Abbiamo fondato la nuova Apple (e potrete farlo pure voi) | Rolling Stone Italia
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Abbiamo fondato la nuova Apple (e potrete farlo pure voi)

Diventare i nuovi Bill Gates, Mark Zuckerberg o Steve Jobs è difficile, molto difficile. Per capire se siete come loro, o anche meglio, non vi resta che mettervi alla prova con un gioco di prossima uscita: Tech Corp.

Abbiamo fondato la nuova Apple (e potrete farlo pure voi)

Tech Corp. è ancora in fase di “early access”. Sono presenti quindi diversi bug, ma la base di gioco è abbastanza interessante.

È una storia che ben conosciamo, che si è ripetuta più volte. Un gruppo di amici appassionati di informatica. Un’idea geniale. La nascita di una piccola impresa, che magari ha la sua prima sede in uno scantinato. O nel garage dei genitori. Risorse limitate ma tanto entusiasmo. La voglia di sperimentare, di provare a creare qualcosa di originale e di innovativo. La fatica, tanta. E poi il successo. Gigantesco, planetario. E con esso i soldi, una quantità inimmaginabile di soldi. È questo quello a cui aspiriamo mentre decidiamo di lanciarci nell’impresa. Ma che fare di preciso? Software house, produttori di hardware o fornitori di servizi? Bella domanda. Lo stabiliremo strada facendo. Con un gioco di prossima uscita che si intitola Tech Corp., provato in anteprima per voi (e per noi). 

Soldi o sudore?

Iniziamo la nostra avventura trovandoci subito di fronte a un bivio. Da una parte abbiamo una via più difficile e impervia. Dall’altra invece una strada molto più comoda. È come scegliere se correre su un sentiero dissestato che si inerpica su una montagna o su una liscia autostrada a quattro corsie. 40.000 dollari di patrimonio iniziale. O, in alternativa cinque milioni di dollari. Proprio così, cinque (ripetiamo cinque, five, cinq, fünf) milioni. Nel primo caso, dovremo seguire l’arte dei piccoli passi. Dovremo accontentarci di un ufficio di pochi metri quadrati. Spazi ridotti(ssimi) in cui non ci sarà posto per fronzoli e orpelli vari. Niente maxischermo e niente tavolo da biliardo per l’area relax. Per essere più precisi, a mancare sarà proprio l‘area relax. Il budget permetterà di assumere al massimo un paio di persone, che dovranno subito impegnarsi alla ricerca di clienti. Un addetto alle vendite, che si occuperà di contattare aziende in cerca di qualcuno che sviluppi parte dei loro prodotti. E un programmatore che lo faccia. Ci sarà tempo per avere un team composto da manager, ingegneri e sviluppatori. I primi saranno mesi duri, la crescita sarà lenta e (si spera) costante, e ogni singola operazione dovrà essere valutata non una, ma dieci volte. Con il malloppo invece, evitando la tecnica “prendi i soldi e scappa” e investendo, avremo modo di partire in quarta. Disporremo di un open space non solo funzionale, ma anche comodo. Potremo avviare sin dai primi giorni diversi programmi, portando avanti in contemporanea sia il reparto software che quello hardware. Potremo reclutare personale offrendo stipendi concorrenziali. Le possibilità sarebbero infinite. Con qualche piccolo rischio. Quale? Principalmente farsi prendere troppo dall’entusiasmo, e iniziare a scialacquare a destra e a manca. Facciamo due valutazioni, e decidiamo che preferiamo rischiare di scialacquare…

Come in molte simulazioni manageriali, è presente una modalità “sandbox” che permette di giocare partendo da una situazione economica particolarmente florida.

Il gioco dei sogni (o degli incubi)

Prima idea. Riempire una vasca di dollari e farci il bagno. Seconda idea. Riempire una vasca più grande della precedente con ancora più dollari e farci il bagno. Ok, forse è meglio darsi una calmata. E per farlo, iniziamo a investire seriamente. Ufficio, magazzino, personale. In poco meno di un mese siamo operativi, e iniziamo a ricevere commesse da diversi clienti. Il flusso è costante, grazie a due reparti che marciano in parallelo, senza perdere un colpo. Sembrano due plotoni militari che non perdono mai il passo, tenendo un ritmo costante. Non sono soldati, sono venditori e programmatori. Guadagniamo bene anche dalla produzione della componentistica e, trascorsi sei mesi all’insegna della tranquillità, capiamo che è giunto il momento di una nuova sfida. Una sfida che ha un nome ben preciso: videogiochi! Acquisiamo un paio di piccoli team di sviluppo, quelli che gli appassionati del settore chiamano “indie”, e li mettiamo subito al lavoro. Non vogliamo creare solo un gioco, vogliamo provare a lasciare un segno sul mercato. A dare vita a un brand che sia riconosciuto in tutto il mondo. I nostri creativi pensano a un nome, a un genere, alla struttura e al comparto grafico. Mettiamo a disposizione un budget cospicuo, senza premere troppo sui tempi di consegna. Vogliamo che il risultato finale ci soddisfi. Stanziamo denaro extra per la promozione, perché non dobbiamo fallire. Non vogliamo fallire. E invece falliamo. Dire che la nostra creatura ha poco successo è un garbato eufemismo. Ci troviamo con i magazzini pieni e, valutiamo di utilizzare “tecnica Atari”. Un camion (magari ne bastasse solo uno), un luogo deserto e tutto sparisce sotto un enorme cumolo di terra. È solo un pensiero passeggero, e decidiamo di riprovarci. Cambiamo completamente genere, ci affidiamo a un altro team, e questa volta facciamo centro. Ok, centro è una parola esagerata. Diciamo che perlomeno riusciamo a colpire il bersaglio. Produciamo un leggero attivo, che potrebbe spingerci a proseguire su questa strada. Ma noi no, vogliamo altro.

Creare un videogioco vuol dire sceglierne le caratteristiche tecniche e strutturali, ideare la copertina e stanziare il budget per la promozione.

Un futuro ricco di possibilità

Malgrado siano trascorsi un paio di anni dalla nascita della nostra compagnia, ci consideriamo ancora dei novellini. Non siamo gli ultimi arrivati, ma sappiamo di avere ancora molto da imparare. Sappiamo anche che lavorare nel comparto tecnologico offre miriadi di opzioni differenti. Potremmo cercare di specializzarci in uno sola di esse, limitandoci al mercato europeo per poi provare a invadere il resto del mondo. Con tutta probabilità, sarebbe la mossa giusta da fare. Ma noi abbiamo talmente tante idee, che è difficile ingabbiarle tutte. Ci riuniamo, ci guardiamo in faccia e discutiamo. Alcuni di noi vorrebbero creare una piattaforma per cellulare. Altri per console. Altri ancora invece lavorare a nuova componentistica, investendo in alcuni prototipi. Ci sarebbero anche macchinari all’avanguardia per migliorare la produzione. E altri team di sviluppo da acquisire. Una cosa è certa. Dobbiamo decidere, e dobbiamo farlo in fretta. Perché non siamo soli. C’è la concorrenza. E, come diceva Gary Winstone in S.Y.N.A.P.S.E, “questo business è binario, o sei uno, o sei zero”.

L’ufficio deve contenere, oltre alle postazioni di lavoro, anche aree che permettano ai dipendenti di rilassarsi.