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Guida rapida alla Yakuza (in attesa di Judgement)

Decine di film, serie TV e libri ce l'hanno raccontata, romanzata e a volte resa anche affascinante: scopriamo le 10 curiosità più folli (ma vere) della Mafia giapponese, per prepararci al meglio all'arrivo di Judgement

"Judgement" sarà disponibile in Italia dal 25 Giugno, per PlayStation 4.

Mancano pochi giorni all’uscita di Judgment, il nuovo action game del Ryū-Ga Gotoku Studio, che per anni ci ha pompato adrenalina nel cuore con la saga di Yakuza. Questa loro nuova fatica mantiene molti punti di contatto con le (dis)avventure criminali di Kazuma Kiryu, ma avremo modo di parlarne nella recensione che arriverà nell’assolato pomeriggio del 20 Giugno. Lasciamo quindi da parte per un po’ il Drago di Dojima, il suo sostituto e in generale i videogiochi. Concentriamoci su questa spietata ma affascinante organizzazione criminale, le cui gesta poco onorevoli sono state raccontate in una miriade di opere cinematografiche e letterarie. Seconda forse solo alla Mafia, la Yakuza affonda le sue radici addirittura nel 17° secolo. Che ci crediate o no è un organismo semi-legale, ma i misteri e le curiosità che la circondano sono forse ancora più incredibili. Ecco le 10 che abbiamo scelto per voi, ma occhio… una di esse non è vera.

10 – Piramide tradizionale

La struttura di una famiglia Yakuza viene definita Oyabun-kobun, traducibile come “di padre in figlio” anche se in realtà i legami tra molti membri sono più simili alla fratellanza. Ogni famiglia ha una struttura piramidale che vede in cima i Saiko Kanbu (dirigenti illuminati). Da loro prendono ordini i Kanbu, subalterni che a loro volta gestiscono una fitta rete di Wakachu, paragonabili ai vassalli. Sul gradino più basso della scala gerarchica troviamo i Jun-Kosei-in, ai quali vengono delegati i compiti più ingrati e pericolosi, dalla difesa dei membri più anziani e prestigiosi a vere e proprie mansioni di segretariato. Questi ultimi membri dell’organizzazione sono gli unici che non devono essere necessariamente legati alla famiglia.

I membri femminili della Yakuza sono rarissimi. Le donne affiliate vengono chiamate Ane-san, “sorelle maggiori”, ma si stima che rappresentino una percentuale inferiore al 5% del totale.

9 – Cinque regole d’oro

Pur essendo molti i dettami che un membro della Yakuza deve seguire per riuscire ad arrivare alla vecchiaia, sono cinque le regole supreme che TUTTI devono rispettare, a prescindere dalla posizione. Le prime due non hanno bisogno di spiegazioni: “non disobbedire o causare problemi ad un tuo superiore” e “non tradire i tuoi compagni”. Da queste prime due regole derivano le altre tre, che intimano di “non rompere l’armonia dell’organizzazione”, “non intrattenere rapporti con donne di altri membri” e “non sprecare i soldi della Famiglia”. Non c’è bisogno di specificare quale sia la pena per chi contravviene anche solo ad uno di questi comandamenti, avete presente la scena di Kill Bill in cui la neo-boss Lucy Liu tiene una riunione in un ristorante di lusso?

Cena “familiare”, uno dei Kanbu accusa il suo neo-Padrino di essere una straniera indegna del comando. Una lama scintilla nel buio e una testa cade. La visione romanzata di Tarantino delle gerarchie Yakuza.

