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Che cosa resterà di ‘Muschio selvaggio’?

«La situazione è insostenibile», dice Fedez, ancora tre puntate e poi ‘Muschio’ chiuderà, non è dato sapere se temporaneamente o per sempre. Una riflessione su cos’è stato e cos’è diventato col tempo il podcast più chiacchierato d’Italia, oggi al centro della controversia con Luis Sal

Foto: Daniele Venturelli/WireImage

Addio, Muschio selvaggio. Non c’è margine per andare avanti, «la situazione è insostenibile», dice Fedez. «Ancora tre puntate, poi chiudiamo». E così il podcast che aveva ideato e condotto con Luis Sal e suo fratello Martin, poi sostituiti da gennaio 2023 dal meno incisivo Davide Marra, cioè Mr. Marra, si arrende al corso della giustizia, agli avvocati, alla burocrazia. Non ha senso, dicono i due reduci, farlo a queste condizioni, mentre sullo sfondo se le danno di santa ragione e non si sa chi sia il proprietario di tutto: se più in là qualcosa si muovesse, chissà. Ma chissà per davvero.

Tra un «dillo alla mamma, dillo all’avvocato» e un altro, infatti, da un anno Muschio selvaggio è un terreno di lotta tra Fedez e Luis Sal, in un affaire che ricorda la guerra di Segrate da Berlusconi e De Benedetti. In sintesi: dopo il litigio di rito che chi lavora con Fedez a un certo punto ha con lui (J-Ax, Rovazzi… è lui a riderci, ehi), con Luis sono andati in tribunale per decidere a chi spettano le quote del podcast, il cui valore è stimato sul milione di euro. Da lì, un sacco di scornate, finché il 27 febbraio il tribunale con un’ordinanza cautelare non le ha affidate direttamente a un custode terzo. Nonostante Fedez avesse assicurato gli ascoltatori che il progetto sarebbe andato avanti, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e lo ha spinto a tirare giù le serrande, almeno per il momento.

Ora: quando chiude un serie, un sito o simili, una delle cose che si dice più spesso è che «non era più quello di una volta». È una frase fatta, ma a volte ovviamente ci si azzecca, tipo con Pitchfork. O anche nel caso di Muschio selvaggio: non era più quello di una volta, davvero.

Per carità, almeno in Italia è stato pionieristico. È cominciato nel gennaio del 2020, quando podcast di quel tipo – lunghissimi, con interviste a uno o due ospiti sbottonate – da noi erano sconosciuti, mentre negli Stati Uniti erano una moda. Come la concorrenza ha beneficiato dell’effetto Covid, dal quale tutti sono usciti più forti, con un nome; ma il fatto stesso che a metterci la faccia e la voce fossero due volti famosissimi come Fedez e Luis, per quanto con un budget ridotto, lo metteva avanti per impatto e ambizione ai vari Tintoria e Cachemire, che già c’erano o che sono nati proprio in contemporanea, ma affidandosi a conduttori meno noti sapevano di esperimento. Al contrario, Muschio selvaggio è stata una grande intuizione di Fedez e Luis, partita a fari spenti ma sempre con grandi attenzioni addosso, e alla fine ha fatto da apripista al successo degli altri, compresi quelli più posati come Passa dal BSMT. Anche solo per ciò che smuovevano le sue voci, è stato fondamentale nel piazzare i podcast di interviste nella nostra cultura – se lo fanno loro…

E però. E però, nonostante i numeri ineguagliati, in un modo o nell’altro si è fatto superare dagli altri per gusto. Cioè: altrove, come nella stesso Tintoria, oltre al contenuto è diventato importante il contenitore; la gente ci si è affezionata, e lo segue già a prescindere dall’ospite, ma anzi proprio per vedere com’è che l’ospite in questione si cala in quel contesto specifico. Oppure, un Cachemire ha funzionato perché Ravenna e Ferrario sono, banalmente, simpatici (e infatti fanno i comici). Ecco, con Muschio selvaggio questo non è mai successo: ha puntato più sui nomi grossi o sulle storie grosse (a cui non è detto che corrispondessero nomi di cartello), e pur cercando di mantenere alcuni tratti originali di sporco, come i tempi dilatati, le pause, il ritmo volutamente moscio, non si è mai capito da che parte volesse andare. Ogni volta sembrava la volesse sparare sempre più in alto, così ci siamo ritrovati puntate memorabili, come quelle sul carcere con Chicoria e Angelo Langè, ma anche veri buchi neri. Ogni volta poteva essere una cosa diversa, c’era sempre il sottotesto che alla fine, in un modo o in un altro, si poteva litigare, e questo ha un po’ esasperato il tutto. Anche solo il fatto che nel 2023 fosse diventato lo show introduttivo di Sanremo ha annacquato quell’immagine corsara che si era dato all’inizio: un bel testacoda, mentre i concorrenti sono meno polemici, più sul pezzo, più sereni. Non sempre la guerra paga.

Soprattutto, in questi quattro anni non ci si è mai affezionati al contenitore, né a chi conduceva. La perdita di Luis e del fratello è stata un’emorragia, un po’ perché resta più facile sentirsi vicini a loro che a Fedez e un po’ perché portavano vivacità. Proprio Fedez, vuoi anche per i problemi di salute che ha avuto di recente, purtroppo, da un anno è sembrato sempre più stanco, fiacco, svogliato. Una versione, se possibile, ancora più trasparente di quella vista all’ultimo X Factor. I suoi commenti, come quelli di Mr. Marra, non sono mai sembrati granché, spesso erano gli ospiti a cantarsela e a suonarsela senza che qualcuno dicesse niente. Lo sporco, i difetti degli esordi, persi nel non sapere cosa fare da grandi da tratto distintivo sono diventati il limite più grande: a volte sembrava un guscio vuoto, un galeone abbandonato, il niente.

Così è capitato di assistere a episodi come quello in cui Travaglio si è, sostanzialmente, mangiato Fedez, e che a detta di alcuni giornalisti avrebbe portato alla rottura definitiva tra lui e Ferragni. Gli ascolti ne hanno giovato, una cosa così non si vedrebbe mai in Tintoria come da altre parti, ma è proprio questo il punto. Se una trama del genere è una benedizione per la singola puntata, è un maledizione per tutto il programma – quanti ne conoscete in cui il conduttore viene vivisezionato in diretta ed esce sconfitto da ogni dibattito? Magari, ecco, dietro questa crisi d’idee e di metodo ci sono anche i problemi legali, che hanno destabilizzato Fedez e gli altri, rendendo tutto insostenibile proprio come dice lui. In ogni caso la chiusura, anche solo temporanea, è sensata, magari pure per mettere a fuoco in cosa trasformarlo da adesso in poi. Muschio selvaggio aveva fatto il suo tempo.

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