Fenomenologia di Charles Manson (o di come uno psicopatico continui a infettare la cultura pop) | Rolling Stone Italia
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Fenomenologia di Charles Manson (o di come uno psicopatico continui a infettare la cultura pop)

Nonostante non abbia mai ucciso nessuno, ce lo ritroviamo puntualmente al cinema, in TV o nei libri. Ecco i migliori, usciti di recente

Fenomenologia di Charles Manson (o di come uno psicopatico continui a infettare la cultura pop)

Cominciamo con il primo, sorprendente, fatto.
L’uomo nero, il baubau più famoso della storia, il serial killer secondo solo per fama a Jack lo Squartatore, l’uomo che ha posto la fine a una vagheggiata era di Peace and Love, in realtà non è tecnicamente un omicida seriale. Almeno non direttamente, ma solo per interposta persona.

Persino quando ferì Gary Hinman, l’insegnante di musica tenuto in ostaggio per giorni, poi non lo finì, ma lasciò che fossero altri a ucciderlo. Manson non avrà materialmente commesso la lunga lista degli omicidi, ma ovviamente li ha ispirati ed è stato il chiaro mandante di tutte le efferate azioni della setta: nell’elenco delle vittime abbiamo una miscellanea di persone che voleva punire, oppure che considerava pericolose per i suoi piani, ma anche vittime a caso (Sharon Tate e gli omicidi conseguenti), nel dichiarato scopo di provocare la massima agitazione possibile. Manson sperava che del suo omicidio più “ illustre” (la Tate con il suo bambino e tutti i poveracci che erano nella ormai famigerata casa di Cielo Drive) ne fosse incolpata la comunità afroamericana con le problematiche di disordine sociale conseguenti.

Charles Manson è morto in carcere nel 2017, ma non per questo riusciamo ad archiviarlo, continua a veleggiare indisturbato nella cultura pop e a “contaminarla”. Esattamente come le spore, che per la loro intrinseca natura sono estremamente difficili da eradicare, una continua fascinazione collettiva, ancora attuale, fa sì che di lui non riusciamo a liberarci.

Abbiamo resilienti e continui prodotti a lui ispirati, in particolare in questi anni, sia perché nel 2019 cade la ricorrenza dei cinquant’anni di Woodstock, sia perché il Male vince sempre, anche solo per la sua persistenza.

Per aiutarvi ad orientarvi, eccovi una selezione di opere contaminate da Manson, con stili e sfaccettature differenti, che vanno da “spreco del mio tempo” a “eccellente”, a “molto hype” a “cosa.sto.vedendo.”.

Dal 16 agosto è disponibile su Netflix la nuova stagione di Midhunter, serie tv sui primi profiler della storia, in cui avremo anche Manson. Infatti, in questa seconda stagione, i due protagonisti hanno la possibilità di intervistare Charles Manson in persona. La serie diretta da David Fincher non delude neanche stavolta, avvolgendo lo spettatore in atmosfere glaciali e torbide al contempo. Consigliatissima per un binge-watching estivo.

Su Chili è invece disponibile il film The Haunting of Sharon Tate, protagonista Hilary Duff che interpreta una stralunata Sharon Tate. Il suo omicidio è trattato in versione horror psicologico, ed è definibile solo come “film bruttone” in cui si cerca di fare passare la cara Hilary per la Final Girl della situazione, come se tutti avessimo un’amnesia collettiva e ci fossimo dimenticati della fine della storia. Hilary, inutile dire che ci piacevi di più in versione Disney.

MINDHUNTER Season 2 Official Trailer (2019) Charles Manson, Netflix Series HD

Sempre il 2019 ci regala un altro film dal titolo The Manson Family Massacre di Andrew Jones, che si annuncia come probabilmente prescindibile anche solo per i rimaneggiamenti del plot che ha subito, partendo da voler essere un biopic fino a diventare una storia di fantasmi. Data di uscita italiana ancora sconosciuta, ma ce ne faremo una ragione guardando invece qualcosa di ben fatto: Charlie Says, già passato per Venezia, sarà nei cinema da fine agosto, e dà il quadro migliore di come si sono svolti i fatti, di quel clima allucinogeno e di continua manipolazione mentale che si respirava all’interno del gruppo di fedeli a “Charlie”.

Manson è talmente entrato nell’inconscio collettivo che in alcune opere non viene neanche formalmente nominato, ma comprendiamo all’istante che si sta parlando di lui o che il personaggio è a lui ispirato, in particolare nella narrativa. È il caso del libro di esordio di Emma Cline Le ragazze.

La Cline scrive:“…Evie voleva solo che qualcuno si accorgesse di lei. Come tutte le adolescenti cercava su di sé lo sguardo degli altri. Un’occasione per essere trascinata via, anche a forza, dalla propria esistenza. Ma non aveva mai creduto che questo potesse accadere davvero. Finché non le vide: le ragazze. Le chiome lunghe e spettinate, i vestiti cortissimi. Il loro incedere fluido e incurante come di «squali che tagliano l’acqua». Poi il ranch, nascosto tra le colline. L’incenso, la musica, i corpi, il sesso. E, al centro di tutto, Russell. Russell con il suo carisma oscuro. Ci furono avvertimenti, segni di ciò che sarebbe accaduto? Oppure Evie era ormai troppo sedotta dalle ragazze per capire che tornare indietro sarebbe stato impossibile?…”. Il focus della storia è su giovani ragazze coinvolte in una setta da un carismatico leader, il punto di vista è il loro e solo il loro; ma è sempre dolorosamente chiaro che dietro la figura fittizia di “Russell” c’è sempre lui, stiamo sempre parlando di Manson.

Se invece volete leggere qualcosa di meno romanzato e più biografico, è in preparazione dagli stessi autori dello splendida disamina del fenomeno del punk Please Kill Me, Legs McNeil e Gillian McCain, una storia completa della Manson Family, con interviste ai testimoni, focalizzata su Manson e le sue “ragazze”. I due autori hanno raccolto le testimonianze di più di centocinquanta persone presenti all’epoca dei fatti, una summa completa.

Dulcis in fundo, Tarantino.Nel nuovo, attesissimo, film di Quentin Tarantino, C’era una volta a…Hollywood, protagonisti Leonardo di Caprio e Brad Pitt, abbiamo una giovane Tate alla vigilia dell’eccidio, interpretata da Margot Robbie. La figura e la filosofia di Manson sono poco rappresentate, non solo il suo ruolo è minimo nella trama, ma è mezzo frainteso a scopo narrativo. Il personaggio fa sì una rapida comparsata, ma ci sono sprazzi di vita della Family correttamente sviluppati, inclusa la difficile situazione di George Spahn, il proprietario del ranch in cui gli adepti di Manson si installarono.

Si ringrazia per la preziosa collaborazione Nanni Cobretti.

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