8 – Punizione volontaria

Tra i molteplici riti che da secoli vengono tramandati all’interno delle famiglie Yakuza, uno dei più curiosi e crudeli è lo Yubitsume, “dito accorciato”. Il dito in questione è il mignolo, quasi sempre della mano sinistra, che viene amputato per punire una scorrettezza di un membro nei confronti di un altro… che non ricada ovviamente in una delle cinque regole di cui sopra. Si narra che lo Yubitsume sia nato nei tempi antichi per punire chi non riusciva a saldare un debito di gioco. Una volta eseguita la punizione il dito viene spedito al Padrino (Kumicho). Si calcola che all’incirca il 45 % dei membri della Yakuza abbia un dito in meno e che il 15% arrivi a due, ma volete sapere qual è la cosa più bizzarra? Che questa pratica viene auto-inflitta da chi ha commesso l’errore.

Il membro della famiglia pratica su di sé lo Yubitsume che equivale spesso ad un’espulsione a vita. Il dito viene poi avvolto in un telo e consegnato al Padrino (Kumicho), che lo accetta come simbolo di scuse.

7 – Gomorra in agrodolce

Il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale ha visto salire vertiginosamente il potere politico ed economico delle famiglie Yakuza. Negli ultimi 10 anni però il governo ha combattuto strenuamente per diminuirne l’influenza e i risultati sono stati notevoli: nel biennio 2017/2018 in Giappone si sono registrati 0.3 omicidi ogni 100.000 abitanti, negli Stati Uniti siamo ben oltre le 5 unità. Sono sempre più frequenti le faide per accaparrarsi fette maggiori di territorio, ma molti membri delle Famiglie meno prestigiose sono ridotti alla fame. L’indebolimento della struttura mafiosa giapponese viene imputato anche all’età troppo avanzata dei capi storici, che spesso non vengono sostituiti da membri più giovani perché ritenuti “non degni della posizione”.

Nel 2018 ha fatto notizia l’arresto di due anziani membri della Famiglia Kobe Yamaguchi-gumi, sorpresi a rubare generi alimentari di prima necessità in un supermercato di Nagoya. Brutti tempi per tutti.

6 – Marchio a vita

Il cinema ci ha insegnato che il primo indizio per riconoscere un membro della Yakuza sono i tatuaggi, che spesso ricoprono gran parte del corpo e ritraggono draghi o enormi carpe Koi. Tali marchi hanno iniziato ad avere una connotazione negativa nel periodo Kofun (300-600 DC) e solo nel successivo periodo Edo riuscirono ad affermarsi anche come elemento decorativo “normale”. Fino a poco tempo fa (ma ancora oggi in quartieri particolarmente malfamati) venivano realizzati “artigianalmente”, usando aghi ricavati dall’acciaio o addirittura dal bambù. Leggenda vuole che quando un prestigioso membro della Yakuza muore, la sua pelle tatuata venga esposta in specifiche gallerie d’arte o addirittura venduta a prezzi folli al mercato nero.

I tatuaggi tradizionali giapponesi vengono chiamati Irezumi, parola composta da due termini distinti: Ireru, che significa “Inserire”, e “Sumi”, ovvero inchiostro. Quante volte li abbiamo visti in un film o in una serie animata?

5 – Gioco pericoloso

L’origine della parola “Yakuza” viene attribuita al peggior punteggio (8-9-3, Hachi-Kyuu-San) del gioco Oicho-kabu, variante giapponese del ben più noto Black Jack che si gioca con 19 carte invece delle canoniche 21. Apparentemente si tratta di una connotazione negativa ma dietro ad essa si nascondono vari e profondi significati: dal desiderio di raggiungere i propri obiettivi, ovviamente criminali, in mezzo alle difficoltà, alla difesa dei cittadini più deboli ed emarginati. Ancora oggi nei casinò controllati dalla criminalità organizzata viene regolarmente giocato l’Oicho-kabu, che gode di estrema popolarità e garantisce notevoli introiti.

Il gioco Oicho-kabu è presente anche nei giochi della serie Yakuza ma il suo funzionamento è sconosciuto ai giocatori occidentali. L’obiettivo è raggiungere il punteggio 9 scartando il primo numero delle doppie cifre.

