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Atmosfera, interattività e matematica: la musica per videogame secondo Jon Everist

L’autore della colonna sonora di ‘Disintegration’ spiega come scrivere musica per un medium interattivo e non lineare. «C’è solo un metodo: supportare la storia, rispettare i personaggi e non rompere le scatole ai giocatori»


Jon Everist, compositore di fama internazionale di colonne sonore di videogame, tra i quali il recente Disintegration, uscito per PS4, Xbox e PC, ci parla della sua storia, del suo lavoro e di che meraviglia sia comporre al PC.

Iniziamo dalla tua storia musicale: come sei diventato un compositore?
La mia vita ha avuto un percorso tortuoso. Sono cresciuto facendo musica, suonando chitarra e batteria, ma non ho perfezionato gli studi classici per moltissimo tempo. Gli anni ’90 sono stati un periodo molto interessante per l’elettronica e l’hip hop, quindi gravitavo attorno a quegli artisti: Mos Def, MF Doom, Aphex Twin, Bjork, Radiohead e così via. Al liceo ho messo via qualche soldo con i lavoretti estivi e ho comprato il mio primo sampler (un Ensonig ASR-10), ed è cambiato tutto. Ero ossessionato!

Mi sono anche appassionato ai giradischi, ma per la maggior parte del tempo producevo musica elettronica e hip hop, campionavo i dischi che trovavo nei cesti da un dollaro del negozio, quasi sempre musica classica. Non avevo ancora studiato, quindi quella musica mi sembrava sempre senza confini, e non mi sentivo abbastanza talentuoso per percorrere quella strada, anche se ero ossessionato dalle colonne sonore e avevo un buon orecchio. È così che ho scelto la “strada sicura”: ho studiato economia e iniziato una carriera in quel settore, non credo che succeda a molti compositori!

Poi nel 2005 è uscito Splinter Cell Chaos Theory, con la musica di Amon Tobin, di cui ero fan. È la prima volta in cui ho pensato che avrei potuto scrivere musica per videogiochi. Ho iniziato a lavorarci su, e dopo qualche anno sono andato all in. Ho lasciato il lavoro e usato tutti i miei risparmi (pensione compresa, non ve lo consiglio) per studiare Musica per Videogame al Digipen Institute of Technology. Ero finalmente riuscito a fare quegli studi classici che per tutta la vita mi sembravano irraggiungibili. È stato incredibile, ha sbloccato alcune parti della mia creatività. Mi sembrava di imparare a scrivere in una lingua che parlavo da tutta la vita. Poi sono stato fortunato: un mio compagno di classe – avevo scritto la musica per un suo gioco – è stato assunto come concept artist e mi ha proposto per un progetto. Lo studio era Harebrained Schemes e il progetto Shadowrun. Ho dovuto lasciare la scuola, ma il lavoro iniziava ad arrivare.

Sei sempre stato appassionato di videogiochi?
Ho iniziato ai tempi del NES e continuo a giocare ancora oggi. Sono un super appassionato. Final Fantasy III mi ha fatto appassionare alla musica, mentre Chrono Trigger mi ha fatto capire che avrei voluto scriverla per conto mio. Sono anche ossessionato dai film e dalle colonne sonore. In realtà, non ho mai pensato all’idea di scrivere musica per videogiochi, è successo tardi. Non avrei mai immaginato che sarei riuscito a registrare con un’orchestra, a fare questo lavoro. A volte i sogni si realizzano.

Come ti approcci a una nuova colonna sonora? Come cerchi l’ispirazione?
Inizio sempre nello stesso modo: vado nel panico. C’è qualcosa di davvero spaventoso nella pagina bianca, nelle sue infinite possibilità. Credo che la maggior parte dei compositori ti direbbe la stessa cosa. Forse è per questo che apprezzo così tanto i concept artwork che arrivano dallo studio, così come le storie dei personaggi. Una volta che vedo un concept, la scintilla creativa si accende più facilmente, la pagina bianca sembra meno spaventosa e posso scegliere gli strumenti, il tempo e la tonalità. Mi piace sedermi al pianoforte e sperimentare per un po’, mettendo giù delle idee prima di tornare alla workstation. Non sono un grande fan dei “temp score” – le colonne sonore scritte “in sincrono” con le scene –, credo siano molto restrittive e cerco di evitarle. Credo che anche i director siano felici di ascoltare un’interpretazione originale di una scena a cui stanno lavorando.

