Il Mini Mega Drive è la retro-console che ci serve | Rolling Stone Italia
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Il Mini Mega Drive è la retro-console che ci serve

Abbiamo provato in anteprima la mini-console che riproduce in tutto e per tutto il leggendario modello Sega. E abbiamo capito che non ne potremo fare a meno

Il Mini Mega Drive è la retro-console che ci serve

Il Mini Mega Drive sarà disponibile dal 4 ottobre. Conterrà 42 giochi, di cui due (Tetris e Darius) inediti, o quasi.

Giugno 1990. Mentre gli italiani stanno vivendo le notti magiche, catturati dalle imprese della nazionale di Azeglio Vicini, un quindicenne ammira con soddisfazione un piccolo scatolotto nero appena acquistato. Proviene dal Giappone e, dopo un lungo viaggio, è planato in una cameretta nella provincia milanese. Lo ripone di fianco al Sega Master System, che potrebbe essere considerato suo fratello maggiore in termini anagrafici, ma minore in termini di potenza. Dopo averlo esaminato in ogni piccolo particolare, osserva i due controller a forma di croissant. Ne prende in mano uno e lo trova subito comodo. Collega l’alimentatore e il cavo audio video al suo Mivar, quindi afferra una confezione colorata. La guarda e vede un paffuto animaletto giallo, la scritta New Zealand Story e decine di incomprensibili ideogrammi. Estrae dal suo interno una cartuccia. La inserisce, accende la console e sorride…

Le versioni europee e giapponesi di alcuni giochi differiscono per elementi grafici. In Probotector i protagonisti sono robot, in Contra invece esseri umani.

Trent’anni e non sentirli

Da quel giorno sono passati quasi trent’anni. Il ragazzo è cresciuto e diventato uomo ma, al contrario di quanto accaduto a diversi suoi coetanei, la passione per i videogiochi non è svanita con lo scorrere del tempo. Lui ha continuato a giocare, e lo spazio che era riservato al Mega Drive è stato occupato anno dopo anno da altre console. Super Famicom, Saturn, Dreamcast, Nintendo 64, Gamecube tutta la sfilza di PlayStation dalla PSOne fino alla 4. E poi altre, meno gloriose, come Jaguar e 3DO. Un elenco lungo, in cui era facile perdersi. Ma lui no. Il Mega Drive ha sempre avuto un posto di riguardo nel suo cuore. E, come sempre accade per le cose che hanno un valore speciale, i motivi sono tanti, diversi tra loro. Razionali, legati alla qualità dei giochi. E irrazionali, legati a tutto quello che girava attorno ai giochi. Perché il Mega Drive era la console delle superiori. Era quella del classico “oggi c’è manifestazione, noi aderiamo”. E poi diretti a casa con suo fratello, Randa e Nello a sfidarsi a EA Hockey oppure a picchiare teppisti con Streets of Rage. Era la console con cui poteva impersonare un ninja che sfidava l’Uomo Ragno e Batman o vestire i panni di Ken il Guerriero, ma per farlo doveva avventurarsi tra negozi di importazione parallela lasciando sul bancone mance, mancette, regali, anticipi di regali e ogni minimo spicciolo guadagnato. Era la console delle sue prime recensioni, con un hobby che si trasformava in lavoro. Accompagnato da tutti questi ricordi, l’uomo è tornato ragazzo non appena ha attraversato la porta del Bug Arcade Bar per un evento organizzato da Koch Media. Con un birra fresca in mano (ecco uno dei vantaggi di non essere più un timido quindicenne), si è trovato di fronte un Mini Mega Drive.

La versione europea sarà venduta con due pad a tre tasti. Quelli a sei, indispensabili per giocare al meglio a Street Fighter 2, saranno disponibili separatamente.

