Rolling Stone Italia

Davvero c’è chi pensa che Springsteen avrebbe dovuto cancellare il concerto di Ferrara?

Gli artisti devono farsi carico di ogni disgrazia? Non è che siamo provinciali noi a pensarlo? E chi avrebbe pagato i lavoratori in caso di annullamento? Riflessioni di un non-springsteeniano sulla differenza fra buon senso e solidarietà performativa, fra pudore e retorica

Foto: Rob DeMartin

Voglio porre a premessa di quanto sto per scrivere che sto abbastanza riuscendo a disintossicarmi dai social. Ho perso troppo tempo a farmi succhiare energie dalla canea della rete, dalle rabbie polarizzate, dalle brutture latrate dalla parte a me sgradita (sono polarizzato a mia volta? Penso di sì, ma solo nei riguardi di certe brutture, per le quali non si può altro che scegliere di stare da una parte della barricata, quella del buon senso, straziati dalla disgrazia che ci è toccata in sorte: vivere in un’epoca di negazionismi contagiosi e acchiappa citrulli che ti danno della capra), e sento che così facendo poco per volta si torna a vivere meglio. Ti accorgi che esiste il mondo là fuori e che le persone belle ci sono e in sufficiente numero.

Quando parlo di disintossicazione dai social non penso ovviamente ai miei e a quelli dei Marlene (lì ci devo stare, e nonostante lo sbattimento quotidiano che questo comporta, resta pur sempre il fatto che si dialoga coi propri ammiratori, che manifestano il loro affetto e fortificano la parte positiva della propria sensibilità), ma a tutti quelli di informazione sotto i cui post si concentrano i vettori impazziti delle schermaglie tanto graditi ai siti di informazione stessi, che ormai hanno capito, credo all’inizio con un po’ di disgusto, che è l’unico modo per far funzionare un social con grandi numeri (i primi a cogliere questa opportunità sono stati i partiti della destra, Lega in testa, direi a partire da sei-sette-otto anni fa: e nel momento in cui quelli della sinistra, storditi da questo modo di comunicare tanto fruttuoso quanto inammissibile da un punto di vista etico, si sono attrezzati alle bell’e meglio, seppur mai con la bassa qualità della spudoratezza di destra, la polarizzazione ha preso corpo in modo chiaro, e ormai sono in molti a sapersene rendere conto. Fa dunque sorridere quando certa gente se la prende coi «giornalai» che a loro dire guadagnano facendo informazione di merda: è la rete, baby, dove coi post non si guadagna in verità un bel cazzo di niente – E infatti i giornalisti delle nuove generazioni, quelli che non godono degli antichi contratti dei senior, hanno stipendi da fame. Non ci credereste se li sapeste… Si comprasse i giornali e li leggesse da cima a fondo, certa gente, comprese le pagine culturali, invece di sbirciare i contenuti giocoforza sintetici e necessariamente fatti apposta per avere la cagnara quotidiana che tanti bei dati produce per il guadagno dei soliti noti, Facebook e Instagram e compagnia bella in testa, e a discendere tutti i coinvolti nella compravendita, che alimenta un business da cui tutti noi siamo tenuti fuori. E oltre a esserne tenuti fuori, per inciso, quel business glielo porgiamo gratuitamente sul piatto con la nostra presenza costante lì dentro: quattro, cinque, sei ore di navigazione quotidiana, lo standard medio dei più. Siamo gli operai del web, e se vi va riflettete bene su questa semplice ma disarmante affermazione. Non siamo altro che gli operai del web, ed è demoralizzante).

Ecco: nonostante questo mio lento e salvifico distacco, mi basta un giro veloce ogni tanto per intercettare gli umori (dovrò eliminare al più presto anche il giro veloce).

