Cattelan viene meglio dal vivo e altre amenità | Rolling Stone Italia
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Cattelan viene meglio dal vivo e altre amenità

Il disvelamento di alcune dinamiche caricaturali della tv italiana, quella specie di quiz e training per imparare a morire con disinvoltura, una dose massiccia di autoironia: 'Salutava sempre', lo show del 'Jimmy Fallon italiano' è un esercizio di empatia con il pubblico

Cattelan viene meglio dal vivo e altre amenità

Non so in quale percentuale della popolazione mondiale, ma sono sicura sia capitato ad una cospicua quantità di persone di non divertirsi in mezzo a gente divertitissima. Sarebbe bello (per me e per quella parte cospicua) fosse la maggioranza, perché personalmente mi sentirei meno sola nel provare quasi sdegno – celato dai miei capelli biondissimi – a fare tutte quelle cose reputate divertenti, in cui però io vorrei solo essere sotto le coperte. «Non è colpa mia, è che mi disegnano così», citando quella vecchia saggia di Jessica Rabbit, ma Simonetta Sciandivasci – con un suo recente articolo su Specchio – non poteva spiegarla meglio: «sei stata una di loro. Sei stata una di quelle che cliccava “parteciperò” a qualsiasi cosa, la forsennata ricerca di un divertimento da dimostrare, mai da vivere; della formula infallibile per far sì che tutti stiano bene, nello stesso modo, nello stesso posto, specialmente a Capodanno». Ma se è vero che non esistono cose divertenti, ma persone divertenti con cui farle, è vero anche che sono sempre troppo poche (o sempre di meno, forse sono morte? Forse sto solo invecchiando?). E ammetto, anche se con un certo pudore, che è anche vero che la persona più divertente con cui farei quelle cose, a conti fatti, spesso sono io.

Così, come sempre più spesso accade, mi sono portata a cena e poi a teatro qualche sera fa. All’Arcimboldi di Milano. Perché se il divertimento è di–vergere, cioè rivolgere l’attenzione su qualcosa che distragga, ho pensato ad una cosa inusuale da fare dopo le 21: andare a un funerale. Così sono andata al funerale di Alessandro Cattelan. Il Teatro Arcimboldi era diventato una chiesa, con tanto di altare e bara al centro, foto grande e sorridente del morto a fianco della bara e 3 discorsi introduttivi prima della “funzione”.

«Salutava sempre» era la sintesi (e il titolo dello show) e a ricordarlo così brava persona, tre stand up comedian giovani tra i più interessanti del panorama attuale: Salvo Di Paola, una scelta da intenditori, palermitano (conterraneo!) che non conoscono ancora in tanti, molto giovane, bravissimo; Yoko Yamada che non conoscevo e che ho trovato interessante; Luca Ravenna, quattro sold out tra Lirico e Arcimboldi, e che alla prima di Milano a cui ho assistito, sostituiva quell’altro bravissimo di Stefano Rapone.

Che idea brillantemente paracula quella di aprire proprio con loro, ho pensato. D’altronde, Cattelan ha sempre dichiarato di essere il Jimmy Fallon italiano, e come tale si circonda di giovani bravi che richiamano a quella cultura. Ma piano piano che lo spettacolo proseguiva, quella sensazione di paraculismo e opulenza – molti effetti speciali con tanto di duetto con l’ologramma di Ghali – ha lasciato il posto ad un sorriso. Oddio, ma non mi starò mica divertendo? Più che altro mi sono avvicinata “sentimentalmente” a lui. Mi sono ritrovata nella sua narrazione, dal disvelamento di alcune dinamiche caricaturali della tv italiana a quella specie di quiz e training per imparare a morire con disinvoltura – apprezzandone il coraggio, il pubblico di Cattelan è molto largo, non tutti capiscono il black humor, figurarsi parlare così vistosamente di morte. E, senza troppo altro spoiler, mi sono rilassata moltissimo quando ha iniziato a prendersi fortemente in giro: nonostante si piaccia sempre tantissimo, ha toccato tutti quei tasti su cui è stato criticato (o potrebbe esserlo) e li ha fatti show, accrescendo un filo di più l’empatia con me (quindi il pubblico), che in tv non avevo mai davvero percepito così sincera. Alessandro Cattelan, insomma, dal vivo viene meglio che in foto. Lo spettacolo è ancora in giro, da stasera fino all’11 dicembre (per info, cliccare qui)

Se poi dovessi pensare a idee un po’ originali su dove andare a (non) divertirsi, penso che è da non tanto che il musical vive un nuovo fermento in Italia. A giugno scorso sono andata a vedere We Will Rock You di Ben Elton a Londra (la lingua originale batte sempre le versioni italiane, però) e con l’occasione ho preso parte al West End Live, una due giorni assurda a Trafalgar Square dove partecipano tutti i musical che in quel periodo sono in scena in città: quasi 48 ore no stop di spettacolo, una mole incredibile di musical di ogni tipo, su ogni tema, da nuovi inutili a classici intramontabili, evento abbastanza da non perdere se ti piace il genere (o se vuoi solo rifarti un po’ gli occhi).

E io andrò a vedere entro gennaio 2023 sia lo storico Cats, che debutta al Sistina di Roma stasera 7 dicembre con Malika Ayane nel ruolo di Grizabella, sia Sister Act al Nazionale di Milano. Poi pensavo: Big Star Comedy Club. Dallo scorso mercoledì 30 novembre Francesco De Carlo ha inaugurato una rassegna di stand up nello storico localetto di Trastevere a Roma. Cinquanta posti, tutti comici di primo pelo che approfittano dell’occasione per provare i loro pezzi nuovi, ingresso 6 euro. E dunque proliferano le occasioni di stand up nei club, proliferano i club dove non solo bere e chiacchierare, ma anche vivere esperienze musicali (siete mai stati a sentire musica dal vivo da Mosso a Milano? C’è stata Francesca Michielin resident per un po’) o comiche (e al Ronin? Ci siete stati? Al piano superiore non si possono scattare foto, ma martedì 13 dicembre ci sarà l’ultima serata di secret comedy, scrivete qui per chiedere di accedervi, i posti sono pochissimi). Insomma, ritorniamo clandestini, ritorniamo promiscui e appicciati senza mascherine. Ma mi raccomando, senza mai divertirci.