(Molte) più luci che ombre

La prima azione che ha compiuto è stata la più ovvia, la più banale. Artigliato un pad, ha iniziato a scorrere il lungo elenco di titoli disponibili. Alcuni li ricordava in maniera nitida, come se li avesse provati di recente. Altri erano presenti a sprazzi nella sua mente. Altri ancora invece erano solo dei nomi che non evocavano nulla. L’impressione iniziale è stata buona, anche se il pensiero è andato subito agli illustri esclusi. Pur consapevole che discorsi del tipo “manca questo, manca quello” oppure “avrebbero potuto mettere una decina di giochi in più” sono privi di alcun senso, e che la selezione operata è più che adeguata, non ha potuto fare a meno di stilare una classifica di cinque grandi assenti. Quackshot, Gaiares, Moonwalker, Aladdin e NBA Jam. È comunque soddisfatto, e inizia a giocare. Le partite si susseguono una dopo l’altra, con un’alternanza di sentimenti. Nella maggior parte dei casi positivi. In alcuni, purtroppo, negativi. È il rischio del retrogaming. Perché ci sono titoli che invecchiano bene. O addirittura, molto bene. Talmente bene da risultare ancora freschi ed estremamente divertenti. È quanto accade con Thunderforce III, uno sparatutto che, utilizzando un linguaggio tecnico, potrebbe essere definito ancora oggi “coi controcazzi”. O con Gunstar Heroes, perla assoluta di Treasure. Oppure ancora con le due avventure di Topolino e le corse folli di Sonic. E poi ci sono invece quelli, fortunatamente pochi, con cui lo scorrere del tempo è stato meno generoso. A volte, molto meno generoso. E, in queste situazioni, il ricordo può essere fuorviante. Può ingannare in maniera talmente convincente da far risultare l’incontro con la realtà ancora più duro. Un pugno allo stomaco condito dalla frase “eh no, ma non era così”. È una cosa quasi inevitabile. È il caso di Road Rash 2 verso cui da ragazzo, nel 1993, provava uno smisurato affetto. Una gara è sufficiente a far svanire quasi tutto l’affetto. Diverso invece il discorso per Altered Beast. Già ai tempi era considerata una mezza ciofeca, che aveva come unico “merito” quello di essere il primo titolo lanciato su Mega Drive. Venduto insieme alla console era stato presto surclassato da altre conversioni da coin-op. Ci voleva poco ad accorgersi che trasformarsi in una bestia non era poi così divertente, al contrario di vestire i panni di un barbaro, un nano o un’amazzone (Golden Axe). Lo era allora, lo è adesso. Il conteggio tra + (giochi che meritano) e – (categoria “lasciamo perdere”) è comunque nettamente a favore dei primi. E non solo per la presenza di tanti arcade intensi, rapidi, scattanti. Anche per l’inserimento nella “scaletta” di prodotti più strutturati e complessi. Di avventure come Light Crusader, The Story of Thor, Landstalker e Phantasy Star IV: The End of the Millennium. E poi c’è lui, Tetris. L’introvabile, protagonista di una vicenda fatta di licenze in esclusiva e di copie mai messe in vendita, che finalmente è giocabile in tutta la sua semplicità anche sulla console Sega.

Il “catalogo” proposto dal Mini Mega Drive è abbastanza nutrito e, a parte qualche scivolone, di ottima qualità.

Una macchina del tempo

Quando l’afa pomeridiana lascia spazio a una leggera brezza serale, giunge il momento di concludere la prova del Mini Mega Drive. Raccogliere le idee in maniera razionale non è semplice, con i sentimenti che tendono a prevalere sulle questioni di natura tecnica. Perché, per quanto in teoria siano aspetti importanti da tenere in considerazione, conta relativamente poco la presenza di opzioni di salvataggio. Interessa quanto basta la possibilità di selezionare le versioni dei singoli giochi di diversi territori, che in alcuni casi (Contra e Probotector il più celebre) non si differenziano tra loro solo per questioni meramente linguistiche ma anche estetiche. Non pesa più di tanto che lo slider del volume delle cuffie sia solamente estetico. Quello che rimane nella testa di uno che può dire “io c’ero all’inizio degli anni ‘90” è la possibilità concreta e semplice di ritornare a quelle atmosfere. Di fare un vero tuffo nel passato con una macchina del tempo speciale. Una macchina del tempo che ha la forma di un piccolo, anzi piccolissimo, scatolotto nero…