FOTO
La disperazione in un abbraccio. Una foto raffigura un gesto semplice, universale e che racchiude il dolore della perdita. Questa fotografia «riassume il senso più ampio di quello che sta accadendo nella striscia di Gaza»., ha detto Mohammed Salem. La composizione ricorda la Pietà di Michelangelo, ma non è un'immagine pensata. Salem l'ha colta all’improvviso tra i corridori dell’obitorio di Nasser, ospedale di Khan Yunis. Lì, una donna, Inas Abu Maamar, era accovacciata per terra. Tra le braccia sua nipote Saly, cinque anni, morta tragicamente insieme alla sua famiglia dopo che un missile israeliano ha distrutto la loro casa.
La “Madonna di Mariupol”. Una giovane donna ucraina sta per partorire e viene trasportata su una barella mentre il reparto maternità viene bombardato. L’immagine è diventata il simbolo della guerra tra Russia e Ucraina e la metafora di un attacco diretto alla nascita di un paese. In questo scatto di Evgeniy Maloletka il nostro occhio è attratto da un dettaglio banale che però è il centro focale dell’immagine: la coperta rossa con i puntini neri. Un elemento che entra in netto contrasto con le macerie e la distruzione che circondano la neo mamma. Il fotografo ucraino è stato uno dei pochi a documentare gli eventi di Mariupol in quel periodo (marzo 2022).
Abiti sporchi di sangue. In Canada i vestiti rossi o arancioni appesi alle croci sono un simbolo. Si trovano spesso sul ciglio della strada e rappresentano la lotta contro la violenza verso le donne e i bambini indigeni. Fino al 1996, più di 150.000 mila nativi sono stati strappati alle loro famiglie e portati in delle scuole per seguire un programma di assimilazione della cultura canadese. La fotografa Amber Bracken li ricorda con una fotografia che condanna lo scandalo di Kamloops, città del Canada occidentale. Nelle scuole della città i bambini venivano maltrattati e un gran numero fu ritrovato in un cimitero vicino alla località.
Soffrire di solitudine. Questo è il primo abbraccio che Rosa riceve dopo cinque mesi di isolamento a causa della pandemia. Rosa Luzia Lunardi (85 anni) si trova nella sua casa di cura in Brasile. La prima persona che abbraccia dopo il Covid è la sua infermiera. Uno scatto che racconta la felicità di ritrovarsi, di toccarsi dopo un lungo periodo. L’autore è il fotografo Mads Nissen che con i suoi lavori ha mostrato le conseguenze della pandemia in Brasile, Paese che ha chiuso il 2020 con uno dei peggiori record a livello globale nella gestione del virus, con circa 7,7 milioni di casi segnalati e 195.000 decessi.
Un voce “illuminata”. Durante un blackout a Khartoum, in Sudan, un ragazzo è illuminato dalle luci dei telefoni mentre recita delle poesie di protesta. Una mano sul cuore e uno sguardo sicuro diventano simbolo di lotta. Attorno al giovane i manifestanti intonano slogan e chiedono a gran voce un governo civile dopo la fine della dittatura trentennale di Omar al-Bashir. Il fotografo Yasuyoshi Chiba cattura la rabbia, la disperazione e la voglia di rivalsa di una popolazione stanca di essere soggetta a violenze e uccisioni da parte del governo militare al potere.
Un muro da abbattere. La bambina honduregna che vedete nell’immagine è Yanela Sanchez, ha forse quattro anni e ha attraversato il Messico in un mese. Un viaggio per arrivare al confine del Texas e chiedere asilo insieme a sua madre, Sandra Sanchez. Nella foto, scattata da Giovanni Moore, si vede Yanela scoppiare in lacrime mentre la mamma viene presa in custodia dai funzionari di frontiera. Molte famiglie che migrano arrivano dal Messico e percorrono il Rio Grande in zattera fino a quando non vengono bloccate e spesso separate. «Come fotoreporter, penso anche che sia importante umanizzare un problema che viene spesso associato a dei numeri».
Il fuoco della rivoluzione. José Víctor Salazar Balza (28anni) prende fuoco durante i violenti scontri con la polizia. Questa immagine è stata scattata dal fotografo Ronaldo Schemid durante una protesta contro il presidente Nicolás Maduro, a Caracas, in Venezuela. Il 3 maggio 2017 sono scoppiati scontri tra i manifestanti e la guardia nazionale venezuelana. I manifestanti (molti dei quali indossavano cappucci o maschere antigas) accendevano fuochi e lanciavano pietre. Salazar ha preso fuoco dopo che una moto gli è esplosa accanto. È sopravvissuto all'incidente con ustioni di primo e secondo grado.
Omicidio a sangue freddo. “Se la foto non è buona è perché non eri abbastanza vicino” direbbe Robert Capa. In questo caso, però, il fotografo Burhan Ozbilici non aveva progettato di ritrovarsi faccia a faccia con l'assassino di un ambasciatore russo. L’uomo con la pistola in mano è Mevlüt Mert Altıntaş un attimo dopo aver sparato all'ambasciatore russo Andrey Karlov, Altintas ha urlato “Allah akbar” e poi ha detto in turco: “Non dimenticate Aleppo. Non dimenticate la Siria”. Ozbilici haccontato: «Tutti gridavano o si nascondevano. Avevo paura e mi sentivo confuso, ma sono riuscito a ripararmi dietro un muro e a fare il mio lavoro: scattare foto».
La nascita di un futuro diverso. Un bambino viene consegnato, attraverso un buco in una barriera di filo spinato, a un rifugiato siriano che è già riuscito ad attraversare il confine dalla Serbia all'Ungheria. Siamo nell’agosto del 2015 e il fotografo Warren Richardson riesce a catturare in un’immagine un momento storico. L’Ungheria stava inasprendo la sua posizione nei confronti dei rifugiati. A luglio, il paese inizia a costruire una barriera alta quattro lungo il confine con la Serbia. Questo gruppo aveva trascorso la notte in un meleto cercando di trovare un modo per attraversare il confine.
Amore proibito. In questo scatto caldo e chiaro-oscurato vediamo Jon e Alex, una coppia gay, mentre condividono un momento intimo a casa, nel loro piccolo appartamento a San Pietroburgo, in Russia. Mads Nissen usa l’intimità per scuotere. Usa questa immagine per denunciare le difficoltà che devono affrontare le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) in Russia. Nel paese è ormai da tempo che le minoranze sessuali subiscono crimini d'odio, discriminazioni legali e sociali, molestie e persino violenti attacchi da parte dei più conservatori.
Camminando al chiaro di luna. La fotografia di John Stanmeyer ci racconta l’immigrazione moderna con un’immagine quasi poetica: al chiaro di luna alcuni migranti sulla costa di Gibuti, Corno d’Africa, alzano i telefoni verso il cielo. Il tenativo è quello di captare un segnale dalla vicina Somalia, un modo per comunicare con i parenti. Kim Hubbard, che ha commissionato la storia per National Geographic, ha detto: «John è riuscito a riassumere la storia delle migrazioni di oggi: la migrazione moderna incontra il desiderio universale di connessione».
Restiamo
in contatto
Ti promettiamo uno sguardo curioso e attento sul mondo della musica e dell'intrattenimento, incursioni di politica e attualità, sicuramente niente spam.