Parliamo allora di Springsteen in Emilia-Romagna, perché ho intercettato le polemiche sul suo concerto a Ferrara.
Non sono un fan di Springsteen: non mi è mai piaciuta la parte del vate, e non mi è mai piaciuta quella che per me è stata la furba presa d’atto che quel ruolo funzionava alla grande (ma sono pronto a smascherare la mia malizia e a condannarla, se necessario). Sia chiaro: in termini del tutto generici e di semplice consapevolezza delle musiche fatte bene, lo Springsteen musicista rock (quello meno caciarone, lasciatemi sottolineare) mi è a tratti gradito o molto gradito, e sono perfettamente in grado di cogliere l’enorme grandezza di un suo live. Peraltro ho davvero amato un suo recente disco, Western Stars, che da quel che ho capito non è piaciuto ai suoi estimatori più strutturati.

Sbirciando i social l’altro giorno, ho notato che il grosso della polemica consisteva nel fatto che quel concerto, a dire di molti, non andava fatto. Io faccio parte del settore della musica, questo il 90% di voi lettori lo sa (c’è sempre qualcuno che arriva sotto un post che mi riguarda e scrive: e questo chi è? Anche se siamo su Rolling Stone, che è un sito musicale), ma non ero in grado di immaginare quanto un concerto del Boss potesse costare. E ora ve lo dico, perché essendo del settore posso decidere di prendere le giuste informazioni. Partendo dal fatto che si pensava che avrebbe generato incassi per circa 5,3/5,5 milioni di euro (incasso netto, cioè al netto di Iva e Siae), se ne deduce un costo fra i 4,5 e i 5 milioni. Chissà se sono ordini di grandezza per voi ragionevoli, plausibili, immaginabili, preventivabili, ipotizzabili, oppure strabilianti, impensabili, sorprendenti, incredibili, stordenti… Il dubbio non è retorico: sarei veramente curioso di sapere cosa ne pensate.

Ebbene: sono ovviamente costi che erano già tutti o quasi stati sostenuti, perché si era a ridosso dell’evento… E pare difficile a queste condizioni decidere di annullare una baraonda simile: non trovate?

Immaginiamo cosa avrebbe dovuto succedere: arriva un ordine di natura istituzionale (la regione? Il sindaco della città? Chi?) che vieta lo svolgersi dell’evento: sulla base di quale principio si può immaginare che si possa negare un diritto acquisito da parte delle migliaia di persone che hanno acquistato il biglietto? Si può contare sul buon senso di tutti e dunque sulla capacità della gente di comprendere? Siamo sicuri che non sarebbe montata in realtà una polemica senza fine da parte delle centinaia e centinaia di persone che avrebbero mostrato il loro disappunto dopo essersi organizzati la giornata già da tempo addietro? (Un trend attuale ci dice che ora si comprano i biglietti dei grandi eventi anche un anno prima: per me che non vado a certi concerti è sostanzialmente ridicolo e paradossale, ma visto come certi eventi vanno sold out in fretta direi che provengo evidentemente da un altro pianeta). Una giornata per molti organizzata tempo addietro, con hotel e ristoranti prenotati, per un concerto in una città non direttamente toccata dalla tragedia e dunque perfettamente agibile (perché sì, mi è stato riferito che a Ferrara tutto era ok, con nessun problema di nessun tipo se non ovviamente la contiguità non solo geografica ma anche emotivo-affettiva, etica, “parentale”). Il Presidente della regione avrebbe allora dovuto vietare qualsiasi altro tipo di intrattenimento nei pressi, mi vien da dire, e vien da chiedersi entro quale confine i “pressi” sarebbero stati da ritenersi quelli vitali e sensibili alla causa. O forse era più coerente a questo punto istituire una giornata di lutto nazionale, visto che si è parlato di scarsa sensibilità? (La domanda è retorica, ma ha un suo fondamento).

In realtà nulla di ciò è stato fatto semplicemente perché non si poteva fare: sono decisioni che si devono prendere con criterio di proporzionalità, tenendo presenti i diritti di tutti, fra cui quelli che ho detto sopra.

