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Fantatormentoni: il musical anti-Meloni di Elodie, Fedez ad Hammamet, Baustelle all’Idroscalo

Nella nuova puntata di Boomer Gang: l'altra notte hanno caricato i tormentoni estivi, un mese prima di quando ce li aspettavamo, a tradimento. Colpa del cambiamento climatico: pronti alla fanta-asta?
Elodie nel video di 'Pazza musica'

Elodie nel video di 'Pazza musica'

Alberto Piccinini: Hai visto? Cioè, hai sentito? L’altra notte hanno caricato i tormentoni estivi, un mese prima di quando ce li aspettavamo, a tradimento. Colpa del cambiamento climatico: alluvioni e tormentoni. L’altro giorno su Rete 4 ho sentito Vittorio Feltri più grigio e céliniano del solito: il cambiamento climatico è solo una moda, diceva, il bollettino meteorologico è sempre stato così, un giorno ti dice che c’è il sole e il giorno dopo piove.

Giovanni Robertini: È dall’anno scorso che ci penso, fare una sorta di fanta-tormentone, prima gironi e poi scontri diretti dagli ottavi. Per vincere la Champions della canzonetta estiva serve naturalmente il fanta-mercato: in porta i producer, quelli con i nomi strani, Zef, Marz, Takagi, Ketra, Merk&Kremont; in difesa solidità ed esperienza, un J Ax, una Giusy Ferreri, Arisa, Mengoni; a centrocampo i Fedez, le Baby K, i Tommaso Paradiso, le Loredana Berté, il prezzo all’asta è alto ma si va sul sicuro, prima poi se li compreranno i sauditi col petrodollaro; in attacco giovani e giovanissimi, Tananai, Sangiovanni, Blanco, Lazza o uno appena uscito da Amici. Io sono ancora indeciso se sulla fascia prendere Elodie o Annalisa, il cui cartellino è schizzato alle stelle. Pronto alla fanta-asta? Si vince una settimana al festival di droni di Stephen O’Malley e Kali Malone tra i dolmen del Sud della Francia.

AP: Comunque io non ho perso tempo. Ho messo su immediatamente Mengoni e Elodie, Pazza Musica. Oddio, la musica più di tanto pazza non è. Roba jazzy anni ’90, un po’ Sudafrica mezzo Brasile, testi autobiografici poco oltre il tweet e il ritornello Marcella Bella/Loredana Bertè totalmente a cazzo di cane. Però estivo: “Si vede il mare/ non stiamo così male” alla fine funzionerà, pensavo. Poi ho guardato il videoclip girato da Roberto Ortu dove venti ballerini di ogni sesso e colore ballano con Mengoni e Elodie dentro una fabbrica abbandonata che sembra Londra ma invece è Milano (non ti sarà sfuggito): i vecchi studi di via Mecenate dove facevamo Mtv e andava in onda Fabio Fazio che adesso chiuderanno. E lì ho avuto l’illuminazione: Pazza Musica è un piccolo musical antimeloniano, rave nel fortino assediato, il simbolico party della resistenza antifascista. Commovente nella sua dabbenaggine. E incompleto. Mancavano le ragazze nel fango di Ultima Generazione. Mancavano i pupazzi di Lollobrigida e Roccella da bruciare in un rito apotropaico di inizio estate. E Schlein dov’era? Non c’è mai quando serve quella lì. Ma ti dirò, la canzone un po’ m’è risalita.

GR: Certo che ho riconosciuto nel video i nostri milanesissimi docks, ci ho pure lavorato insieme ad altre centinaia di giovani creativi precari che arrivano da Isola, Bovisa, Nolo e South of Prada con le loro bici gravel e la schiscetta vegana nell’Eastpack. Già, perché – non so per quale motivo, sarà per colpa della Rai? – Mecenate non è ancora stata gentrificata, nonostante ci sia pure il fortino di Gucci: niente baretti con banana bread e pancake, manco un poké o un calice di vino naturale Triple A, c’è una birreria ma non artigianale. Sarebbe il set ideale anche per Disco Paradise, il boomerissimo tormentone di Fedez, Annalisa e Articolo 31 (uno dei team più temibili nel fanta-tormentone). È una esplicita citazione di Girls Just Want To Have Fun di Cindy Lauper, e i suoni ricordano la dance anni Novanta dei Dee-Lite. Tutto nella regola – l’anno scorso andavano i Sessanta/Settanta, il twist o lo swing, ora la disco retrò – se non fosse per un cringissimo testo che sembra uscito dall’armadio Vinted: “Tutti alla ricerca di un colpevole/ Quest’anno hanno deciso che tornava a me, andarmene ad Hammamet”. Cosa mi volete dite facendo riferimento a Craxi? Sapete già qualcosa sulla fine dei fondi del PNNR che io non so? O è un messaggio politico di Fedez che come Lucia Annunziata (“non condivido nulla dell’attuale governo”) è pronto a girare la terza stagione di The Ferragnez in autoesilio in Tunisia? E poi: “Come tutti gli italiani all’estero/l’anno prossimo non voterò”. Da quando non votano gli italiani all’estero? Giuro, non l’ho capita, anche su Genius tutto tace, e mi tormenta questo tormentone.

