Abbiamo creato l’università perfetta, con un videogame | Rolling Stone Italia
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Abbiamo creato l’università perfetta, con un videogame

Quanto può essere difficile fondare e gestire un’università? A giudicare da Campus, ultima espansione di Cities: Skylines, non poco. Qualche nostro politico, del resto, dovrebbe giocarci per capire parecchie cosette

Abbiamo creato l’università perfetta, con un videogame

La più grande ricompensa per un rettore, è vedere i suoi alunni festeggiare la laurea… e incassare gli assegni dei loro genitori!

Ormai ci siamo. Il nostro obiettivo è quasi raggiunto. Siamo partiti dal nulla e abbiamo creato una piccola metropoli. Abbiamo creato quartieri residenziali edificando palazzi in grado di soddisfare le esigenze (e i portafogli) di diverse categorie sociali. Abbiamo fabbriche. Abbiamo strutture che cercano di ridurre l’impatto ambientale della produzione industriale. Abbiamo zone verdi. Abbiamo servizi di ogni genere, tutti perfettamente funzionanti. Ma manca ancora qualcosa. Una cosa importante, molto importante. Perché saremo anche all’antica, ma preferiremmo che i nostri ragazzi non debbano scrivere “università della vita” come titolo di studio nel proprio curriculum. E allora, forse, è il caso di lavorare un po’ sull’istruzione.

In giro per il campus

Creare dal nulla un polo universitario in grado di primeggiare nel mondo e capace di attirare un flusso costante di studenti non è un’impresa semplice. Come dimostra Campus, ultima espansione di Cities: Skylines (PC, PS4, Xbox One), è una sfida impegnativa che travalica i semplici confini dell’ambito scolastico per andare a toccare tutta una serie di delicati equilibri relativi all’intera gestione di una città. C’è molto da fare e, già dai primi momenti, una cosa appare evidente: anche solo per dare inizio a un progetto del genere, è necessaria una base finanziaria non da poco. Servono coperture economiche in grado di sostenere un esborso di denaro che, almeno per i primi anni, rischia di non essere ripagato. Un bilancio colorato in uno sgargiante rosso e con un bel “-“ davanti che non deve però spaventare. La politica dei piccoli passi è senza dubbio la più sicura e, per quanto ci piaccia l’idea di correre qualche rischio, è quella che decidiamo di seguire quando, oltre al ruolo di sindaco, assumiamo anche quello di assessore all’istruzione. Guardiamo con attenzione alle opzioni a nostra disposizione, e investiamo in maniera oculato i (pochi) averi nel nostro budget per creare strutture che siano funzionali al nostro progetto. Optiamo per un istituto universitario e, in rapida successione, assistiamo alla costruzione di una sede principale, di uffici amministrativi, di dormitori e, ovviamente, di aule. Cerchiamo di rendere il tutto gradevole alla vista, perché anche l’occhio vuole la sua parte, senza però eccedere. Almeno per i primi mesi non vogliamo avventurarci in spese inutili… e poi c’è la luce, c’è il riscaldamento, c’è l’acqua… cosa volere di più? 

L’ateneo dispone di diversi edifici, alcuni dei quali edificabili solamente dopo aver raggiunto un certo livello di prestigio.

Non solo studio

“Dopo solo cinque anni di partite di football, io ho preso la laurea”. Una frase di Forrest Gump riporta alla mente uno degli elementi cardine dell’istruzione a stelle e strisce: lo sport. Perché ben figurare a livello accademico, a volte può non essere sufficiente per garantire un futuro roseo a un ateneo. Serve anche un programma che non solo metta in risalto la mente degli studenti, ma che ne mostri anche le capacità atletiche. Per questo motivo, decidiamo di investire anche in questo campo. E poi, diciamo la verità, chi non ha voglia di vincere qualcosa? Siamo sinceri, ci piacerebbe molto avere una bacheca ricca di trofei e mandare i nostri giocatori migliori nelle più importanti franchigie professionistiche. Ovviamente, per non sembrare vanagloriosi, decidiamo di tenere un profilo basso. “Mens sana in corpore sano”, andiamo blaterando in giro con un sorriso da paraculo patentato. La salute prima di tutto. Fare sport è quello che serve per crescere come persone a 360°. Che sia vero o no, poco importa. Perché, forse per bravura, forse per una buona dose di fortuna, riusciamo a instaurare un circolo vizioso che sembra funzionare alla perfezione. Siamo soddisfatti, ma siamo anche consapevoli di una cosa. Sappiamo che, purtroppo, non dipende tutto da noi. Volenti o nolenti dobbiamo piegarci a una forza superiore, che può rendere vani buona parte dei nostri sforzi. Questa forza superiore è la città in cui ci troviamo. Per avere un flusso costante di studenti, per fare in modo che per ogni laureato che mette piede per l’ultima volta nel campus, ce ne sia uno che ci garantisca quattro-cinque anni di tasse, abbiamo bisogno di un ambiente intorno a noi che assicuri una certa qualità della vita. Insomma, per essere una università top, ci vuole una città top. E per questo, pur concentrandoci sull’istruzione, dobbiamo assicurarci che tutto il resto funzioni in maniera adeguata. È una sfida impegnativa, non è semplice avere una gestione sempre sul pezzo con così tanti aspetti da tenere in considerazione. Ma è anche una sfida divertente, che mette alla prova la mente, che costringe a pianificare sul lungo termine senza per questo dimenticare le esigenze di tutti i giorni.

In Cities: Skylines – Campus, l’università è integrata all’interno della città. Solo una gestione globale può portare al successo.

Il vicino miliardario

Nel frattempo, in una città vicina, il nostro omologo che non ha problemi di budget (maledetto lui e l’opzione che permette, disattivando i trofei, di risolvere in maniera automatica ogni questione di natura economica) può permettersi di scialacquare a destra e manca. E così, mentre noi ci troviamo spesso costretti a operare scelte dolorose e a fare di necessità virtù, lui continua a staccare assegni con tanti zeri. Lo guardiamo con un pizzico di invidia e cerchiamo di convincerci che la nostra è la scelta più giusta. Lo facciamo consapevoli del fatto che, se la nostra impresa fallisse, potremmo sempre ricominciare senza conseguenze. E che allora, magari anche noi (e i nostri studenti) potremmo nuotare in un mare di soldi.

Lo studio è importante, ma disporre di un programma sportivo di successo può essere una importante fonte di guadagni extra.