4 – Letture particolari

Tra le numerose attività della Yakuza troviamo anche l’editoria. Nel 2013 venne lanciata anche una rivista “ufficiale”, Yamaguchi-gumi Shinpo, che forniva contenuti del tutto normali. All’interno era possibile trovare articoli dedicati a caccia e pesca (di animali, non pensate male), poesie Haiku, strisce a fumetti, consigli sul quieto vivere quotidiano e addirittura degli editoriali scritti dal boss Kenichi Shinoda, che istruiva i membri più giovani sui valori della Yakuza. La posizione esatta della redazione non era nota, ma più fonti suggerivano che fosse posizionata nella città di Kobe, sede della più grande e potente Famiglia dell’intero paese. Nessuno si è mai preso la brida di verificare.

Il magazine Yamaguchi-gumi Shinpo non veniva venduto nelle edicole o nei Conbini (piccoli supermarket tipici del paese), era distribuito “internamente” tra i membri delle organizzazioni. Raggiunse le 27.000 copie.

3 – Denuncia e contro-denuncia

A dimostrazione che la Yakuza si è sempre fatta beffe della giustizia è piuttosto significativo questo episodio. Qualche anno fa la proprietaria di un ristorante fece causa al già citato Kenichi Shinoda, capo della fazione Yamaguchi-gumi, a suo parere responsabile dei molteplici tentativi di estorsione (il “pizzo” in salsa orientale) e delle minacce da lei subite ad opera dei suoi sottoposti. Chiese la bellezza di 17 milioni di yen, circa 140.000 euro attuali, ma ovviamente non aveva pensato che una famiglia così potente poteva corrompere qualsiasi giudice. Il risultato? Nulla di fatto per la povera proprietaria, che venne addirittura contro-denunciata per diffamazione, accusa che probabilmente andò in porto con risvolti tutt’ora sconosciuti.

In più di un’occasione una Famiglia ha fatto causa ad un’altra accusandola di aver aggredito “senza motivazione” alcuni suoi membri, dando di fatto vita ad una gara a chi riusciva a corrompere più avvocati e giudici.

2 – Esami di fine anno

Ancora lui, il famigerato gruppo Yamaguchi-gumi, che oltre ad essere sempre stato tra i più potenti del Giappone si è dimostrato anche diabolicamente lungimirante. All’incirca 10 anni fa la polizia della Prefettura di Shiga scoprì che, per contrastare l’inasprimento delle leggi nei loro confronti, i capi della gang sottoponevano i propri membri a veri e propri esami di verifica con cadenza regolare. Questi erano composti da una dozzina di domande che avevano lo scopo di rendere edotti gli esaminandi su vari argomenti, dagli aggiornamenti delle Leggi Anti Crimine all’economia, per renderne più difficile l’arresto e più facile l’eventuale difesa in tribunale.

Le domande chiedevano ai membri di elencare “le attività criminali maggiormente punibili” e spiegare quale fosse “la corretta procedura da rispettare per qualsiasi attività compiuta per l’organizzazione”.

1 – Iniziazione a tappe

Entrare in una famiglia Yakuza non è ovviamente cosa facile. Oltre a rispettare una serie di requisiti, i candidati devono anche sottoporsi a una serie di prove di iniziazione che li vedono partire dai gradini più bassi della “catena alimentare” dell’organizzazione. Una di queste, chiamata Kobun (figlio), richiede ai nuovi arrivati di servire in tutto e per tutto i membri anziani per un periodo di tempo variabile. Più tradizionale è il Sakazukigoto nel quale l’iniziato siede di fronte al suo Oyabun (padre) ed entrambi bevono da una coppe riempite con diverse quantità di sakè in base al rango, scambiandole a metà cerimonia. Il rito simboleggia uno scambio di sangue che stringe un legame indissolubile.

I riti più cruenti delle affiliazioni Yakuza sono ovviamente segreti. Nessun “esterno” è mai riuscito a testimoniarne uno… o quantomeno non è vissuto abbastanza per poterlo raccontare.

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