Come siamo diventati miliardari con un videogame | Rolling Stone Italia
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Come siamo diventati miliardari con un videogame

Da poveri, a ricchi, a schifosamente ricchi: un videogame può insegnare davvero a fare la grana?

Come siamo diventati miliardari con un videogame

Gianluca Vacchi? Briatore? Trump? Oppure Elon Musk? Vediamo se in noi si nasconde il sacro fuoco dell'imprenditore di successo.

Grattacieli. Otto enormi grattacieli che si stagliano verso il cielo nella zona più rinomata della città. Ottanta piani di lusso. Migliaia di metri quadri calpestati ogni giorno da centinaia di persone. I nostri occhi li osservano con un mix di attenzione e di soddisfazione. Perché sono nostri. Li abbiamo costruiti noi. C’è voluto tempo. C’è voluto denaro. Ci sono volute abilità e fortuna. Correre rischi, scegliere investimenti, prendere decisioni. Queste le azioni che ci hanno accompagnato in questo viaggio nel mondo dell’industria. In questo viaggio in Capitalism Lab, uno dei più sofisticati simulatori imprenditoriali. Pur essendo un videogame, anzi la più recente incarnazione di una storica serie di videogame, è utilizzato anche nei migliori corsi per imprenditori ed economisti. Riuscirà a insegnare a noi, che niente sappiamo della materia, come si diventa ricchi sfondati?

Negozi, fabbriche, media, ricerca, mercato immobiliare. In Capitalism Lab tutto serve per diventare ricchi.

Compro a poco, vendo a tanto

Prima di iniziare la nostra avventura, abbiamo seguito un corso di economia. Anzi, per essere più precisi “il” corso di economia. La base che tutti gli investitori dovrebbero avere. Periodo natalizio. Pancetta di maiale, caffè, grano, uova e soprattutto succo d’arancia surgelato. I nostri maestri? Billy Ray, Louis, Randolph e Mortimer. In quattro parole, Una Poltrona Per Due. Abbiamo tratto importanti insegnamenti, e abbiamo capito quale era il primo passo che dovevamo fare. Aprire un negozio. Già, ma quale merce vendere? Alimentari? Abbigliamento? Elettrodomestici? Oggetti per la casa? Un “mischione” di tutto? Abbiamo optato per quest’ultima soluzione e, tra un paio di jeans e un pacchetto di biscotti, abbiamo organizzato una sontuosa inaugurazione. Taglio del nastro, sorrisi, baci e abbracci. E i clienti? Presenti, richiamati da una campagna pubblicitaria e da prezzi concorrenziali. Perché è questo ciò che serve. Merce buona a prezzi buoni. I primi mesi sono trascorsi seguendo uno schema ben preciso: acquistare, controllare le forniture in magazzino e aumentare di qualche centesimo i numerini presenti sui cartellini. Ieri era $ 3,12, oggi è 3,15. Tra due mesi sarà 3,18. O forse anche 3,21. Ci serve denaro, per la seconda parte del piano.

“Tagliare i rami secchi” è fondamentale per far crescere il capitale. Qualcosa non vende? Bisogna fermare la produzione.

Chi più spende (bene), più guadagna

Due. Poi tre. Quindi quattro. Per passare rapidamente a cinque. No, non ci siamo messi a ripassare la tabellina dell’uno. È il numero dei nostri negozi. Perché il nostro piano di conquista del mondo parte da questo. Dalla possibilità di vendere sempre di più. Ma non si ferma certo qui. Acquistiamo appezzamenti di terreno, su cui costruire dei magazzini. Diamo vita a un circolo vizioso, ma anche virtuoso. Vendiamo, per comprare. Compriamo per vendere. E guadagnamo. Il flusso di denaro è costante, il conto in banca cresce mese dopo mese. Per “giocare” con i grandi però, serve altro. Serve qualcosa di più. Serve un colpo di genio. O forse un colpo di testa. Qualcosa che possa portarci al livello successivo. Cosa? Troviamo la risposta alla nostra domanda in una sola, semplice parola: produzione. A testa bassa, ci lanciamo in un campo che non conosciamo, e che all’inizio presenta tante insidie. Dipendenti, materie prime, trasporti. I problemi sono all’ordine del giorno. Malgrado inconvenienti di varia natura, i nostri snack al cioccolato conquistano il mercato. Tutti li mangiano. Tutti li vogliono. Produciamo, distribuiamo, vendiamo al dettaglio. Un meccanismo perfetto. Forse…

Controllare l’intera catena produttiva, dalla fabbrica al negozio, è l’ideale per ottimizzare i guadagni.

Una salita è una discesa vista dal basso

Apriamo il vocabolario e sottolineiamo una parola: diversificare. Nuove fabbriche, nuovi prodotti. Qualche successo. Accompagnato da qualche fallimento. I nostri gelati non piacciono. I nostri prodotti per l’igiene non hanno il successo sperato. Serve qualcosa per dare una sferzata. Un centro ricerche. Sì, ci affidiamo alla ricerca. E, citando il colonnello Landa di Bastardi Senza Gloria, “facciamo un bingo”. Antivirus, programmi grafici, sistemi operativi. La divisione informatica cresce a dismisura. E con essa i nostri guadagni. Ci troviamo davvero a navigare nell’oro. Ricompensiamo i nostri dipendenti migliori per evitare che siano attirati altrove dai “cacciatori di teste” e valutiamo le mosse successive. Edilizia o media? Decidiamo per la prima. Per comprare una rete televisiva ci sarà tempo. Costruiamo palazzi. Uno dopo l’altro. Affitto dopo affitto, ogni centesimo conta.

Soldi, soldi, soldi

Ora siamo a bordo della nostra fiammante auto sportiva. Ci fermiamo a un semaforo e ci guardiamo attorno. Noi questo incrocio lo conosciamo. Lui è lì. Il nostro primo negozio. Il nostro viaggio nei ricordi non poteva che terminare qui. Lo osserviamo con un sorriso sulle labbra. Dalle casse dell’autoradio, i Pink Floyd ci forniscono un interessante suggerimento “New car, caviar, four star daydream, think I’ll buy me a football team”.