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Come siamo messi con le riaperture di cinema e teatri?

Altrove, come negli Stati Uniti, stanno già per riaprire in sicurezza. Noi italiani che volevamo essere i primi, invece, attendiamo ancora il parere dell'Istituto superiore di sanità

Foto: Karen Zhao on Unsplash

È atteso per venerdì il report dell’Istituto superiore della sanità, che sarà utile a valutare la possibile riapertura di alcune attività. Oltre a quella serale dei ristoranti, o quella delle palestre e delle piscine, c’è grande attesa per il possibile riavvio dell’attività di teatri e cinema, come auspicato nei giorni scorsi dal ministro della cultura, Dario Franceschini. Il problema è che mancano ancora delle date certe, che sono fondamentali per qualsiasi attività.

La situazione in cui versano i teatri, per esempio, l’ha ben sintetizzata Valeria Arzenton, imprenditrice che con Zed live gestisce diverse strutture tra Lombardia e Veneto: “I teatri privati non vivono con fondi pubblici e in un anno i fatturati si sono azzerati al 97%, con tutte le conseguenze sull’occupazione: non abbiamo smesso di lavorare per mancanza di capacità professionali ma per la pandemia”. “Ora non dobbiamo fallire”, ha spiegato a Quotidiano.net, “c’è bisogno di un intervento ristorativo non solo per ciò che abbiamo perso ma anche per ripartire, per investire in comunicazione, per ricostruire la fiducia”.

E non sono mancate le prese di posizione anche di personaggi famosi. Come per esempio recentemente dell’attore e conduttore tv Luca Bizzarri: “La situazione è drammatica per tanti lavoratori, quelli del mondo dello spettacolo sono stati sicuramente fra i più penalizzati: già prima chi lavora in questo settore faceva fatica a trovare la giusta considerazione, troppo spesso lo si considera qualcosa di cui si può fare a meno, sacrificabile, ma è sbagliato” ha scritto in un appello pubblicato sulla Stampa nel giorno in cui i lavoratori dello spettacolo sono scesi in piazza a un anno di distanza dal primo provvedimento con cui sono stati chiusi teatri, cinema e sale da concerto.

È chiaro a tutti che un paese come l’Italia non può prescindere dal lato artistico. In questo senso era arrivato l’appello del ministro della Cultura, Dario Franceschini, per riaprire il prima possibile teatri e cinema. L’Italia voleva essere il primo paese a farlo per una doppia valenza, sia simbolica di convivenza attiva con il virus che economica visto che alcune realtà sono ferme da più di un anno e rischiano di fallire definitivamente.

I primi, però, saranno gli americani. A New York, infatti, si tornerà al cinema dal 5 marzo. Il governatore Andrew Cuomo ha dichiarato ufficialmente che si farà un primo tentativo di riapertura. Secondo il New York Times le sale potranno funzionare solo “al 25% della loro capienza massima” quindi con “non più di 50 persone a proiezione”, sempre con l’obbligo della mascherina e del distanziamento dei posti come in Italia tra agosto e ottobre 2020.

E così, mentre da noi il 5 marzo scade il Dpcm attualmente in vigore (introdotto a gennaio da Giuseppe Conte), il premier Mario Draghi dovrà studiare un nuovo decreto con le misure anti-Covid riadattate ai nuovi dati, ma che possa anche permettere alcune aperture. Da un lato la partita si gioca sui Ristori, ma dall’altro è necessario dare respiro ad alcuni settori ormai azzerati dalla pandemia, che in sicurezza potrebbero riprendere. Per questo, la valutazione riguarderà soprattutto palestre, piscine, bar e ristoranti (per ridurre le limitazioni di orari), così come cinema e teatri, almeno in zona gialla.

Ma a spaventare di più sono le varianti del Covid, visto che ormai oltre il 30% delle infezioni è dovuto a quella inglese e a metà marzo sarà predominante. Gli allarmi maggiori sono a Brescia, che diventa zona “arancione rafforzata” così come 14 comuni dell’Emilia-Romagna e In Alto Adige dove è in vigore la zona rossa fino al 28 febbraio.

In giornata, il ministro della Salute, Roberto Speranza, farà comunicazioni alla Camera sulle nuove misure per il contrasto alla pandemia, visto che si punta a definire il nuovo provvedimento. E pur ascoltando tutte le richieste che arriveranno dai partiti che sostengono il governo, alla fine sarà il premier Draghi a fare sintesi.

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