AP: Che poi il voto degli italiani all’estero, oriundi come Sivori, è da sempre una medaglietta della destra no? Sarà per quello. A proposito di estero: ad Amore Indiano di Baustelle e Paradiso ci ho pensato tutto il giorno. Sarebbe il tormentone estivo di sinistra, quello per noi, dove non si fa il trenino e invece si parla di treni veri, regionali. C’è uno che prende il treno per andare a “lavorare in un call center di Milano”, ogni settimana la fidanzata lo saluta in lacrime al binario, ma è un sacrificio necessario “per stare ancora bene insieme/ per chiederti la mano”. E sposarsi. Idillio anni ’60, fotoromanzo alla Luciano Emmer, sottolineato dal prevedibile ricalco retrò della canzone, tra Sandro Giacobbe e un tardo De Gregori. Ok. Ma in che senso “indiano”? Avevo letto l’intervista di Giulia Cavaliere qui su RS che suggerisce l'”estate indiana” delle canzoni americane ma niente, i miei dubbi sono rimasti. Allora ho guardato il video. Non l’avessi mai fatto. Girato all’Idroscalo di Milano con un decòr tra i ’60 e i ’70, le sdraio, i pedalò, una Fiat Ritmo verde bottiglia, belle facce da cinema italiano, coppie che si stanno per salutare la domenica sera, un militare in licenza in divisa, un’atmosfera da amore baciami di Tananai complessivamente. E siccome non se ne può fare a meno, come nei video di una volta Tommaso Paradiso nella parte di se stesso, jeans stivali radiolina vintage accesa sul risultato della Lazio, e i Baustelle nella parte di se stessi, vestiti di tutto punto sulle sdraio sotto il sole. Rachele disegna. Il tuo amico Bianconi legge. Cosa legge? I bastardi di Nabokov, romanzo minore dello scrittore di Lolita, distopia ambientata nel dopoguerra di un paese sovietico, l’edizione originale Rizzoli 1967. Vabbè. Stavo per cedere all’abbiocco semiotico quando ho avuto l’illuminazione. Nel video c’è pure un signore corpulento, forse peruviano, forse indiano, boh, che sotto un ombrellone vende cappelli di paglia. Allora mi è stato tutto chiaro. Il protagonista della canzone sarà suo figlio, forse suo nipote, che cinquant’anni dopo prenderà quel treno per andare a Milano a lavorare nel call center e sposare così il suo amore indiano che vive nelle campagne tra Modena e Piacenza perché i suoi lavorano in un allevamento di mucche, e questo idillio all’Idroscalo sarà il sogno di tutta la loro estate, sogno che noi con tutte le nostre isole e arcipelaghi e crociere del cazzo non vivremo mai più. Non torneranno più. Non torneranno più le canzoni di Sandro Giacobbe, Ricchi e Poveri, il De Gregori del 1979, la felicità, la speranza. Solo Meloni, Lollobrigida, Roccella, I bastardi di Nabokov. Allora ho sentito il bisogno di ascoltare dei tormentoni estivi del Bangladesh, e sono sceso dal bangla sotto casa. Ti farò sapere.

GR: Aspetta, prima del bangla ascolta i miei nuovi acquisti al fanta tormentone, Baby K e Baby Gang che insieme cantano Reggaeton. Su di loro mi gioco tutto, perché la strada per il primo tormentone della maranza-epoque è ancora in salita, ma sento che i boombox per strada sono già caldi: “Baby, je suis maghrebin, il y a pas vica wld krien/I-Italiano, mafia, pizza, pasta, mandolin/Baby, baila reggaeton ton ton ton ton/Baila reggaeton-ton-ton-ton-ton”.

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