro, mantenendo di base la sua anima platform ma declinandola in un’infinità di varianti. Un secondo è una rassicurante esperienza adatta a tutte le età. Un attimo dopo può mutare in un vero incubo capace di “mandare ai matti” anche il giocatore più esperto. Altro che designer buono/designer cattivo, qui siamo di fronte alla versione videoludica di Dottor Jekyll e Mister Hyde…

Le creazioni di altri utenti possono essere scaricate sulla console e giocate sia online che offline.

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