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Come si crea un impero

Creare un impero non è facile: ci abbiamo provato (e per un po’ ci siamo anche riusciti) col nuovo strategico Field of Glory: Empires, prodotto da Slitherine

Come si crea un impero

Field of Glory Empires è ambientato dieci anni dopo la morte di Alessandro Magno. Sono disponibili diversi popoli, noi abbiamo scelto di ricreare l’impero romano.

Ci siamo riusciti. Abbiamo conquistato il mondo. Abbiamo creato un impero che si estende a perdita d’occhio. A nord, a sud, a est e a ovest. In un momento di tranquillità ci guardiamo intorno e pensiamo. Pensiamo a tutte le battaglie che abbiamo combattuto, a tutte le nazioni che abbiamo sottomesso, a tutti i soldati che hanno valorosamente perso la vita per la nostra patria. Pensiamo ai popoli che si sono arresi senza neanche combattere, consapevoli di un destino ineluttabile. Pensiamo al nostro passato, ricordando i nostri avi. È nato tutto dal nulla, da un piccolo villaggio. Chissà cosa direbbero se sapessero cosa siamo diventati. Una storia lunga diversi secoli, che vale la pena di essere raccontata…

Procedendo nel corso del gioco diventeranno disponibili costruzioni di ogni genere: luoghi di culto, bordelli, banche, anfiteatri.

Carthago delenda est

Partire dall’inizio avrebbe poco senso. Le nostre origini non interessano a nessuno. È invece più importante quello che è accaduto quando è scattata la scintilla. Quando abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa in grado di cambiare il nostro destino. Che non dovevamo limitarci a sopravvivere. Che dovevamo vivere. Che dovevamo crescere. E che per farlo c’era una sola soluzione. Combattere.

Possiamo solo immaginarlo. I nostri antenati, riuniti, si trovarono a discutere del futuro. E si accorsero di una cosa. Una cosa pericolosa. Molto pericolosa. Noi, i romani, eravamo circondati. Etruschi e tarantini premevano da nord e da sud. Dovevamo studiare un piano, trovare il modo di concentrarci su uno dei due fronti prima di affrontare l’altro. Con poca convinzione, e ancora meno speranze di successo, provammo a chiedere agli etruschi di stipulare un’alleanza. Come facilmente prevedibile, la proposta fu rispedita al mittente nel giro di qualche giorno. Nel frattempo però, furono addestrato nuove truppe e iniziarono della manovre belliche. Una (piccola) parte si diresse verso il confine settentrionale e un’altra (grande) parte verso quello meridionale. Non sapremo mai se sia stata per una serie di fortunate coincidenza o per l’incapacità dei comandanti nemici di comprendere la situazione, ma i nostri soldati riuscirono a conquistare rapidamente tutte le terre a sud, fino a giungere al mare. Malgrado una rinnovata forza e una flotta marittima che cominciava a prendere forma, i comandanti decisero di non avventurarsi nell’isola nota come Sicilia. Una parte era infatti controllata da Cartagine, e non eravamo ancora pronti ad affrontarla. Le nostre imprese, non passarono però inosservate. Ambasciatori dall’Illiria e dalla Dalmazia proposero un trattato di cooperazione prontamente accettato. Nuovi alleati, nuove terre e nuove ricchezze contribuirono a dare quel senso di sicurezza e di convinzione necessario a fare il grande passo: l’invasione dell’Etruria. Affiancati lungo le coste da una decina di navi da guerra, cavalieri, legionari e veliti penetrarono nei territori del nemico con una mossa a sorpresa. E qui si entra nella leggenda. Le cronache della battaglia parlano di un massacro. Di una vittoria schiacciante. Del re etrusco che accolse le condizioni di resa proposte dai nostri generali con poche e semplici parole: “E vi odio voi romani, io vi odio tutti quanti, brutta banda di ruffiani e di intriganti”. Poco conta quello che disse, l’importante era che, finalmente, Roma aveva ottenuto ciò che voleva. E che non si sarebbe fermata…

Per espandere i propri domini e mantenere un equilibrio nella propria nazione, guerra e cultura devono andare di pari passo.

Non solo guerra

Priorità. Tutti abbiamo delle priorità. Le abbiamo a livello personale. E le ha anche chi governa una nazione. Per i nostri antenati, la prima priorità era stata quella di espandersi. Ma la sola conquista di territori non era sufficiente. Serviva altro per crescere. Serviva una società produttiva. Servivano ricchezze. Serviva benessere. Serviva cultura. Ecco perché la nostra storia si è sviluppata su due strade distinte, che procedevano però di pari passo. Da un lato c’è stato un proseguimento della campagna bellica. Può sembrare difficile da credere, in fondo non siamo un popolo litigioso, ma per un lungo periodo di tempo abbiamo sempre avuto un avversario con cui combattere. Una terra da conquistare. Prima sono stati i senoni, poi i boi, quindi i celtici. E ancora gli elvezi, i reti… e così via. In fondo l’appetito vien mangiando, e noi ci nutrivamo del più delizioso dei cibi: la vittoria. Dall’altro lato invece, abbiamo costruito una civiltà solida, sempre pronta ad assorbire le peculiarità delle nazioni con cui venivamo in contatto. Anche in questo campo i nostri avi hanno lavorato duramente, partendo dalle basi. La bonifica dei terreni e la costruzione di pozzi hanno migliorato le condizioni di vita della popolazione. Stalle, fattorie e allevamenti hanno garantito il sostentamento, affiancandosi a un commercio sempre più fiorente. Roma è così diventata un centro nevralgico, e ha potuto permettersi di guardare molte nazioni dall’alto verso il basso. Di rispedire (malamente) emissari (malmenati) che si presentavano con richieste e proposte ritenute offensive. Una crescita costante, un fiorire continuo di possibilità. Un meccanismo che funzionava ma che, per la sua complessità, poteva incepparsi in qualunque momento. Non l’ha fatto. È andato avanti giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, in un equilibrio all’apparenza perfetto. Sono stati superati momenti di tensione, con il malcontento di fronte ad aumenti delle tasse o all’esproprio di terre. Nulla sembrava in grado di fermare l’ascesa di Roma. Nulla sembra in grado di fermare la nostra ascesa.

In Field of Glory Empires sono fondamentali la pianificazione e la calma. Non si può volere tutto e subito.

Lezioni importanti

Abbiamo imparato tanto guardando alla nostra storia. Tante lezioni, che unite una all’altra ci danno la forza di andare avanti. Le più importanti? Che ci vuole coraggio. Ma che da solo, il coraggio non basta. Ci vuole anche un piano d’azione. Bisogna avere le idee chiare, avere un progetto. E poi ci vuole il tempo. Già, perché non si può pretendere di avere tutto e subito. Non è possibile. Noi ne siamo la testimonianza. Perché Roma è grande, ma non è stata costruita in un giorno.