E pensate per un attimo alla grande ipocrisia che aleggia tutt’intorno se non ci dimentichiamo di ricordare l’Iva che incassa lo Stato da un evento simile: direttamente sull’evento col 10% sull’incasso lordo e indirettamente su tutte le attività facilmente intuibili (albergatori, ristoratori, parcheggiatori, negozianti e tutti gli altri servizi che potete immaginare). Un incasso consistente e allettante, che, peraltro, se il divieto fosse stato deciso per esempio dal Presidente della regione in autonomia e sull’onda di una comprensibile emotività sotto la pressione dell’opinione pubblica, avrebbe comportato la pesante sanzione da parte dello Stato stesso per mancato incasso erariale.

Attraverso quel concerto, Stato e istituzioni locali varie hanno incassato qualche milione di euro a vario titolo. Quella sera, mi è stato detto, una camera d’albergo solitamente venduta a 80 euro costava anche 500 euro e locali che chiudevano in genere alle 20 hanno servito anche oltre la mezzanotte. Alle 15 si pranzava in ristoranti che in genere chiudono alle 13.30… Tutti soldi, quelli pubblici, che potrebbero immediatamente essere messi a disposizione dei soccorsi. Ipocrisia, giust’appunto… Non che io di queste cose sappia argomentare molto (sono pessimo in ambito economico-fiscale-finanziario), ma mi so confrontare con le persone giuste e del settore che mi sanno raccontare le cose come stanno.

Bene: forse qualche occasione di riflessione l’ho fornita.
E allora veniamo al Boss.

Ma davvero c’è chi pensa che avrebbe dovuto decidere di non suonare?
Perché un cantante straniero dovrebbe essere toccato in un modo così coinvolto dal punto emotivo dalle disgrazie di una regione di un Paese ospitante tanto da decidere di rinunciare a un suo concerto, non incassare i soldi del suo lavoro e rifondere tutti i suoi collaboratori (le decine di persone che lavorano per lui alla produzione di un evento simile e che sono in giro con lui per il mondo a sue spese)? Ma qui si torna al costo del concerto, di cui quello dei suoi collaboratori è una piccola parte: ovvero i poco meno di 5 milioni di cui ho scritto prima. Se era il Boss a decidere di annullare l’evento per qualche forma di sensibilità cosmica, doveva dunque sobbarcarsi lui quell’intera cifra?
E se non lui da solo (forse a questo punto tutti concordano nel pensare che non sarebbe propriamente giusta come cosa) con chi avrebbe dovuto condividere il costo? Con gli organizzatori? Con le istituzioni che poi si prendono la multa dal fisco? Come si sarebbero accordati sulla suddivisione?

Qualcuno dice che avrebbe almeno dovuto devolvere il suo incasso in beneficenza… Proseguendo dalle cose scritte qua sopra mi chiedo: se per ipotesi in ogni luogo in cui andasse ci fosse qualche evento tragico, dovrebbe essere dunque solidale con tutti? (Le domande paradossali dovrebbero aiutare a capire le esagerazioni di certe cose concrete e reali). Sempre la mia fonte di informazioni preziose mi fa notare che Springsteen si è speso per tutte le calamità occorse al New Jersey nel corso degli anni (il New Jersey è il suo Stato di nascita), e direi che forse è sufficiente immaginarselo in grado di essere generoso e munifico nel vero momento opportuno, quello che è ragionevole attendersi. Doversi prendere carico emotivamente di ogni possibile brutto evento in giro per il mondo lo porrebbe in una posizione di sensibilità cosmica, come ho scritto sopra, e se devo essere sincero questa pretesa palesa una forma acuta di provincialismo ed egoriferimento altamente discutibili (che poi ovviamente basterebbe che si occupasse di noi italiani quando è qua in Italia, e chi se ne frega di quel che accade eventualmente in Polonia o in Portogallo).