La colonna sonora è una parte importante di un videogioco, soprattutto per la sua atmosfera. Il team di sviluppo ti dà delle indicazioni precise, o hai libertà di scrivere quello che vuoi?
Cerco di ricevere più informazioni possibili dal team, e spesso ho anche accesso alle prime build del gioco, e devo dire che mi è molto d’aiuto. A volte, però, lavoro sulla base di una conversazione con il creative director, che mi spiega la sua visione, le emozioni dei personaggi e i loro obiettivi. Altre volte ancora ho tutta la libertà che voglio, ed è una lama a doppio taglio. Alcuni compositori sono più creativi se lavorano dentro limiti specifici. Se questi limiti sono eccessivi, la musica soffre esattamente come se non ce ne fossero affatto. In più, i giochi hanno una caratteristica che ai film manca: la non linearità. Quando scriviamo musica per i videogiochi dobbiamo tenere presente i sistemi con cui interagirà. Non si tratta di una melodia che dura due minuti e poi sparisce, ma di musica che potrebbe continuare per ore, cambiando intensità con il tempo e reagendo all’ambiente e alla tecnologia del gioco. È un modo molto figo di far interagire mondi diversi: scriviamo la musica come se il giocatore fosse il direttore d’orchestra.

Disintegration è molto diverso dagli altri giochi a cui hai lavorato. Come hai approcciato la colonna sonora?
Il metodo è sempre lo stesso: supportare la storia, rispettare i personaggi e cercare di dare il meglio per creare empatia con il giocatore senza rompergli troppo le scatole. Disintegration è molto più lineare degli altri giochi a cui ho lavorato, il che è un vantaggio ma anche un problema. BattleTech era pensato per essere giocato per molte ore di fila, quindi la musica doveva essere interessante ma non troppo ripetitiva. Ogni progetto ha le sue sfide musicali e tecnologici, e il divertimento è trovare sempre un modo per superarle.

Qual è la principale differenza tra la musica per videogame e quella per film?
La linearità. Le colonne sonore dei videogiochi sono un ottimo esempio di “chance music”, e quando le scrivo lavoro con tempo, intensità e gli strumenti come se fossero variabili indipendenti. Un videogioco ha tantissimi parametri e regole che possono cambiare la colonna sonora. A volte sono semplici: “Più ti avvicini a un nemico, più la sezione d’archi diventa intensa”, altre complesse, “quando il giocatore arriva al punto x, scegli un brano dal contenitore B, mettilo in loop un certo numero di volte, poi passa a una delle variazioni”. Le possibilità di interazione sono infinite, e a volte la casualità è efficace tanto quanto la pianificazione.

Quali sono i tuoi piani per il futuro?
Sto lavorando a diversi progetti non annunciati e ad alcuni cortometraggi. Ho avuto l’onore di lavorare con Jenn Ravenna, abbiamo prodotto dei corti che speriamo di poter inviare ai festival di fine anno. Sono molto occupato e mi sento fortunato.

Un’ultima domanda: se dovessi consigliare una colonna sonora ai nostri lettori, quale sceglieresti?
È difficile, ce ne sono tantissime! Di recente mi ha molto colpito il lavoro del mio amico Wilbert Roger, che ha scritto la musica per Mortal Kombat 11. È uno dei migliori dell’industria. Anche Telling Lies, la musica è di Nainita Desai: ha lavorato con la London Contemporary Orchestra, dei musicisti fantastici con un suono molto figo. Anche quella di Anthem, di Sarah Schachner, è molto bella e ricca di synth modulari. Infine, Bee Simulator di Mikolai Stroinski, è una gioia ascoltarla.

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