Lasciate che copi-e-incolli quello che mi ha scritto la mia talpa, perché lo trovo esemplare e non saprei dirlo meglio: «Uno del New Jersey che passa un giorno da Ferrara, che prende atto che lo Stato e gli enti locali non rinunciano al concerto anche per i soldi che il concerto fa incassare, che prende atto che il promoter non rinuncia all’incasso, che prende atto che 50 mila persone non rinunciano a divertirsi… solo lui dovrebbe rinunciare al cachet, il che significherebbe probabilmente donare molto di più (il doppio o il triplo) del milione donato da una azienda iconica del territorio (notizia ufficiosa e plausibile)… Ovviamente poi la stessa cosa dovrebbe fare in caso di alluvione o tragedia in altra parte del mondo».

Resta infine lo scandalo di non aver detto nulla fra un pezzo e l’altro: anche questa cosa gli è stata imputata. La capisco meglio, la intendo, comprendo e giustifico la qualità della rimostranza, ma chiudo ancora con le parole della mia persona di fiducia, perché sì, sono perfette, e mi fanno entrare in sintonia con una dimensione a me molto conosciuta, che è quella del pudore vs spudoratezza, della retorica, del timore di scadere in forme tronfie di esposizione e di esibizione di sé stessi, aborrendo i luoghi comuni, le banalità, le ipocrisie, e preferendo spesso il compassato silenzio della compostezza: «Cri, c’è solo una verità: essendo anziano e non fregandogliene più un cazzo di quello che pensano gli altri, non ha avuto la furbizia becera di dedicare No Surrender all’Emilia-Romagna e donare quei 500 mila euro che per lui equivalgono ai nostri 5000. Però capire questo richiede una intelligenza non richiedibile ai nostri interlocutori. Springsteen non ha detto nulla, ha detto cantando, ma purtroppo su questo non mi aspettavo ci arrivassero in molti».

E se posso dirvi, il fatto stesso che non abbia avuto questa furbizia becera mi fa ricredere un po’ sul mio preconcetto su di lui e sulla furbizia pregressa del vate che è stato: faccio parzialmente ammenda e smaschero e condanno pubblicamente la mia malizia, giusto un po’, per mitigare il pregiudizio che ho sempre coltivato (con una precisazione: è proprio grazie a quel ruolo di vate di cui si è appropriato che la gente poi si aspetta le cose straordinarie e non dovute: chi è causa del suo mal…).

Post scriptum 1: il richiamo in coda a questo mio articolo dello smascheramento e della condanna della malizia, paventati a circa metà, è stato un delizioso piccolo colpo di scena che mi è venuto in mente mentre riportavo le ultime parole del mio amico. Un bel modo per concludere elegantemente. Ma due cose mi preme dire, e le estendo in questi due post scriptum per non rovinare l’effetto appena ottenuto.
C’è questa mentalità: ci si aspetta che per solidarietà o beneficenza i musicisti possano suonare gratis (anzi: debbano). Non mi pare ci sia questa aspettativa in altri settori, anche se dello spettacolo (ad esempio non ci si aspetta che lo facciano i calciatori, o gli attori, o chi altri, anche se poi, va da sé, esistono anche le partite di beneficenza, per dire, pur se eventi rarissimi). Evito di addentrarmi in interpretazioni in fondo piuttosto facili, e lascio questa affermazione così, a mo’ di constatazione.

Post scriptum 2: qualsiasi parola io abbia usato nel redigere questo articolo da quando ho iniziato a parlare di Springsteen e implicitamente della Romagna non ha neanche per un solo istante osato offuscare il dramma di quella regione, in cui giusto pochi giorni prima della tragedia ero stato per due mie concerti solitari. Le parole che scrissi per i nostri social il 18 maggio sono ancora lì, verificabili da chiunque, e valgono a sostegno di quanto sto scrivendo qua in questo momento. Ho conosciuto in quei due giorni persone splendide a cui ho inviato fin da subito sui loro cellulari le mie parole di conforto e costernazione, cercando idealmente di estenderle a tutta la regione coinvolta, e altrettanto idealmente lo rifaccio qua ora, in disparte ma con fermezza, qualora qualcuno trovasse in qualche modo da ridire su mie eventuali, del tutto inesistenti insensibilità.

Iscriviti